Inaugurata ormai da qualche tempo, con un titolo quanto mai significativo – A 32 denti (Sorridere è lecito, approvare è cortesia) – questa rubrica non possiede una specifica cadenza ed è dedicata alla comicità più o meno involontaria di cui, come tutte le altre faccende umane, è impregnato anche il mondo della disabilità.
Proveremo quindi a sorridere (ripeto: “sorridere”) insieme, anche sulle situazioni più scabrose. Da “disabile professionista”, mi verrebbe da chiosare: «Tutto su di noi, con noi»! (G.M.)
Il compito di ogni buon educatore non è poi così difficile: è semplicemente impossibile! Il pargoletto ancora (seppur per poco) innocente nelle nostre mani di genitore, insegnante o allenatore, è come un blocco di creta da modellare. Basta una piccola sbavatura, un tocco maldestro, un’asserzione troppo forte o troppo debole, un permesso negato o concesso… e voilà, si combina la frittata e la nostra creatura sarà destinata a fare del male a se stessa e agli altri per un’intera esistenza.
E adesso mi si scusi, ma cambio argomento per un attimo. Ormai da dodici anni il sottoscritto, persona con distrofia muscolare al 100%, pratica con grande passione e impegno la sensibilizzazione alla disabilità e alla diversità nelle scuole materne, elementari e medie, perché ritiene molto importante la formazione degli alunni delle scuole dell’obbligo, questi futuri cittadini di un mondo che tutti vorremmo diventasse migliore di quello che è stato finora.
Tralasciando metodi e risultati, ho quindi deciso di sottoporre alla cortese attenzione dei Lettori le risposte scritte su uno degli oltre tremila compitini-questionari distribuiti ai genitori degli scolari sensibilizzati.
Allora, ricollegandomi al discorso di apertura e quindi alle difficoltà dell’educare, mettiamo sotto i vetrini del microscopio l’elaborato di Alopo L’Omino (anagramma del nome reale), di anni 45 e papà di Alberto, anima innocente di una prima elementare torinese. La struttura sarà: Domanda del questionario, Risposta del genitore (da leggere attentamente), Chiosa del sottoscritto e Vaticinio sulla futura occupazione del povero figlio di un padre-educatore così strampalato (tali profezie, ovviamente, varieranno in funzione delle risposte scritte da cotale babbo).
Nonostante le stupefacenti opinioni qui riportate, ribadisco che è tutto vero e, naturalmente, dimostrabile. Pensando con orrore a cosa potrà succedere nella testolina del povero Alberto, ammaestrato da siffatto genitore, mi cospargo il capo di cenere e lancio un’implorazione: chi mi dice dove e cos’ha sbagliato la mia generazione, quella ha preceduto individui come L’Omino?
1. Descriva una persona disabile
Risposta di L’Omino: Persona che patisce una deminutio nelle consuete, tipiche e ordinarie facoltà umane – di natura motoria o mentale.
Chiosa dell’autore: Chiudendo un occhio sul desueto latinorum (ahimè, non l’unico qui presente…) della deminutio, posso forse entusiasmarmi per l’espressione «persona che patisce»: infatti, spesso, ciò rappresenta la triste realtà e “patire” è proprio il verbo adeguato. Per il resto banalità dilaganti, come se piovesse.
Futura professione di Albertino: Politico corrotto e, peggio ancora, incapace.
2. Racconti cosa pensa quando vede una persona in carrozzina
Risposta di L’Omino: Il pensiero è volto all’imperativo categorico di elisione di ogni situazione quotidiana preclusiva delle chances esistenziali della persona disabile.
Chiosa dell’autore: Innanzitutto lasciamo perdere gli «imperativi categorici», ne è già piena la filosofia e la storia, da Immanuel Kant a quel “crapun” di Mussolini. Poi, per non infierire, facciamo finta di non aver visto l’«elisione di ogni situazione quotidiana preclusiva». Infine, se ancora vogliamo cercare la formazione cornea filiforme nel gamete ellissoidale di femmine a riproduzione sessuata (cioè il classico “pelo nell’uovo”), il francesismo chance, in italiano, è invariabile. Insomma, una tragedia.
