Sta per finire l’anno scolastico. Ma nel dibattito sulla riforma nota come La Buona Scuola e perfino nelle motivazioni degli scioperi indetti in queste settimane contro il relativo Disegno di Legge 2994, presentato a fine marzo alla Camera, lo spazio riservato al tema della disabilità è quasi inesistente.
Sembra che di questo argomento non si occupi nessuno, salvo quando si parla di assunzioni o si dibatte sul ruolo del personale di sostegno. E accade dal centro alla periferia.
Agli alunni e studenti con disabilità e alle loro famiglie, noi, come Associazioni di Persone con Disabilità, continuiamo invece tenacemente a dar loro voce, affinché non siano considerati “ospiti”, a volte inattesi, se non addirittura “incidenti di percorso” nella scuola pubblica, ma ne facciano parte a pieno titolo.
Come LEDHA Scuola [gruppo di lavoro della LEDHA, la Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità, che è la componente lombarda della FISH – Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, N.d.R.], ci siamo battuti perché i principali obiettivi della Proposta di Legge C-2444 (Norme per migliorare la qualità dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità e con altri bisogni educativi speciali), promossa da FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali di Persone con Disabilità) nel giugno dello scorso anno, entrassero a far parte del Progetto di Legge governativo sulla riforma della scuola, ma nel contempo abbiamo presidiato nei territori la realizzazione, nei fatti e non solo a parole, dell’inclusione scolastica.
In Lombardia, per altro, un brutto segnale è stato il mancato coinvolgimento delle famiglie di alunni con disabilità e delle loro associazioni, nel dibattito regionale sulla Buona Scuola: nessuno spazio, ad esempio, per gli interventi non “programmati” all’incontro milanese del 12 novembre 2014, cui doveva presenziare il ministro dell’istruzione Stefania Giannini.
La rappresentante di LEDHA Scuola in quell’evento, Carla Mondolfo (presidente dell’ANS – Associazione Nazionale Subvedenti), voleva plaudire alla stabilizzazione dei precari, ma nel contempo far presente che l’inclusione scolastica – forse unica vera “eccellenza” della scuola italiana nel panorama internazionale – non può dirsi scontata e realizzata una volta per tutte, se non viene resa attuabile con le risorse adeguate e con un necessario rinnovamento, che prenda atto delle criticità e delle trasformazioni intercorse dai primi passi della sua realizzazione.
Ma in quell’occasione le è stato impedito di parlare. Avrebbe voluto dire che in Lombardia l’organico degli insegnanti di sostegno è al di sotto del fabbisogno e con una percentuale troppo alta di insegnanti non specializzati, con l’inevitabile discontinuità didattica che ne consegue. Che la carenza delle risorse a disposizione dei Comuni impedisce agli stessi di garantire in misura adeguata i servizi di trasporto e di assistenza educativa indispensabili per molti alunni con disabilità che frequentano le scuole primarie e secondarie di primo grado. Avrebbe infine voluto ricordare che la Legge 56/14, la cosiddetta “Legge Delrio” [“Disposizioni sulle Città Metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni”, N.d.R.] ha avviato un processo di radicale riordino delle Province, dimenticandosi però di specificare a chi, come e con quali risorse sarebbero passate le competenze alla persona ad esse delegate dalle Regioni, tra cui l’assistenza alla comunicazione agli studenti con disabilità sensoriale e l’assistenza educativa e il trasporto agli studenti del secondo ciclo.
Dell’alunno e dello studente con disabilità – non “ospite occasionale”, ma utente a pieno titolo della scuola di tutti – nell’incontro regionale sulla riforma della scuola nessuno, quindi, ha potuto parlare: non solo delle carenti risorse umane e materiali all’interno delle scuole, ma anche della grave penuria di specialisti nelle strutture sanitarie pubbliche (UONPIA [Unità Operative di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, N.d.R.]) per la certificazione e ancor più per la riabilitazione dei minori in età evolutiva che frequentano le scuole; dell’inattuata progettazione individualizzata degli interventi, con la realizzazione del Progetto di Vita come momento non burocratico, ma di incontro e riflessione di tutte le parti in causa; del mancato aggiornamento obbligatorio dei docenti curricolari sulle tematiche dell’inclusione; dell’inesistente valutazione della qualità del processo di integrazione scolastica nelle singole scuole; della deriva della scuola verso la performance individuale, l’apprendimento di nozioni e la standardizzazione anche delle modalità di insegnamento e valutazione, che rendono ancor più difficile la costruzione di una scuola che sappia rendere protagonisti anche gli alunni e gli studenti con disabilità.
