Con sgomento e dolore ho appreso della scomparsa di Salvatore Crispi [responsabile del Coordinamento H per i Diritti delle Persone con Disabilità nella Regione Siciliana, N.d.R.] e solo oggi, a distanza di qualche giorno, riesco a tradurre in parole i miei pensieri in sua memoria. Quella memoria che non deve assolutamente venire a mancare. Che non solo Palermo, ma la Sicilia tutta deve mantenere viva.
Come presidente della Rete dei Centri Socio Educativi per Disabili di Palermo, esprimo a nome di tutti i soci il rammarico di avere perso una persona disponibile, competente, ma soprattutto una persona in grado di condurre fino in fondo tutte le battaglie per salvaguardare i diritti di tutti, spesso negati. Competente non perché portasse sul suo fisico i segni di una grave disabilità, ma perché intrinseca a lui era la voglia di conoscere e la dedizione al sapere e all’aggiornamento continuo.
Non c’era Legge che io indicassi che lui non conoscesse già, né Circolare né Direttiva. Aveva lottato, prima che ci conoscessimo, perché la Sicilia con le sue Leggi Regionali avesse un ruolo di primo piano nelle politiche per l’handicap (quando ancora la parola “handicap” era in uso) sul territorio siciliano. E le sue lotte continuarono anche quando nel 2006 fu pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Regionale il Piano Triennale a favore delle Persone con Disabilità della Regione Siciliana, da lui continuamente sollecitato. Ed era uno dei pochi che, fra le persone a rischio di emarginazione e con disabilità, includesse anche le persone con deficit intellettivi e difficoltà relazionali e comportamentali (i disabili intellettivi) e i familiari, che io definivo «portatori sani di disabilità». E lui annuiva…
Era uno dei pochi che lottava per i Diritti delle Persone con Disabilità, senza distinzioni e senza settorializzare. Era lui che conduceva le sue battaglie con signorilità e senza timore alcuno. Un “signore battagliero”, un vero guerriero, senza macchia e senza peccato, che riusciva ad esprimere i suoi concetti e le sue certezze con garbo ma con fermezza, scandendo quelle parole, che venivano fuori con difficoltà, a volte persino con durezza, se la situazione lo richiedeva.
Quando a pochi giorni dall’ultimo forte malessere cui è seguito il ricovero, avvenuto all’inizio di maggio, sono andata all’ospedale a trovarlo per sottoporre alla sua attenzione le locandine della manifestazione Gli invisibili diventano visibili, organizzata dal Coordinamento H insieme alla Rete dei Centri Socio Educativi, gli consigliavo di non scendere in piazza con noi perché non sarebbe stato il caso, viste le sue condizioni di salute, mi sono sentita rispondere con il suo solito sorriso: «Bene, ci vediamo giovedì prossimo, allora, davanti al Comune». Perché Salvatore “viveva”, anzi “divorava la vita a grandi morsi”. Ed è stato presente, pallido ma sorridente, per tutte e due le manifestazioni organizzate dalla nostra Rete. Perché i diritti non hanno tempo, perché lui il tempo lo trovava, sempre. E noi, che non lo sapevamo, avevamo scritto sul volantino del sit-in del 4 giugno: «Oggi non si può più perdere tempo, noi non ne abbiamo!». E non sapevamo che il tempo sarebbe venuto a mancare proprio a lui…
Come sua amica, ricordo ancora, dopo più di vent’anni, il sorriso con cui mi accolse nel suo studio, il luogo della casa che era la fucina dove si forgiavano tutte le azioni che Salvatore, insieme al Coordinamento H, avrebbe portato avanti. Dove le mamme di ragazzi “speciali”, come me, si presentavano per chiedere aiuto, consigli e suggerimenti. Dove le mamme come me hanno trovato quello che si chiama “supporto allo spirito solidaristico” e hanno trovato la forza di unirsi con altre mamme, per portare avanti le loro battaglie.
Ho ancora vivo il ricordo di una delle ultime telefonate, pochi giorni fa, e sento ancora la sua voce che mi dice: «Ho un altro impegno, mi puoi sostituire tu, domani mattina?». E quando dopo avergli inviato una mail, gli ho chiesto, come sempre facevo, di rileggere ciò che avevo scritto, mi sono sentita rispondere: «Stavolta non la leggo: mi fido di te come di me stesso», parole che mi hanno spronato sempre di più ad andare avanti nel cammino intrapreso.
Nel sentirmi fiera di avere collaborato con lui, di averlo conosciuto e di avere condiviso momenti importanti della vita, piango un uomo buono e forte, piango l’amico che non potrò più sentire, piango il vuoto che lascia la sua perdita, piango il compagno di tante battaglie per i diritti dei più fragili.
Credo comunque alla vita oltre la vita e che un’eredità come quella che ci ha lasciato Salvatore non può andare perduta perché voluta e condivisa da tanti italiani come me.
Oggi è il tempo del dolore. Domani dobbiamo collaborare tutti insieme per portare avanti quello che Salvatore ha iniziato. “Come tessere di un mosaico che non avrà mai fine”.