Dai mezzi di stampa apprendiamo che Davide Cervellin, tramite la Fondazione Lucia Guderzo di cui è presidente, ha intenzione di aprire una scuola specialistica dedicata a bambini ciechi e ipovedenti, che copra il periodo di frequenza dei primi due anni delle scuole elementari. Il promotore del progetto afferma che in questo modo i bambini apprenderebbero ad essere autonomi, per poter poi essere reinseriti nella “Scuola di Tutti” senza la necessità di ulteriore supporto: niente più insegnante di sostegno, niente più mediatori della comunicazione.
Come UICI del Veneto [Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, N.d.R.], pur nel rispetto della legittima libertà di ciascuno, non possiamo tacere davanti a quello che, secondo noi, è un gigantesco passo indietro, se si considerano il lavoro e gli sforzi enormi che sono stati compiuti negli ultimi quarant’anni per costruire un cammino di inclusione sociale e culturale dei ciechi e degli ipovedenti italiani, un cammino che ha le sue molte ombre, ma anche altrettante luci.
Siamo convinti che la strada giusta sia quella di proseguire nell’impegno di includere gli alunni con disabilità nella Scuola di Tutti e per Tutti e fin dall’inizio. E che lo si chiami istituto, scuola speciale oppure “scuola specialistica”, la proposta di Cervellin altro non è che la riedizione in chiave moderna di qualcosa che avevamo sperato fosse stato definitivamente relegato nei libri di storia.
Privare i bambini dei primi anni di scuola con i coetanei cresciuti nella medesima realtà significa impedir loro di prendere parte al momento in cui si formano significative e durature dinamiche di gruppo all’interno delle classi e isolarli dal futuro contesto sociale in cui vivranno.
Invitiamo pertanto i genitori, gli operatori e tutte le figure che operano quotidianamente per l’inclusione delle persone con disabilità nella Scuola di Tutti a non cedere alla tentazione di “facili soluzioni” che possono rivelarsi, alla luce di un esame più attento, poco efficaci, se non addirittura controproducenti.
I bambini non sono computer che possono essere programmati per due anni ad essere autonomi, per poi venire ributtati nella mischia di una classe e di una scuola che non conoscono. L’integrazione e l’inclusione sono un obiettivo difficile, ma necessario. Continuiamo a lavorarci insieme, immaginando e promuovendo corsi e attività per l’autonomia che affianchino e non sostituiscano la Scuola di Tutti.