Futura professione di Albertino: Terrorista tagliagole arruolato nell’Isis.
3. Cosa sono le barriere architettoniche?
Risposta di L’Omino: Sono costruzioni, strutture od optiones d’architettura che impediscono al disabile di svolgere movimenti od attività fisiche ordinarie.
Chiosa dell’autore: Aridaje col latino… Per di più fumoso, perché, nonostante la nostra già fin troppo fertile immaginazione, riesce davvero difficile concepire un’optione architettonica. Che sarà mai: una scala ritorta? Un bagno senza tazza del wc? Una porta a trapezio isoscele rovesciato? Dubbio finale: stabilite le attività fisiche ordinarie, quali potrebbero essere, per un disabile, quelle straordinarie? Viene il fondato sospetto che esse possano facilmente sconfinare nel moralmente discutibile. Quindi, lasciamo perdere.
Futura professione di Albertino: Tamarro doc, genio del tuning.
4. Spieghi in che modo potrebbe aiutare una persona disabile
Risposta di L’Omino: Attraverso l’impegno concreto a suffragare in ogni contesto la tesi dell’absentia della diversità.
Chiosa dell’autore: Non c’è il due senza il tre e quindi eccoci piombare sul groppone l’absentia. Questa volta, tuttavia, il termine ci azzecca con la mancanza di diversità, perlomeno a proposito della parità di diritti. Per il resto tutto bene, anche se al posto di “suffragare” avremmo preferito un termine più umile, da sempliciotti, come “sostenere”. Però più comprensibile.
Futura professione di Albertino: Scippatore di canute nonnette.
5. Sa che cos’è la distrofia muscolare? Ce la può descrivere?
Risposta di L’Omino: È una patologia gravemente invalidante, caratterizzata da una progressiva involuzione della rituale risposta muscolare.
Chiosa dell’autore: Spesso, per rispondere a questa domanda, i genitori dei nostri pargoli ricorrono a Wikipedia oppure a siti medici, ma la natura inconfondibilmente stereotipata dei loro “copia e incolla” li smaschera subito. Ovviamente non ha fatto così L’Omino. «Involuzione» ci piace, se non altro è originale, mentre la «rituale risposta muscolare» assurge a vette lessicali supreme (tuttavia ancora inadatte e soprattutto pericolose per un fagottino di soli sei anni).
Futura professione di Albertino: Insegnante pedofilo di scuola superiore.
6. Ha mai parlato con suo figlio della disabilità o dei disabili? Cosa vi siete detti?
Risposta di L’Omino: Ho delineato a mio figlio le cause patologiche e l’eziologia non patologica della disabilità, con l’invito a non esacerbarne la sussistenza nel dialogo eventuale con il disabile.
Chiosa dell’autore: Benissimo, eccoci arrivati in cima all’Annapurna! Un parto come l’«eziologia non patologica della disabilità» è migliore (o meglio, peggiore) di quanto si sia mai sentito provenire dalle corde vocali di educatori e assessori. Non appena ci si riprende dall’impatto di questa locuzione, piomba, inesorabile, «l’invito a non esacerbarne la sussistenza nel dialogo eventuale». Tramortiti da questo sfoggio di (inutile) eloquenza, non tentiamo neppure un’interpretazione e ci accostiamo, trepidanti, all’ultima stazione di questa particolare via crucis.
Futura professione di Albertino: Fumatore inveterato di… Maria (come, probabilmente, già lo era il padre).
7. Vuole comunicarci qualcosa?
Risposta di L’Omino: Un sincero encomio per la rilevante utilità sociale del Vostro impegno.
Chiosa dell’autore: Lusingati da questa lode cercheremo, pur nella nostra imperfezione, di porre un parziale rimedio agli sterminati guasti educativi causati proprio da genitori come L’Omino.
Futura professione di Albertino: Ebete e chiassoso frequentatore di movide.
Gogo Peda
Nell’elenco qui a fianco i titoli dei testi finora prodotti da Gianni Minasso, nell’àmbito della sua rubrica intitolata A 32 denti (Sorridere è lecito, approvare è cortesia).
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