In un evento destinato (sulla carta) a promuovere la partecipazione di famiglie, studenti e lavoratori della scuola e a raccogliere i loro suggerimenti sulla proposta di riforma della scuola, sarebbe stato utile ricordare il ruolo di «garante dell’offerta formativa» che le Linee Guida Ministeriali del 2009, per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, attribuiscono al Dirigente Scolastico, delineandolo come figura-chiave nella riorganizzazione del sistema scuola per l’inclusione, e sottolineare al contrario come la sua inerzia o la sua passività nell’operare concrete azioni a favore dell’inclusione siano segnali di grave inadempienza, che deve trovare il giusto riscontro nella valutazione del suo operato.
E ancora, sarebbe stato importante, in quell’occasione, chiedersi anche come mai esistano ancora scuole speciali, dopo quasi quarant’anni dall’accoglienza ufficiale degli alunni con disabilità nelle scuole comuni (Legge 517/77) e come mai giungano a questa scelta sofferta, ma percepita spesso come unica ancora di salvezza, numerose famiglie con figli con grave/gravissima disabilità a cui la scuola di tutti chiude le porte o non sa offrire un serio progetto educativo.
Sempre nei territori – dove ci si confronta con la scuola vissuta e non solo immaginata – ci siamo attivati per dare partecipazione (e vita) agli organismi interistituzionali, dai GLHO [Gruppi di Lavoro Handicap Operativi, N.d.R.] sul singolo alunno, ai GLI scolastici [Gruppi di Lavoro per l’Inclusione, N.d.R.], ai Gruppi di Lavoro Interistituzionali Provinciali (GLIP) e a quello Regionale (GLIR).
Un esempio significativo: su segnalazione di famiglie e associazioni, abbiamo sollevato già nel mese di dicembre dello scorso anno la questione della certificazione per gli studenti che intendevano iscriversi nelle scuole superiori o negli Enti di Formazione Professionale Regionali a cui – a nostro parere impropriamente – alcune scuole chiedevano di “ripassare” al Collegio di Accertamento, ma né la Direzione Famiglia della Regione Lombardia, né l’Ufficio Scolastico Regionale si sono degnati di rispondere alle nostre plurime richieste di chiarimenti, nonostante i ripetuti solleciti del Difensore Civico Regionale di supporto alle nostre istanze.
Abbiamo per altro ottenuto che questo e altri importanti temi relativi all’inclusione – tra cui l’assistenza educativa – venissero dibattuti nel GLIR, che ci sembrava l’àmbito più idoneo ad affrontare queste tematiche regionali, ma ci siamo scontrati con un vero e proprio “muro di gomma”: il GLIR, infatti, si è riunito una sola volta e ora, per la mancanza di un Presidente e in attesa della riorganizzazione dell’Ufficio Scolastico Regionale, nessuno lo convoca e soprattutto nessuna Istituzione esprime pareri e si assume la responsabilità di una scelta o di una presa di posizione chiara e costruttiva [di ciò si legga anche in altra parte del nostro giornale, N.d.R.].
Stessa scarsa convinzione dell’effettiva utilità di simili occasioni di confronto interistituzionale traspare dalle sempre più rare convocazioni dei GLIP provinciali, uniche occasioni di confronto e di concertazione a livello provinciale tra tutte le Istituzioni (Ufficio Scolastico Territoriale, Enti Locali, Azienda Ospedaliera, ASL) e le associazioni di persone con disabilità o altri bisogni educativi speciali.
Sembra passato un secolo e invece sono appena passati sei anni da quando nelle citate Linee Guida Ministeriali del 2009 si attribuiva agli Uffici Scolastici Regionali «un ruolo strategico ai fini della pianificazione/programmazione/governo delle risorse e delle azioni a favore dell’inclusione scolastica degli alunni disabili», con un’azione di coordinamento e indirizzo finalizzata alla stipula di Accordi di Programma Regionali e alla creazione dei GLIR, per dare linee di indirizzo comuni e coordinamento a livello regionale ai GLIP provinciali e all’organizzazione di attività di formazione per dirigenti e per tutto il personale della scuola sui temi della «presa in carico complessiva dell’alunno disabile da parte del sistema scuola».
Evidentemente ai nostri giorni l’inclusione non è un tema di attualità, né un argomento “caldo” per la politica, forse perché alunni e studenti con disabilità rappresentano tutto sommato una “minoranza”. Sta a noi affiancarli – se necessario anche in sede legale – promuovendo instancabilmente la cultura dei diritti, senza rinunciare a parlare, come diceva il nostro Franco Bomprezzi, non solo alla testa ma anche al cuore delle persone [Franco Bomprezzi, già direttore responsabile di «Superando.it», scomparso nel dicembre dello scorso anno, era stato anche presidente della LEDHA, N.d.R.].