Mariaclaudia, che chiede solo di poter lavorare

di Simonetta Morelli*
Dopo averne scritto una decina di giorni fa, torniamo a occuparci della grave situazione - tuttora irrisolta - di Mariaclaudia Cantoro, insegnante con grave disabilità, assegnata a una scuola che dista 250 chilometri da casa sua e che dovrebbe percorrere quella distanza per tre volte alla settimana, ma che non ha né la patente né un accompagnatore per assisterla. E lo facciamo con la speranza che, come scrive Simonetta Morelli, «”l’Italia del bene” possa intervenire concretamente»
Mariaclaudia Cantoro
Mariaclaudia Cantoro

Mariaclaudia Cantoro non si lamenta, non impreca contro il Governo per i suoi problemi di lavoro e non maledice la sorte per i suoi problemi familiari e personali. Eppure, nel testo da lei diffuso, che riportiamo integralmente qui di seguito, descrive una situazione pesantissima.
Nel suo racconto parla con semplicità della sua condizione di docente precaria con disabilità, che chiede solo di poter svolgere il proprio lavoro. La stessa richiesta avanzata da altri suoi colleghi che assistono figli, genitori o fratelli con disabilità e di cui sui media si è detto più spesso, mentre continua ad essere misconosciuta la situazione (o forse l’esistenza) degli insegnanti con disabilità.
È il dramma dei precari che, non essendo titolari, non possono fruire dei benefìci previsti dalla Legge 104/92: per loro nessuna deroga sulle nuove leggi sul lavoro e sulla scuola. Si realizza così, di fatto, una forma di discriminazione tra le persone come Mariaclaudia e i suoi colleghi senza disabilità, poiché – a parità di disagio – gli altri possono muoversi più agevolmente e avere più opportunità – a parità di sacrifici – di conservare il posto di lavoro, di non dovervi rinunciare.

Eppure, tra le righe di Mariaclaudia si legge una grande dignità declinata in molte forme: passione per il proprio lavoro, umiltà, determinazione, compostezza, decoro, rispettabilità. E onestà: «Come spesso accade in situazioni come la mia – scrive – si rimane “soli” e anche disperati».
A noi che registriamo questa storia, resta l’amarezza di dover constatare l’impotenza del buon senso di fronte alla burocrazia. Ma conserviamo anche la speranza che l’“Italia del bene”, che esiste e produce considerevoli opere meritorie (un ente, un’istituzione, un’associazione), possa intervenire, magari destinando un volontario (si calcola ve ne siano un “esercito”, tra i cinque e i sei milioni) all’accompagnamento di Mariaclaudia, almeno da Pesaro a Cagli.
E per comprendere meglio, segnaliamo anche il link con il percorso che Mariacladudia deve affrontare, per raggiungere i suoi alunni.

«Sono Mariaclaudia Cantoro, insegnante di Diritto ed Economia da 6 anni, precaria. Sono inserita nelle graduatorie ad esaurimento della Provincia di Pesaro-Urbino. Il lavoro che svolgo mi piace e per me è molto importante, mi dà molte soddisfazioni. Il fatto che io sia disabile mi crea non pochi problemi. Ma andiamo per gradi.
Io abito a Morro D’Oro in provincia di Teramo. Vivo con mia madre 72enne, mia sorella Paola, mio fratello Massimiliano disabile gravissimo con tracheotomia e PEG
[gastrostomia endoscopica percutanea, N.d.R.]. Questo mio fratello necessita di molte cure e mia madre e mia sorella lo assistono.
Il mio problema è questo: sono stata destinata in una scuola della Provincia di Pesaro che si trova in montagna (Cagli). In questo paesino arrivano pochi mezzi pubblici, precisamente un pullman sale la mattina e un altro pullman la sera scende. Io posso arrivare sul posto di lavoro solo con un’automobile. Ma io non posso guidare a causa della mia disabilità. In questi giorni mi sta accompagnando mia sorella a Cagli a lavorare. Vado a Cagli 3 volte a settimana.
Essendo precaria non sono beneficiaria di legge n. 104/92, per quel che riguarda il riavvicinamento nel luogo dove risiedo. Per diversi anni sono riuscita a lavorare a Pesaro e andavo in treno, era faticoso ma possibile. A Cagli è troppo impegnativo per me e la mia famiglia.
Segnalo che per un anno scolastico intero, quello appena trascorso, mia sorella mi ha accompagnato in macchina a lavorare a Fossombrone (Pesaro-Urbino). Abbiamo fatto una fatica immane per conciliare tutto. All’Ufficio Scolastico Provinciale mi hanno risposto che non hanno la possibilità di spostarmi sia l’anno scorso che quest’anno.
Come spesso accade in situazioni come la mia si rimane “soli” e anche disperati. Io nella mia vita ho sempre cercato di non lamentarmi troppo dei miei problemi e mi sono impegnata nello studio, nel lavoro e anche nel sociale. Ma adesso sono con le spalle al muro, non riuscirò a superare questo ostacolo se qualcuno non interviene».

Testo già apparso – con il titolo “Mariaclaudia, l’insegnamento e la scuola inVisibile” – in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it». Viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contesto, per gentile concessione.

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