Cari genitori, faccio il maestro elementare e da un po’ di tempo provo ad impegnarmi per migliorare la qualità dell’integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Non ho la presunzione di pensare che i miei trentacinque anni di attività corrispondano a un valore positivo, ma ho imparato dall’esperienza che la comunicazione onesta e sincera è fondamentale per la costruzione di un rapporto di fiducia tra insegnanti, studenti e famiglie.
Perciò, in questo periodo in cui le esigenze economiche vengono prima delle persone e i governanti che parlano di scuola sono lontani dalla realtà, vorrei provare a spiegarvi come funziona il meccanismo dell’assegnazione delle ore di sostegno alle classi delle scuole statali in cui i vostri figli sono inseriti. In realtà non ce ne sarebbe bisogno, se tutto funzionasse a dovere, ma mi rendo conto che molti non sono al corrente di come ciò avvenga; di conseguenza si possono generare idee sbagliate, aspettative elevate e soprattutto c’è il rischio che proprio coloro che, in un contesto indecente, si impegnano per provare a garantire un servizio decente (i dirigenti scolastici, gli insegnanti, il personale ATA [Ausiliari, Tecnici, Amministrativi, N.d.R.]) siano visti come la controparte.
Il metodo che assegna le ore alle classi in cui sono inseriti alunni con disabilità è “perverso e assurdo”, pertanto ha bisogno di essere raccontato e compreso con attenzione prima di essere combattuto e cambiato.
«Cercavi giustizia ma trovasti la legge»
(Il bandito e il campione di Francesco De Gregori)
Nel campo dell’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, il nostro Paese ha una legislazione all’avanguardia, guardata con grande interesse a livello internazionale; ultimamente, però, certi Ministri sono riusciti a stravolgerla allo scopo di “razionalizzare le spese”, cioè per risparmiare denaro sui diritti degli studenti con disabilità.
Per iniziare a capire, occorre sapere che il riferimento legislativo essenziale è il comma 11 dell’articolo 19 del Decreto Legge 98/11 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria [convertito nella Legge 111/11, N.d.R.]), il quale recita: «L’organico di sostegno è assegnato complessivamente alla scuola o a reti di scuole allo scopo costituite, tenendo conto della previsione del numero di tali alunni in ragione della media di un docente ogni due alunni disabili [grassetti dell’Autore nella citazione, N.d.R.]».
Si noterà, per prima cosa, che il testo non è un provvedimento di tipo scolastico, ma economico. In seguito, si potrà constatare che il criterio della media non può essere adeguato; infatti, gli orari settimanali frequentati dagli alunni possono essere molto diversi: di norma, in una sezione di scuola dell’infanzia da 30 a 50 ore, in una classe di scuola primaria da 27 a 40 ore, in una di secondaria di primo grado da 30 a 36 ore e in una secondaria di secondo grado da 27 a 30 ore.
Diversa è anche la parte dell’orario di servizio in cui i docenti dei rispettivi gradi scolastici fanno lezione: 25 ora per l’infanzia, 22 per la primaria e 18 per i due gradi delle scuole secondarie.
Provo dunque a riassumere le tappe del meccanismo in dieci punti.
1 – Ogni anno le scuole richiedono, agli Uffici Scolastici Provinciali, le ore di sostegno necessarie per favorire l’integrazione scolastica degli alunni iscritti alle proprie scuole. Le ore settimanali di sostegno si ricavano dai vari Piani Educativi Individualizzati (PEI), che sono i progetti operativi interistituzionali redatti per ogni alunno con disabilità dagli insegnanti di quella classe, dai servizi sanitari e sociali, in collaborazione con i familiari.
2 – Gli Uffici Scolastici Provinciali, una volta raccolte le richieste di tutti gli Istituti, le inoltrano agli Uffici Scolastici Regionali competenti i quali, in un contesto di giustizia, dovrebbero valutarle, tenendo conto del rapporto medio di un docente ogni due alunni.
