Dopo oltre dieci anni di blocco del turn-over, di tagli indiscriminati e di drastica riduzione del personale da parte dei diversi Governi, è minacciata ora la sopravvivenza stessa dei Dipartimenti di Salute Mentale nella loro funzione di tutela della salute mentale dei cittadini ed è diventata urgente la necessità di ricostruire servizi ormai ridotti allo stremo, fermando la miope e rovinosa attività di una classe politica autoreferenziale, che ignora i veri bisogni delle persone con sofferenza mentale.
In tal senso, la mancata proroga e l’invio a cinque operatori dell’ASL Roma G dell’avviso di interruzione del contratto da DGR 980/09*, è un segnale che va ben al di là di una mera vertenza sindacale, di una disattenzione degli uffici regionali preposti alla salute mentale e, tanto più, del passo falso di un direttore generale che, con tale provvedimento, decreta in pratica la chiusura di servizi già in grave difficoltà, che richiedono, invece, urgenti misure di adeguamento del personale agli standard definiti dai progetti obiettivo nazionale e regionale per la salute mentale.
Si tratta in realtà del completamento di un nefasto disegno, purtroppo in gran parte già attuato, di smantellamento dei servizi di comunità per la presa in carico globale e l’inclusione sociale e lavorativa delle persone con disagio psichico-sofferenza mentale e del consolidamento di un regime di trattamenti sanitari obbligatori, di istituzionalizzazione a vita in strutture (case di cura, cosiddette comunità terapeutiche ecc.), per lo più private, in gran parte delle quali non viene praticata alcuna seria attività di riabilitazione.
Queste strutture assorbono, già oggi, almeno il 70% delle risorse destinate alla tutela della salute mentale, con una spesa di gran lunga superiore ai costi di un bene organizzato sistema di prevenzione, cura e riabilitazione. E tutto ciò avviene senza tenere alcun conto delle esperienze dell’ultimo cinquantennio, che proprio nella presa in carico precoce a livello territoriale e nell’avvio di un percorso personalizzato di riabilitazione e di inclusione sociale e lavorativa hanno individuato le condizioni fondamentali per restituire a gran parte di queste persone soddisfacenti condizioni di autonomia e indipendenza economica, anche, fra l’altro, con un notevole risparmio per la collettività.
L’inizio dell’interruzione dei contratti da DGR 980/09, quindi, non è altro che la lampante manifestazione della volontà di inferire il colpo di grazia a un sistema che, a causa dell’insufficienza del personale, è già oggi una “fabbrica di cronicità e disabilità” nel quale i Centri di Salute Mentale, tranne pochissime eccezioni, sono diventati poco più che dispensari di psicofarmaci e luogo di smistamento dei pazienti in crisi verso strutture di ricovero di tipo neomanicomiale.
Ben altra prontezza c’era stata, ad esempio, per la realizzazione di altre strutture di tipo custodialista, quali le REMS [Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza, N.d.R.], nel recente tentativo di chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari!
Porre fine a questa drammatica deriva e invertire la rotta è un’urgenza ormai inderogabile, che chiama a una rinnovata mobilitazione tutte le persone che hanno a cuore i diritti e la salute delle persone. L’annunciata costituzione di un Comitato di Emergenza per la Tutela della Salute Mentale nel Lazio, da parte delle associazioni degli utenti e dei familiari e di quelle per la tutela dei diritti, può rappresentare uno strumento decisivo per il cambiamento.
*La Delibera della Giunta Regionale del Lazio 980/09 del 23 dicembre 2009, recante “Approvazione piano triennale di intervento a sostegno della rete dei servizi per la salute mentale ecc.”.