Questa nostra lettera è pervasa di una grande amarezza. Ammettiamo di avere qualche difficoltà, in questo momento, a nutrire speranza. Forte è la sensazione di una profonda sconfitta. Tentiamo di spiegarci.
La Legislatura Regionale delle Marche si chiude in un quadro drammatico per il settore sociale, sia per quanto riguarda l’entità della riduzione di bilancio, sia per come se n’è consumata la vicenda in tutti questi mesi. Ciò si aggiunge alla nuova regolamentazione sui servizi sociosanitari che avrà pesanti ripercussioni su alcuni interventi.
In una situazione di pressoché totale disinteresse collettivo, ci si è trascinati per mesi, in attesa di un Bilancio Regionale 2015, continuamente rimandato. L’esito, a Legislatura pressoché conclusa, è il sostanziale azzeramento del finanziamento regionale per il sociale. Mancano circa 30 milioni di euro e gli effetti saranno pagati duramente dalle fasce più deboli della popolazione, coloro che hanno necessità e urgenza di interventi sociali.
Una cosa è certa: non si troveranno i responsabili. Perché, in ordine di responsabilità, c’è “la crisi”, le politiche europee, quelle di risanamento, il Governo, la Regione, i Comuni, il Comune…
Certo, la causa prima è il taglio di oltre 4 miliardi del Governo alle Regioni (Legge di Stabilità per il 2015) e l’effetto ultimo sarà quello descritto. La Regione non ha dunque responsabilità, men che meno i Comuni. Ognuno subisce, passivamente, gli effetti e tutti fanno mostra di responsabilità. E però…
Però, quali azioni hanno messo in campo gli uni e gli altri per contrastare questa deriva? C’era consapevolezza dei rischi riguardo il mantenimento dei servizi per le fasce più deboli della popolazione? Di fronte a un taglio che avrebbe messo in ginocchio gli interventi di una Regione, con l’azzeramento del finanziamento di un intero settore, quali azioni sono state intraprese? Di fronte a una proposta (dicembre 2014) di Bilancio Regionale 2015 a zero cifre, quali iniziative, effettive, sono state prese dai Comuni e dalle loro forme di rappresentanza?
In conclusione, è sbagliato affermare che né la Regione, né i Comuni hanno fatto tutto quello che era nelle loro possibilità per contrastare questo esito?
E allora succede, ma non per caso, che una comunità raccolga i frutti del proprio lavoro. Se non c’è vero interesse per le fasce più deboli della popolazione, i risultati sono quelli che si presentano. E ora in ogni territorio le residue forze delle rappresentanze sociali saranno chiamate a fare i conti con il lungo elenco di interventi e servizi da tagliare.
Ma l’amarezza maggiore è prodotta, ancora una volta, dalla constatazione che un settore come quello sociale è considerato “residuale”, un “orpello”. Infatti, solo un àmbito ritenuto insignificante, senza valore, può essere oggetto di un sostanziale azzeramento dei finanziamenti. Vuol dire che ci sono o non ci sono, non c’è differenza. O che ci si nutriva di superfluo.
Delle nobili culture che un tempo animavano le forze politiche, che hanno retto la Regione in questi anni sembra essere rimasto solo il moderatismo furbo da un lato e il grigio asservimento alla “Ragione di Stato” dall’altro. Davvero il peggio di ogni tradizione.
È tempo – riteniamo per tutti -di un rigoroso esame di coscienza. Ne usciremo forse feriti, ma probabilmente consapevoli che occorre un autentico nuovo inizio. Radicato nel rispetto delle esigenze e dei diritti di tutti, a partire da quelli delle persone più in difficoltà.