Verrà presentato oggi, 7 settembre, a Roma (Casa Internazionale delle Donne, Via della Lungara, 19, ore 17), in coincidenza con la Seconda Giornata Mondiale di Sensibilizzazione sulla Distrofia Muscolare di Duchenne (di cui si legga ampiamente in altra parte del giornale), il libro autobiografico di Ilaria Baldi, intitolato A te… Lettere di una madre al proprio figlio, ove l’Autrice – socia dell’Associazione Parent Project Italia – racconta la propria esperienza di madre di un bimbo affetto da Duchenne.
Pubblicato da Booksprint Edizioni, A te… sarà disponibile in formato cartaceo e in versione e-book e i diritti d’autore verranno destinati al Fondo Alessandro Cannella per il finanziamento della ricerca scientifica sulla distrofia di Duchenne.
Ilaria Baldi vive e lavora a Roma, ma dedica anche una parte consistente del suo tempo a Parent Project e al citato Fondo Cannella, intitolato al figlio Alessandro, che oggi ha 6 anni ed è diventato fratello maggiore delle piccole Giulia e Arianna.
Il libro che verrà presentato oggi a Roma si articola come un diario epistolare indirizzato al figlio: un diario iniziato nei primi anni di vita. In esso – come detto – l’Autrice racconta i suoi primi passi come neogenitore: la rivoluzione gioiosa portata dal bimbo, i momenti di fatica, le conquiste tipiche di un “cucciolo” nell’esplorazione del suo mondo. E, allo stesso tempo, la scoperta della patologia con cui Alessandro deve convivere: un terremoto emotivo che porta la famiglia a fare i conti con una vita quotidiana e con un immaginario sul futuro diversi da quelli condivisi fino a quel momento. Un nuovo mondo al cui interno dolore acuto, paure e una potente voglia di vivere coesistono e si mescolano ogni giorno.
«Il libro – spiega la stessa Ilaria Baldi – è una raccolta di lettere rivolte a mio figlio affinché sappia sempre che la sua mamma lotta ogni giorno per il suo futuro. La mia speranza è che quando sarà grande e lo leggerà, potrà trovare la mia stessa forza nel combattere la sua malattia e la mia stessa volontà di vivere e di guardare al futuro con speranza. Scriverlo è stato come fare un lungo viaggio nel mio dolore, un viaggio ricco di momenti difficili e attimi di felicità, durante il quale sono caduta e mi sono rialzata tante volte e solo perché al mio fianco c’era lui, un bambino indifeso che per diventare uomo ha bisogno della sua mamma».
L’introduzione di A te… è stata curata da Filippo Buccella, presidente di Parent Project e dal neuropsichiatra infantile del Policlinico Gemelli di Roma Eugenio Mercuri, con una dedica speciale dell’attrice Milena Miconi, da tempo testimonial di Parent Project. (E.P. e S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: e.poletti@parentproject.it (Elena Poletti).
La distrofia muscolare di Duchenne
Tra le numerose forme di distrofie muscolari, la più nota e la più grave è certamente quella di Duchenne – dal nome del medico francese Guillaume Duchenne de Boulogne che la scoprì già nell’Ottocento – appartenente al gruppo delle cosiddette distrofinopatie. Come si scoprì infatti alla fine degli Anni Ottanta del Novecento, si tratta di una patologia dovuta all’assenza completa di distrofina, una proteina di grandi dimensioni, contenuta nella membrana della fibra muscolare, che è legata a molte altre della membrana muscolare e che sembra svolgere sia funzioni di stabilizzazione che di organizzazione della membrana stessa.
Malattia genetica e degenerativa tra le più diffuse, che si stima colpisca in media 1 su 3.500 bambini nati (pochissimi sono i casi di bimbe e si ritiene che in tutto il mondo i casi totali siano circa 250.000), la distrofia di Duchenne esordisce abitualmente tra i 2 e i 4 anni di età, con difficoltà motorie soprattutto nel salire le scale, rialzarsi da terra, correre, saltare. Qualche segno minore può essere individuato anche prima dei due anni e in alcuni casi un aspetto clinico particolarmente rilevante, prima della comparsa delle difficoltà motorie, è il ritardo nell’acquisizione del linguaggio. Nel corso degli anni, quindi, vi è un progressivo e generalizzato difetto di forza e in linea di massima, pur essendo possibile in ogni individuo un diverso andamento clinico, la storia naturale della malattia determina la perdita della deambulazione autonoma entro i 12 anni di età.
Successivamente il difetto di forza progredisce ulteriormente, coinvolgendo anche la muscolatura respiratoria e, in misura minore, cardiaca. Sebbene il coinvolgimento della muscolatura sia generalizzato, alcuni gruppi muscolari sono più interessati di altri e questo può determinare coinvolgimenti asimmetrici e favorire lo sviluppo di retrazioni articolari e scoliosi.
Ad oggi – purtroppo – non esiste ancora una cura, ma notevoli, specie negli ultimi due decenni, sono stati i progressi dei trattamenti, riguardanti soprattutto le possibili complicanze respiratorie, ortopediche e fisiatriche, ciò che ha consentito di prolungare sensibilmente la durata di vita delle persone affette e di migliorarne la qualità. (S.B.)