I buoni comportamenti per vivere con l’X Fragile

Cento famiglie dell’Associazione Italiana Sindrome X Fragile - impegnata da anni sul fronte di quella che è la causa più diffusa di deficit cognitivo dopo la sindrome di Down - hanno lavorato per sei mesi in altrettanti gruppi, guidati da docenti universitari pedagogisti, con l’obiettivo di creare un patrimonio comune in grado di rendere i contesti in cui vivono i ragazzi con la sindrome dell’X Fragile capaci di accoglierne e sostenerne lo sviluppo. I risultati sono stati prodotti durante un recente convegno a Rimini
Bimbo con sindrome X Fragile
Un bimbo con sindrome dell’X Fragile, la causa più diffusa di deficit cognitivo dopo la sindrome di Down

È stata una giornata di confronto e restituzione quella del 12 dicembre scorso a Rimini, durante il convegno conclusivo del Progetto Buone X Prassi, che ha visto oltre cento famiglie dell’Associazione Italiana Sindrome X Fragile – organizzazione aderente benemerita alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), impegnata da anni sul fronte di quella che costituisce la causa più diffusa di deficit cognitivo dopo la sindrome di Down – lavorare in sei gruppi per altrettanti mesi, da marzo a ottobre di quest’anno, attraverso ben trentasei incontri.
L’obiettivo è stato quello di creare un patrimonio comune in grado di rendere i contesti in cui vivono i ragazzi con X Fragile capaci di accoglierne e sostenerne lo sviluppo. La vicepresidente dell’Associazione Italiana Sindrome X Fragile, Alessia Brunetti, che ha curato il progetto, ne ha evidenziato l’aspetto principale: «Abbiamo sentito forte la necessità di parlare di cose positive, le Buone X Prassi vogliono proprio trasmettere questo messaggio».

Le Regioni che hanno partecipato sono state il Veneto, la Campania, le Marche, il Lazio, la Sardegna e la Puglia e i gruppi sono stati guidati da una serie di docenti universitari pedagogisti: Elisabetta Ghedin e Simone Visentin, ricercatori di Didattica e Pedagogia Speciale dell’Università di Padova; Maura Striano, docente di Pedagogia Generale e Sociale all’Università Federico II di Napoli; Piero Crispiani, docente di Didattica e Pedagogia Speciale all’Università di Macerata; Fabio Bocci, associato di Didattica e Pedagogia Speciale all’Università Roma Tre; Filippo Dettori, associato di Didattica e Pedagogia Speciale all’Università di Sassari; Giuseppe Elia, docente di Pedagogia Generale e Sociale all’Università Aldo Moro di Bari.
A coordinare i lavori e ad accogliere i presenti è stato Andrea Canevaro, docente emerito di Pedagogia Speciale all’Università di Bologna.

Le sei aree di lavoro hanno riguardato la vita concreta delle persone con sindrome X Fragile, dall’infanzia all’età adulta: lo svegliarsi e l’andare a dormire, l’inclusione scolastica, il rapporto con i fratelli e le sorelle, la gestione dei comportamenti problematici, la sessualità e il lavoro.
Ghedin e Visentin hanno restituito il lavoro del gruppo veneto attraverso una serie di parole chiave, tra cui possibilità, condivisione, verità, evoluzione, impegno, fare rete. Da un diario di comportamento a prassi condivise e sempre uguali nel rituale dell’addormentarsi e del risvegliarsi, i consigli pratici sono stati molti, tra cui prevedere e prevenire reazioni negative, vivere momenti di intimità familiare per attenuare il distacco, affrontare con fantasia e unicità le fasi critiche, rendendole una risorsa.

Striano ha raccontato invece la relazione tra fratelli e sorelle, un rapporto complesso, vitale e unico. «Un fratello è per tutta la vita – ha spiegato la docente campana – ed è capace di prendersi cura, questo è il nucleo fondamentale dello stare al mondo. Le sue funzioni vanno dalla mediazione con i genitori e con il mondo esterno alla protezione. Con alcune accortezze: bisogna cioè riconoscere l’unicità e la diversità di ciascuno, ci devono essere percorsi diversi. Sì quindi all’opportunità di esercizio della funzione genitoriale da parte dei fratelli, ma evitando l’eccessiva responsabilizzazione. Alcuni “pezzi di vita”, quindi, si fanno insieme, altri no, i progetti di vita sono diversi, ma integrati».

Per il gruppo marchigiano, Crispiani ha affrontato con i genitori il tema dei comportamenti problematici. Accanto alle realtà comuni alla sindrome (lentezza esecutiva generale; tendenza di esitazione dell’incipit; incertezze spazio-temporali e di orientamento; disorientamento e irritazione di fronte alle novità), è stata riscontrata anche una positività; la funzione mentale, cioè, è presente nella sua interezza e la persona con sindrome X Fragile è in grado di capire le azioni dell’altro (ma non le intenzioni che prevedono la comprensione dell’aspetto psicologico).
Durante questo gruppo di lavoro è emerso anche che è presente la furbizia, l’immaginazione e il pensiero proattivo, pur se ad espressione lenta, e che in età scolare il bambino con X Fragile possiede tutte le funzioni per imparare a leggere e scrivere.

E ancora, Bocci ha affrontato con il gruppo del Lazio il tema della sessualità, evidenziandone le maggiori difficoltà, dalla gestione dell’approccio fisico – con una richiesta continua di coccole al genitore nella fase della pubertà – al riconoscere i confini del proprio corpo rispetto al corpo dell’altro. «Un dato comune – ha spiegato il docente dell’Università Roma Tre – è la difficoltà a realizzare le proprie esigenze sentimentali ed erotiche, sia per mancanza di occasioni adeguate che di autostima».
Le domande dei genitori in questo àmbito sono state le più diverse, dal tipo di approccio da usare (spiegare, non spiegare; creare occasioni; lasciare che il proprio figlio scopra da solo), al proprio ruolo di “formatori” in un àmbito tanto delicato.

Dal canto suo, Dettori, per il gruppo sardo, ha focalizzato il proprio intervento sulla scuola, partendo dal presupposto che la sfida per una vera inclusione è quella di passare da una didattica di competenze a una di conoscenze.
I limiti riscontrati nell’ambiente scolastico sono stati diversi: scarsa collaborazione con la famiglia, presenza intermittente di educatori, poche opportunità di lavoro, con delle eccezioni che permettono di vivere nel modo migliore gli anni scolastici, ma che non placano le preoccupazioni sul futuro.

Infine, l’ultimo intervento è stato quello di Elia, incentrato per lo più sul lavoro. In particolare, il gruppo pugliese ha approfondito il tema del futuro per le persone con sindrome X Fragile. «La criticità maggiore percepita dalle famiglie – secondo il docente dell’Università di Bari – è quella di sentirsi isolate, provando una fatica che nasce dal fare tutto da soli. Mancano infatti i punti di riferimento e le figure professionali che possano sostenere un percorso fattibile di continuità scuola-lavoro».
Una buona prassi condivisa è stata invece quella di riconoscere nel modello educativo incentrato sull’autonomia una strada privilegiata per diventare lavoratori. «In questo senso – ha concluso Elia – è fondamentale apprendere la cura di se stessi, il sapere gestire in autonomia il denaro o il tempo».
Un ultimo elemento importante messo in evidenza è stato quello riguardante lo scambio tra famiglie, il saper tessere trame di relazione tra figli con età diverse, per favorire il confronto e il dialogo e dare sostegno. (M.R. e S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampaxfragile@gmail.com (Marta Rovagna). Qui il sito dell Associazione Italiana Sindrome X Fragile.

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