Si è aperta con un minuto di silenzio rivolto alle vittime degli attentati di Parigi la sessione plenaria del 14 novembre al 10° Convegno Internazionale La Qualità dell’integrazione scolastica e sociale, organizzato a Rimini dal Centro Studi Erickson [se ne legga la presentazione nel nostro giornale, N.d.R.]. «In un evento come questo, dove ci confrontiamo su educazione, integrazione e inclusione, è impensabile non riflettere su quanto è accaduto in Francia», ha dichiarato il professor Fabio Bocci dell’Università Roma Tre, lanciando un invito a non chiudersi, ma ad aprirsi a un’integrazione possibile.
Anche il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone ha voluto partecipare all’appuntamento di Rimini, attraverso un videomessaggio nel quale ha sottolineato come «l’inclusione scolastica sia tra le priorità del Governo e della Legge sulla Buona Scuola». «Bisogna abbattere il muro dell’ipocrisia – ha proseguito – perché a volte l’inclusione non funziona e quindi è importante affinare gli strumenti per favorirla. Studiamoli insieme, in un processo partecipativo, nulla è già deciso. Sono certo che dal vostro convegno arriveranno contributi significativi per le decisioni che prenderemo in futuro».
Del ruolo dell’educazione nella nostra società ha parlato il teologo Vito Mancuso, altro ospite d’onore della tre giorni in Romagna. «Nel nostro tempo così frammentato e lacerato – ha sottolineato – abbiamo bisogno di accogliere tutte le diverse spiritualità, le diverse visioni del mondo e dell’uomo. Abbiamo bisogno di un’anima grande che unifichi il messaggio delle grandi spiritualità mondiali. Non è possibile, infatti, uscire dalla crisi che stringe la nostra libertà senza quest’apertura». E in questo esercizio, secondo Mancuso, è fondamentale l’educazione. «Il lavoro educativo – ha dichiarato infatti – è decisivo, essenziale, è il pilastro su cui si fonda la civiltà umana. Più un sistema politico è avveduto, più investe in educazione e cultura. Perché un essere umano possa essere un elemento positivo nel nostro sistema, dev’essere educato». Educazione che è frutto di mente e cuore. «Unione di logos e caos, ovvero ordine e creatività», ha affermato il teologo, chiedendosi poi come si possa tornare a dare al nostro tempo desolato un pensiero costruttivo e orientativo. «Non bastano più le ideologie politiche né le dottrine religiose. Dobbiamo essere capaci di capire che viviamo in un sistema aperto, che necessita di un pensiero aperto. E per farlo serve un’educazione che sia humanitas, contraddistinta, quindi, da ideali liberi da pregiudizi di etnia, religione e cultura».
Lo scrittore Niccolò Ammaniti, ha poi parlato del suo ultimo romanzo Anna, nel quale si racconta un mondo «in cui le regole si rompono e ci sono solo bambini e ragazzi, perché credo che gli adolescenti possano stupire e raccontare e capire il mondo come nessun altro».
Il libro è un elogio all’importanza della cultura come ancora di salvezza, un inno alla speranza che un altro mondo sia possibile, che ci sia la possibilità di una nuova vita da qualche parte. Quello di Anna, infatti, «è un viaggio di speranza e fiducia in cui una ragazzina cerca di lasciare un mondo devastato per raggiungerne un altro, credendo disperatamente nella vita e nelle possibilità che ci possono essere dall’altra parte. Per trovare un posto dove ricominciare», ha concluso Ammaniti.
Nel corso della sessione plenaria, infine, è intervenuto il maestro Camillo Bortolato, inventore del Metodo Analogico, che ha parlato della libertà nell’apprendimento. «Il bambino – ha detto – è libero di imparare, ma anche di non imparare. L’insegnante, invece, dev’essere assolutamente buono in classe, per favorire la libertà dell’apprendimento», aspetti che non sempre sono presenti in una scuola spesso eccessivamente legata a schemi predefiniti. (A.F.)
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