Ecco il meccanismo che “accende” il DNA

Un gruppo di ricercatori dell’Istituto Telethon Dulbecco, attivo presso l’Università di Palermo, ha per la prima volta scoperto e osservato la molecola che, attivando i geni del DNA, permette alle cellule di riprodursi, mantenendo intatte le loro caratteristiche. Lo studio apre importanti prospettive per una migliore conoscenza - e a lungo termine anche a nuove cure - per diverse malattie genetiche rare e alcune forme di cancro
Porzione di DNA
Una porzione di DNA

Un gruppo di ricercatori dell’Istituto Telethon Dulbecco, al Dipartimento Scienze e Tecnologie Biologiche Chimiche e Farmaceutiche (STEBICEF) dell’Università di Palermo, ha osservato e spiegato per la prima volta al mondo il meccanismo che permette alle cellule di riprodursi correttamente, mantenendo intatte le caratteristiche essenziali del tessuto biologico a cui appartengono. Lo studio, finanziato da Telethon, è stato pubblicato dalla rivista scientifica internazionale «PLOS Genetics».

Tale ricerca, in sostanza – coordinata dal biologo Davide Corona, “cervello” rientrato in Italia grazie a un finanziamento di Telethon, dopo le esperienze in Germania e negli Stati Uniti, con il quale hanno collaborato Maria Cristina Onorati e Walter Arancio, prime firme dello studio – ha consentito di scoprire che una specifica molecola genetica, l’RNA non codificante, è il “telecomando” che programma le cellule per divenire un tipo particolare di tessuto e svolgere le loro specifiche funzioni.
Ogni cellula del nostro corpo, infatti, conserva nel proprio nucleo tutto il DNA e quindi, quando si duplica, potrebbe generare qualsiasi tipo di tessuto: una cellula del cuore, ad esempio, potrebbe produrre una cellula del fegato. Ciò, tuttavia, non accade mai negli organismi sani e tutte le cellule continuano correttamente a svolgere le funzioni della cellula da cui derivano.
Gli scienziati di tutto il mondo da tempo osservano questo fenomeno, ma il merito del gruppo di ricercatori di Palermo è avere capito e dimostrato che ciò avviene grazie a una particolare molecola – il citato RNA non codificante – che, prodotta dal DNA della cellula madre, comunica al DNA della cellula “figlia” di “accendere” specifici geni e non altri, sviluppandosi così con specifiche caratteristiche e funzioni, ovvero quelle corrette per la salute dell’organismo.

«Proprio il cattivo funzionamento del meccanismo biologico che abbiamo osservato – spiega Davide Corona – è alla base di diverse malattie genetiche rare e di alcune forme di cancro. Per questo, uno degli sviluppi più interessanti di questa scoperta, anche se si tratta di una prospettiva a lungo termine, è la possibilità di intervenire nell’attività di una cellula che non funziona a dovere, non solo imponendo alla cellula di un tessuto di produrne una di un altro, se necessario, ma, per esempio, imponendo a una cellula tumorale di generarne una sana». (Federico Ferrari)

Il “libro” del DNA e “i post-it” collocati al posto giusto
Il lavoro coordinato da Davide Corona giunge a conclusione di un percorso che ha ricevuto da Telethon un finanziamento complessivo di 1 milione e 300.000 euro in dieci anni. I ricercatori hanno lavorato sulle cellule del moscerino della frutta (Drosophila melanogaster), molto utilizzato negli studi genetici, vista la grande somiglianza tra il patrimonio genetico di esso e quello degli umani.
Per la prima volta al mondo, dunque, il gruppo di Corona è riuscito a spiegare uno dei processi biologici più osservati e misteriosi, ovvero la fedele lettura e trasmissione delle informazioni presenti nel DNA da una cellula madre alle cellule figlie.

Ogni cellula conserva nel proprio nucleo tutto il DNA, ovvero l’insieme delle istruzioni genetiche per il corretto sviluppo dell’organismo, che viene trasmesso integralmente alle cellule neonate durante la riproduzione cellulare. Per utilizzare una metafora, è come se il DNA fosse un grande “manuale di istruzioni” che la cellula madre passa interamente alle proprie “figlie”. E tuttavia, di questo grande manuale le cellule usano poche “pagine”, solo quelle necessarie allo sviluppo dei tessuti di cui fanno parte. È per questo che in un organismo sano una cellula del fegato continua a generare cellule di fegato, pur avendo in sé le informazioni per diventare qualsiasi altra cellula.
Ma come fanno le cellule a sapere quali sono le pagine del DNA da consultare e quali quelle da ignorare? Come osservato dai ricercatori di Palermo, ciò accade grazie agli RNA non codificanti, che la cellula madre trasmette alle figlie, e che funzionano come una sorta di “post-it” collocati solo sulle pagine del DNA che la cellula deve considerare. Queste molecole, in pratica, consentono di attivare solo i geni utili all’attività di una determinata cellula.
L’RNA (acido ribonucleico) è una molecola che “copia” segmenti del DNA e li trasporta in particolari aree della cellula, i ribosomi, dove con le istruzioni scritte nell’RNA stesso vengono prodotte le proteine che servono a diverse funzioni della cellula. Recentemente, però, si è scoperto che esistono dei tipi di RNA, più numerosi, che non hanno questa funzione. Sono, appunto, i cosiddetti RNA non codificanti.
Lo studio dei ricercatori dell’Istituto Telethon Dulbecco, svolto presso lo STEBICEF dell’Università di Palermo, è riuscito a svelare e a spiegare per la prima volta che un particolare tipo di RNA non codificante è proprio quello che permette alle cellule di leggere correttamente il DNA e di continuare a riprodursi sempre identiche a se stesse. (F.F.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ferrari@secrp.it.

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