«Votando la fiducia al Decreto sugli Enti Locali [Atto del Senato n. 1977, divenuto poi la Legge 125/15, N.d.R.], il Senato ha confermato un taglio alla Sanità di 2 miliardi e 300.000 euro annui, un risparmio per le casse dello Stato che dovrebbe arrivare da una serie di misure definite di razionalizzazione».
Lo si legge in una nota diffusa qualche settimana fa dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), che sottolinea come «i settori al centro degli interventi siano l’acquisto di beni e servizi, e in particolare i dispositivi medici, la spesa farmaceutica, ma anche le prestazioni di specialistica ambulatoriale e i ricoveri per riabilitazione. Tutti aspetti che incidono sulla qualità della vita delle persone».
E in tal senso, viene ancora annotato dalla Federazione, «diviene centrale la cosiddetta “appropriatezza” delle prestazioni, su cui seguirà un ulteriore intervento legislativo, che si basa sulla convinzione che parte degli “sprechi” derivino da prescrizioni sovradimensionate o improprie». Vengono infine ritenuti «pesanti anche gli interventi nel settore dei dispositivi medici fra i quali rientrano gli ausili, le protesi, le ortesi e i prodotti per l’incontinenza o per le persone enterourostomizzate. Tutte le spese connesse, secondo la nuova norma, dovranno essere compresse».
«Temiamo fortemente – dichiara il presidente della FISH Vincenzo Falabella – che tale riduzione possa riverberarsi anche sulla qualità e la quantità dei prodotti (ad esempio prodotti monouso) assegnati ai cittadini e che aumenti ancora la partecipazione alla spesa da parte delle persone con disabilità per i servizi di riabilitazione. La misura, che di fatto è un taglio lineare, non prevede infatti sufficienti garanzie per i cittadini».
«Che nell’àmbito sanitario si annidino sprechi – prosegue Falabella – lo sappiamo bene da fruitori attenti di quei servizi. E ci è anche ben noto come l’erogazione dei servizi sanitari sia la nuova frontiera del malaffare. Ma la salute, la cura, la riabilitazione, la diagnosi precoce sono anche un diritto umano delle persone, diritto ancor più pregnante per la qualità della vita delle persone con disabilità».
In tale contesto di tagli e vincoli, ci si chiede dunque dalla FISH, «quale sarà la sorte della riabilitazione intesa come servizi e come adeguata fornitura di protesi, ortesi e ausili, il cui elenco risale al 1999 [Decreto Ministeriale 332/99, N.d.R.] e i cui tempi di aggiornamento sono ancora un’incognita».
«Le nostre riserve – sottolinea ancora il Presidente della FISH – non sono marginali. Riguardano innanzitutto la libertà di scelta dei prodotti, messa a rischio da vincoli rigidi sulle gare, laddove invece sono evidenti elevate necessità di personalizzazione. Riguardano la partecipazione alla spesa da parte delle persone per i servizi di riabilitazione (o anche per quelli di valenza sociosanitaria). Riguardano ancora il mancato coinvolgimento di nuove e competenti professionalità, non necessariamente medici specialisti, nella prescrizione di prodotti per l’autonomia. Riguardano infine il vero contrasto all’inappropriatezza delle prescrizioni che si conduce prima di tutto culturalmente. Se a questo si aggiunge la rinnovata volontà di contenere la spesa in modo lineare su prodotti e servizi, il rischio concreto è che l’intero àmbito della riabilitazione, e quindi della salute, sia destinato a peggiorare ulteriormente in qualità, quantità, efficacia ed efficienza».
C’è poi un ulteriore elemento tutt’altro che trascurabile, evidenziato da Falabella, secondo il quale, fra i portatori d’interesse, sono proprio «le persone con disabilità e i loro familiari quelle che meglio di molti altri potrebbero fornire indicazioni e informazioni utili a migliorare la qualità del servizio sanitario, in particolare nell’àmbito della riabilitazione, e, al contempo, riportare le reali origini degli sprechi e delle diseconomie. Se perciò non si ascoltano direttamente e con attenzione i cittadini e le loro esperienze dirette, il sistema sanitario non muterà mai la “cultura” su cui si regge. Diminuirà cioè la spesa, ma la qualità dei servizi sarà ancora più bassa. In altre parole, il vero Patto della Salute lo si fa con i cittadini».
Coinvolgimento delle persone con disabilità, dunque, è il messaggio conclusivo lanciato dal Presidente della FISH, a partire dal Decreto che dovrà fissare i criteri di appropriatezza dirimenti anche nel condizionare la partecipazione alla spesa da parte dei cittadini. Su tutto ciò la Federazione ha già formulato idee e proposte sostenibili, che tuttavia al momento risultano inascoltate. (S.B.)
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