3 – Gli Uffici Scolastici Regionali, indipendentemente dal numero di alunni con disabilità iscritti, hanno già un tetto massimo prefissato di posti di sostegno da attribuire alle scuole della propria Regione e quindi, nei casi in cui il numero delle certificazioni di disabilità sia superiore al doppio dei posti di sostegno, li assegnano senza rispettare il rapporto previsto dalla normativa (ciò è dovuto ai commi 413 e 414 dell’articolo 2 della Legge 244/07, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, nei quali, in linguaggio “politichese”, è scritto che il numero dei posti degli insegnanti di sostegno non può superare un certo numero: «[…] il numero dei posti degli insegnanti di sostegno, a decorrere dall’anno scolastico 2008/2009, non può superare complessivamente il 25 per cento del numero delle sezioni e delle classi previste nell’organico di diritto dell’anno scolastico 2006/2007»).
In tal modo «la media di un docente ogni due alunni disabili», prevista dal citato Decreto Legge 98/11, non viene applicata. Ad esempio, in Emilia Romagna, negli ultimi tre anni, gli alunni con disabilità sono cresciuti di 1.535 unità (da 13.851 a 15.386), mentre il totale dei posti di sostegno a disposizione, nello stesso periodo, è rimasto sempre fermo a 5.892 unità.
Nel dettaglio, in provincia di Ferrara, negli ultimi tre anni, gli alunni con disabilità sono cresciuti di 108 unità mentre, nello stesso periodo, i posti di sostegno sono diminuiti di 11 unità. Questo paradosso si verifica perché, per lo Stato italiano, il mantenere immutato nel tempo il numero dei posti di sostegno, anche in caso di aumento del numero di alunni disabili, vuol dire risparmiare denaro.
4 – Di conseguenza, gli Uffici Scolastici Regionali consegnano agli Uffici Scolastici Provinciali un certo numero (quasi sempre insufficiente) di posti di sostegno.
5 – Gli Uffici Scolastici Provinciali, a loro volta, ripartiscono il monte ore complessivo, assegnandolo ai vari Istituti, non ai singoli alunni.
6 – Gli Istituti, quindi, ricevono un numero di posti di sostegno assegnati in base a una percentuale numerica (quest’anno il rapporto in Emilia Romagna è di un docente ogni 2,61 alunni) e non secondo quanto corrisponde ai bisogni espressi nei progetti educativi di quegli studenti disabili.
7 – Successivamente il Dirigente Scolastico di ogni Istituto (anche facendosi aiutare dal proprio staff) assegna le ore settimanali di sostegno ai vari alunni iscritti, in base a criteri di gravità funzionale e di contesto.
8 – Ne consegue che, avendo a disposizione un monte ore insufficiente, le richieste contenute nel Piano Educativo Individualizzato non sono accolte e ad ogni alunno viene assegnato un numero di ore inferiore rispetto a quelle necessarie per attuare un buon progetto scolastico.
9 – Se a questo taglio aggiungiamo che, nella recente Legge di Stabilità, il personale ATA, che ha anche funzioni assistenziali nei confronti degli alunni con disabilità, viene ridotto in maniera drastica, otterremo un quadro sicuramente drammatico.
10 – Ecco perché molte famiglie, per veder riconosciuti i diritti pieni e incondizionati dei propri figli con disabilità all’istruzione, sono costrette a rivolgersi ai Tribunali Amministrativi Regionali (TAR), sopportando frustrazioni non indifferenti e affrontando costi economici alti.
In pratica il sistema “perverso e assurdo” di cui parlavo, oltre a far pagare il conto ai più deboli, umilia le famiglie al punto che devono chiedere aiuto proprio a un Tribunale perché sia applicata una legge.
È importante anche aggiungere che nella maggior parte dei casi le famiglie ricorrenti vincono la causa nei confronti dello Stato e vedono finalmente riconosciute ai propri figli le ore di sostegno previste dai Piani Educativi Individualizzati.
Per completezza va specificato infine che le scuole possono richiedere deroghe al rapporto sopra indicato, ma solo per certi alunni, in certi casi e a certe condizioni; qualora le ore in deroga – di solito pochissime – venissero concesse, lo sarebbero ad anno scolastico iniziato, creando in tal modo una confusione di figure e difficoltà nella gestione dell’orario e delle attività didattiche.
