«Si sono rivolti a questa struttura sindacale numerosi lavoratori assunti dal Comune di Roma ai sensi della Legge 68/99 che, com’è ben noto, si prefigge lo scopo di “promuovere l’inserimento e l’integrazione lavorativa delle persone disabili attraverso il collocamento mirato”. Infatti, dalla verifica delle schede di valutazione di questi lavoratori, a cui è riconosciuta una disabilità psichica o intellettiva, emerge che in alcuni Dipartimenti e Uffici, i Dirigenti responsabili non hanno adattato “i fattori i criteri e la qualità” delle loro prestazioni alle loro specificità e abilità effettive. Riscontriamo con rammarico, inoltre, che nelle circolari diramate da Codesta Amministrazione (Dipartimento Organizzazione e Risorse Umane), per informare e illustrare le linee guida per la valutazione, non c’è alcun riferimento alle problematiche e specificità di quel personale assunto con selezione, per assolvere all’obbligo imposto dalla Legge 68/99 già citata. Non ci sono indicazioni di massima finalizzate alla considerazione della peculiarità e del tipo di apporto lavorativo, di questa tipologia di dipendenti».
La denuncia proviene dalla Federazione Lavoratori Funzione Pubblica della CGIL di Roma e del Lazio, che ha inviato in tal senso un messaggio dai toni quanto mai netti a tutti i riferimenti istituzionali competenti per il settore, Sindaco di Roma in testa.
Nello specifico il riferimento è alla recente entrata in vigore della Nuova disciplina decentrata integrativa del personale non dirigente di Roma Capitale, che ha attivato la procedura di valutazione del personale ai fini dell’attribuzione della quota della produttività. Secondo tale provvedimento, ciascun dirigente responsabile di unità organizzative ha avuto il compito di valutare appunto il personale, attribuendo un punteggio a una serie di fattori e sottofattori riportati su una scheda, associata ad ogni dipendente.
«Riscontrare addirittura una valutazione costantemente insufficiente – accusano dalla CGIL di Roma e del Lazio – e un giudizio di “non adeguato /non valutabile” per lavoratori con deficit intellettivo e problematiche psichiche, lascia sgomenti. Ci piacerebbe conoscere su quali elementi e atti si basano tali giudizi. Si profila dunque un atteggiamento discriminatorio e mortificante, contrario al dettato normativo della Legge 67/06 [“Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni”, N.d.R.], perché pone in una condizione di svantaggio lavorativo sociale ed economico una fascia di personale che parte già da una condizione di fragilità e non si promuove e favorisce la parità di trattamento e le pari opportunità nei confronti di persone disabili».
Sottolineando infine che «da questa Amministrazione ci saremmo aspettati una diversa sensibilità e attenzione su un tema così delicato», l’organizzazione sindacale chiede «che a tali lavoratori siano garantite condizioni e presupposti di pari opportunità, rimuovendo immediatamente o riesaminando quegli atti e quelle procedure, al fine di prevenire comportamenti che creano disagio lavorativo e malessere, per poter arrivare a un’effettiva integrazione e valorizzazione delle particolari competenze di questo personale». (S.B.)
Ringraziamo Sandro Paramatti per la segnalazione.
Per ulteriori informazioni e approfondimenti. fp@lazio.cgil.it.
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