Purtroppo, forse per un bisogno di semplificazione, le persone hanno la tendenza a dividere tutto in due parti ben distinte e contrapposte, come se esistessero solo il bianco e il nero. In realtà, quando la televisione a colori non era stata ancora inventata, il bianco e il nero non erano sufficienti per creare delle immagini sullo schermo, occorrevano anche tutte le sfumature del grigio, senza dimenticare che, al di fuori di questo elettrodomestico, esistevano ancora anche tutti gli altri colori.
Allo stesso modo, quando si parla della vista, per la maggior parte delle persone esistono solo quelli che vedono e, dalla parte opposta, i non vedenti. La categoria intermedia, quella degli ipovedenti, con tutte le sue varie sfumature, è completamente ignorata dai più, anzi la maggior parte delle persone non conosce neppure il significato della parola “ipovedente”, nonostante gli stessi, in Italia, siano più di un milione.
Del resto, la stessa suddivisione in tre categorie (vedenti, ipovedenti e ciechi) è insufficiente, perché esistono, all’interno di ogni gruppo, un’infinità di sfumature. Infatti, pure tra le persone vedenti, non tutti hanno la fortuna di avere dieci decimi in entrambi gli occhi, anche se si riesce, nella maggioranza dei casi, a superare i vari problemi, con l’aiuto di lenti, interventi e, nei casi più difficili, con il trapianto. Quando poi non esistono più soluzioni che possano aiutare a vederci meglio, quando i numeri che misurano la propria vista in decimi diventano sempre più piccoli e accanto compare la scritta «non migliorabili», quando il campo visivo si riduce fino ad apparire come il buco di una serratura o, al contrario, quando è colpita la parte centrale della rètina, cioè la macula, deputata alla visione fine e alla lettura, si entra, purtroppo, a far parte del mondo degli ipovedenti.
L’ipovisione, soprattutto nella fase iniziale e in alcune patologie particolari, non è visibile e questo permette – a quegli ipovedenti che faticano ad accettare la loro situazione – di camuffarsi meglio tra le persone normodotate, negando a se stessi e agli altri l’esistenza del problema.
Comunque, anche gli ipovedenti che riescono ad accettare bene la loro nuova situazione, incontrano tantissime difficoltà nel comunicare questa realtà alle altre persone. Se, per esempio, un ipovedente incontra un amico e non lo saluta perché non lo riconosce, quest’ultimo, molto probabilmente, penserà di avere a che fare con una persona lunatica, dimenticandosi che, magari solo il giorno prima, l’altro gli aveva comunicato di essere diventato ipovedente e di non riuscire più a distinguere il volto di quelli che incontra. Le stesse persone, però, influenzate da tanta cattiva informazione di questi ultimi anni, dimostrano spesso di avere una buona memoria, in altre occasioni. Se vedono infatti un cieco o un ipovedente che se ne va in giro da solo e sale sui mezzi pubblici, senza essere accompagnato, se un ipovedente si ferma davanti a una locandina o a un manifesto per cercare di leggere cosa c’è scritto, o sfoglia un giornale riuscendo a malapena a leggere i titoli, se utilizza il cellulare o lo smartphone, queste persone sono prontissime a inserirlo nella categoria dei “falsi ciechi”.
La scarsa conoscenza del fenomeno dell’ipovisione e la cattiva informazione di questi ultimi anni hanno contribuito a creare una situazione che è ormai divenuta insostenibile per tutte le persone con disabilità visiva e le varie Associazioni che le riuniscono continuano a cercare nuovi strumenti che aiutino a porre fine a questa situazione, ma non è facile, soprattutto per gli ipovedenti, riuscire a spiegare il loro problema, perché ognuno costituisce un caso a sé.
Se ciascuno degli ipovedenti italiani, provasse a spiegare cosa è l’ipovisione, probabilmente si creerebbero solo una grande confusione e nuovi sospetti.
Le “cene al buio” e le varie iniziative similari sono utilissime per far provare, per qualche ora, alle persone “normodotate”, com’è la vita dei non vedenti e quali sono le difficoltà che incontrano, ma non possono spiegare cosa è l’ipovisione.
Molto utili sono anche quelle iniziative che, su richiesta degli insegnanti, permettono agli ipovedenti e ai ciechi – accompagnati alle volte dai cani guida – di andare nelle scuole a parlare con i ragazzi di disabilità visiva, sottoponendosi anche alle loro domande spesso ingenue e curiose. I bambini e i ragazzi di oggi saranno gli adulti di domani e, una buona informazione sul tema della disabilità visiva, potrà contribuire alla creazione di una società migliore. Inoltre, tornando a casa, essi potrebbero parlare dell’argomento con i loro familiari, contribuendo a migliorarne l’informazione sulla disabilità visiva.
Molto validi sono poi gli articoli sull’argomento che compaiono sui vari giornali, ma purtroppo gli italiani leggono sempre meno e scartano spesso ciò che non riscuote il loro interesse. Per la maggior parte delle persone, infatti, la disabilità visiva non è un argomento molto interessante, tranne quando la televisione trasmette gli scoop sui “falsi ciechi”, il tutto non per amore di verità, ma solo per una questione di ascolti.
Come gli imperatori romani che, con il pollice rivolto verso il basso, accontentavano la folla e mandavano a morte migliaia di persone innocenti, allo stesso modo la televisione, per accontentare i suoi telespettatori, manda alla gogna come “falsi ciechi” tanti disabili visivi, dimenticandosi poi di dare la smentita, quando la verità viene a galla.
Per contrastare questo fenomeno, alcune Associazioni hanno girato dei filmati che mostrano come, con l’aiuto degli ausili, anche i disabili visivi siano in grado di utilizzare computer, cellulari, smartphone e di crearsi una vita personale, lavorativa e familiare in modo autonomo e indipendente.
Recentemente ho assistito, all’interno di una rassegna di cineforum, alla proiezione di Per altri occhi, diretto da Silvio Soldini, film che mi è sembrato molto interessante. Sono rimasta però allibita e sconcertata dalla mancanza di reazione degli spettatori, vista la presenza in sala di molti ipovedenti e non vedenti con i loro cani guida, e il discorso fatto dal Vicepresidente della locale Sezione UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti).
Purtroppo non c’è stata nessuna domanda da parte degli spettatori, tranne qualche intervento su argomenti che non riguardavano la proiezione. Un signore, ad esempio, ha esordito dicendo che i disabili visivi del film, in fondo, se la cavavano abbastanza bene e ha continuato chiedendo alle autorità presenti quali fossero le loro intenzioni per aiutare le nuove disabilità, come la ludopatia…
Sono consapevole che la ludopatia stia diventando un grosso problema per molte famiglie, ma si tratta di una dipendenza e non di una disabilità e comunque, l’argomento del film era un altro.
Sono sincera, mi aspettavo che quella proiezione potesse dare lo spunto per una buona discussione e che aiutasse a capire meglio la disabilità visiva, ma questa mancanza di reazione è stata una grossa delusione.
Purtroppo la strada da percorrere per far conoscere meglio la disabilità visiva, è ancora molto lunga e tortuosa.