Basterebbero davvero poche righe per scrivere qualcosa di chiaro, di giusto e di risolutivo; ad esempio il comma 3 dell’articolo 12 della Legge di Iniziativa Popolare per una buona scuola per la Repubblica, la cui discussione in Parlamento è stata impedita in modo autoritario per far posto alla cosiddetta “Buona Scuola”. Esso recita: «Su richiesta di ogni singola scuola, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca assicura, prima dell’inizio dell’anno scolastico, l’assegnazione di tutti gli insegnanti o le insegnanti di sostegno necessari a garantire il progetto didattico, costruito in base alla diagnosi funzionale, con il concorso delle figure professionali coinvolte».
Non ho mai pensato che la sola assegnazione di personale di sostegno sia un elemento a favore della qualità dell’integrazione scolastica, non penso neanche che lo sia la “copertura” per l’intero orario settimanale dell’alunno con disabilità, ma sicuramente in assenza o in carenza di personale specializzato, nessun progetto serio potrà mai essere realizzato.
Immagino che qualcuno potrebbe obiettare che quello che ho scritto non sia un resoconto obiettivo, ma un punto di vista personale, condizionato dal mio modo di vedere la realtà; sarebbe una contestazione logica. Per questo motivo, e in ragione di ciò che ha dichiarato recentemente il sottosegretario di Stato del Ministero dell’Istruzione Davide Faraone (“Grazie anche alla Legge 107/2015 [Legge della “Buona Scuola”, N.d.R.] forniremo agli istituti risorse professionali per renderli sempre più luoghi non solo di accoglienza ma anche di inclusione vera»), invito tutti i genitori indignati per la carenza di ore di sostegno assegnate ai loro figli, tutti i dirigenti scolastici preoccupati per avere ricevuto un organico insufficiente, tutti gli insegnanti in ansia per l’organizzazione delle loro classi, insomma, tutti coloro che si sentono coinvolti o interessati, a verificare di persona recandosi presso gli Uffici Scolastici Provinciali di ciascun capoluogo di Provincia, chiedendo informazioni al riguardo.
Una volta ottenute e confrontate con ciò che denuncio, ognuno sarà sicuramente in grado di farsi una propria idea e di scegliere il modo migliore per difendere e far rispettare i diritti all’istruzione degli studenti con bisogni speciali. Io la mia scelta l’ho già fatta!
Quanto esposto dal maestro Presini è corretto. Per completezza occorre tuttavia precisare che con la Sentenza 80/10 la Consulta ha dichiarato incostituzionale la Legge 244/07, nella parte in cui vietava di superare con le deroghe il rapporto medio nazionale di uno a due. Sia quella Sentenza della Corte Costituzionale, sia la Legge 122/10 (articolo 9, comma 15) hanno precisato che le deroghe devono essere assicurate nei casi di disabilità gravi e tenuto conto della specificità della disabilità; ciò viene interpretato nel senso che le deroghe debbano essere assegnate agli alunni con grave disabilità sensoriale o intellettiva o relazionale.
Inoltre, la stessa Legge 122/10 (articolo 10, comma 5) stabilisce che il numero delle ore di sostegno debba essere indicato nel Piano Educativo Individualizzato (PEI) e la Corte di Cassazione ha precisato lo scorso anno (Sentenza del 25 novembre 2014) che gli Uffici Scolastici Regionali sono tenuti a rispettare il numero di ore indicato nel PEI; anzi, in base a ciò ha chiarito che le cause per il mancato rispetto di tali norme non sono più di competenza dei Tribunali Amministrativi Regionali (TAR), ma dei Tribunali Civili (tesi condivisa ormai anche dal Consiglio di Stato).
Pertanto, di fronte a questa situazione normativa, gli Uffici Scolastici Regionali devono riconoscere e quindi immediatamente assegnare le ore di sostegno richieste nei PEI, pena la condanna degli stessi “per lite temeraria” [si parla di “lite temeraria” nel caso di un’azione legale esperita con malafede e colpa grave, ossia con consapevolezza del proprio torto, N.d.R.]. (Salvatore Nocera)