Verteva per lo più sulla «chiamata nominativa generalizzata dei lavoratori con disabilità», sancita dall’articolo 6 dello schema di Decreto Legislativo (Atti del Governo n. 176: Schema di decreto legislativo recante diposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di lavoro e pari opportunità), attuativo della delega di cui alla Legge 183/14 (meglio nota come Jobs Act), il dissenso espresso tra la fine di luglio e l’inizio di agosto dalle organizzazioni sindacali CGIL, UIL e UGL, insieme alle Associazioni ANMIC (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili), ENS (Ente Nazionale dei Sordi) e altre, tra cui l’UICI della Lombardia (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) e la romana Tutti Nessuno Escluso. Un dissenso concretizzatosi tra l’altro con una lettera diretta dalle citate forze sindacali al ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Giuliano Poletti, contenente appunto la richiesta di soppressione di quell’articolo.
Su tale schema di Decreto – per il cui approfondimento avevamo suggerito a suo tempo la consultazione di un ampio approfondimento elaborato dal Servizio HandyLex.org – si erano invece espressi favorevolmente e congiuntamente, tramite un dettagliato documento, la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), l’UICI Nazionale (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), e il Sindacato CISL. Un favore sottolineato anche dall’AIPD (Associazione Italiana Persone Down), che in una nota aveva dichiarato di «sostenere pienamente tale posizione», ricordando come «il collocamento mirato – concetto rinforzato nello schema di Decreto – sia la condizione indispensabile per arrivare all’inserimento lavorativo delle persone con sindrome di Down».
Successivamente, ed esattamente il 5 agosto, si sono espresse le Commissioni competenti di Camera e Senato, cosicché il testo è ora in attesa di essere nuovamente esaminato dal Consiglio dei Ministri alla luce delle osservazioni provenienti dai due rami del Parlamento. Un ulteriore iter di cui naturalmente seguiremo i prossimi sviluppi. (S.B.)
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