Già molte volte, nel nostro giornale, ci siamo occupati del thalidomide (o talidomide), una delle sostanze che hanno maggiormente segnato la storia della farmacologia moderna, contrassegnando il più grave scandalo del dopoguerra in questo settore, come documentato anche nella scheda qui in calce riportata.
In sostanza, il farmaco creato dalla ditta tedesca Chemie-Grünenthal venne commercializzato anche in Italia – tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta – come sedativo, antiemetico e ipnotico, rivolgendosi in particolar modo alle donne in gravidanza. Venne ritirato dal commercio solo in seguito alla scoperta che le persone trattate con esso stavano dando alla luce neonati con gravi alterazioni congenite dello sviluppo degli arti, come l’amelia (assenza degli arti) o vari gradi di focomelia (riduzione delle ossa lunghe degli arti).
Ci sono voluti ben cinquant’anni, arrivando cioè addirittura al 2012, per ottenere le scuse ufficiali da parte di Chemie-Grünenthal, pur con parole che avevano suscitato non poche perplessità. «Noi abbiamo una responsabilità – aveva dichiarato infatti Harald Stock, amministratore delegato della ditta – e la affrontiamo apertamente». Apertamente sì, ma dopo mezzo secolo…
Già dal 2004, nel nostro Paese – dove i thalidomidici non sono mai stati censiti -, è nata la ONLUS TAI (Associazione Thalidomidici Italiani), aderente benemerita alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), per far conoscere e affrontare la grave situazione in cui si trovano i thalidomidici, con l’impegno innanzitutto di risolverne problemi giuridicamente rilevanti, quali il risarcimento e l’indennizzo per i danni subiti, nei confronti delle Istituzioni competenti.
Tutti possono per altro associarsi nel sostenere questa causa, che coinvolge non solo i diritti delle persone thalidomidiche, ma i diritti e la dignità di tutti.
Sulla tragica storia del thalidomide, esiste anche un interessante libro degli americani Trent Stephens, scienziato, e Rock Brynner, storico (figlio, tra l’altro, del celebre attore Yul Brynner), pubblicato nel 2001 e intitolato Dark Remedy: The Impact of Thalidomide and Its Revival as a Vital Medicine.
Si tratta di un’opera che ripercorre con dovizia scientifica i passaggi fondamentali della vicenda, dall’invenzione all’introduzione in commercio del famigerato principio attivo e ritenendolo un libro molto importante, non solo per le persone thalidomidiche e per i loro familiari, ma per tutti i cittadini, l’Associazione TAI ha deciso di pubblicarne la traduzione italiana, intitolata Il farmaco oscuro e curata da Nadia Malavasi, presidente onorario dell’Associazione stessa.
Il volume, dunque, che si avvale anche della prefazione di alcuni componenti dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), come Luca Pani (direttore generale), Laura Sansone e Silvia Cammarata, verrà presentato nella serata di venerdì 22 maggio a Padova (Sala Anziani di Palazzo Moroni, sede municipale, Via VIII Febbraio, 6, ore 21), con la partecipazione – dopo i saluti introduttivi di un rappresentante del Comune di Padova – di Nadia Malavasi, di Saverio Vasta, in rappresentanza dell’AIFA, del biologo Dario Padovan e del genetista Maurizio Clementi. (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: presidenza@taionlus.org.
Il più grande scandalo farmaceutico del dopoguerra
«I Thalidomidici – leggiamo nel sito di TAI ONLUS – sono persone con varie disabilità soprattutto agli arti (dismelie, amelìe ecc.), causate dall’assunzione durante la gravidanza delle madri del principio attivo talidomide (o thalidomide), venduto in Italia ufficialmente dal 1959 al 1962. Nel nostro Paese non siamo mai stati censiti e alla nostra Associazione partecipano, per ovvi motivi di interessi comuni (protesi, ausili), anche amelici e dismelici per altre cause».
Anche «Superando.it» ha seguito ampiamente la lunga “battaglia di cinquant’anni” per il riconoscimento dei danni provocati da quel farmaco, che aveva portato all’approvazione del Decreto del Ministero della Salute n. 163 del 2 ottobre 2009, pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale n. 265 del 13 novembre 2009 (si legga in tal senso, nel nostro sito, il percorso legislativo avviato dalla Legge 27/06 che all’articolo 3, aveva per la prima volta riconosciuto la patologia «sindrome da talidomide», passando poi per la Legge 244/07, articolo 2, comma 363 – la Finanziaria per il 2008 – che aveva riconosciuto la necessità dell’erogazione dell’indennizzo alle vittime italiane del farmaco).
La medicina incriminata – prodotta dalla ditta tedesca Chemie-Grünenthal e utilizzata come sedativo, antiemetico e ipnotico, rivolgendosi in particolar modo alle donne in gravidanza – portò a migliaia di casi di malformazioni neonatali (embriopatia talidomidica o thalidomidica) e morte perinatale in tutto il mondo. Si stima in tal senso che oltre 20.000 bambini nel mondo, di cui migliaia in Europa, siano nati affetti da focomelia, un raro difetto che impedisce la crescita delle ossa lunghe. Il farmaco fu pertanto bandito – pur con grave ritardo nel nostro Paese – all’inizio degli anni Sessanta.
Dal 2004 l’Associazione TAI ONLUS lavora per il riconoscimento dei diritti dei Talidomidici, oltreché per coadiuvare la farmacovigilanza, affinché non si ripeta più la “strage” dei bambini focomelici.