La Spezia, primavera/estate 2010, un’idea si fa strada nelle nostre menti di genitori inquieti alla ricerca di vie ancora inesplorate dall’autismo: portare questa particolare forma di disabilità sulle antiche strade d’Italia e d’Europa.
Da allora, attraverso percorsi di trekking più o meno impegnativi, che hanno coinvolto giovani con autismo, la nostra Associazione [ANGSA della Spezia, Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici, N.d.R.], affiancata dalla Fondazione Il Domani dell’Autismo, ha attivato un particolare progetto, nato, all’origine, con l’obiettivo principale di coinvolgere i propri ragazzi in passeggiate in mezzo alla natura e sulle antiche strade e che si è in seguito sviluppato su percorsi sempre più complessi.
Nel 2014 l’idea originale, che nel tempo si è arricchita di intenti e di valori, ha potuto finalmente trovare una sua prima realizzazione, permettendoci di intraprendere la traversata da Genova alla Spezia sull’Alta Via dei Monti Liguri, un viaggio durato circa due settimane, che ha regalato a noi genitori momenti di orgoglio e una rinnovata positività e fiducia verso quelle che possano essere le capacità dei nostri figli.
Tutti i nostri sforzi, per riuscire a fare in modo che i ragazzi si trovassero a proprio agio su sentieri anche di media difficoltà, lontano da casa e dai comfort abituali, ci hanno quindi permesso di realizzare un vero e proprio sogno: accompagnare i ragazzi con autismo lungo tutto il Cammino di Santiago di Compostela*.
E così, il 7 settembre scorso, finalmente, siamo riusciti a partire dalla Spezia alla volta di Saint-Jean-Pied-de-Port, che rappresenta l’inizio del Cammino Francese verso Santiago.
Il Progetto Walking Autism toward Santiago de Compostela 2015 è stato forse uno dei più coinvolgenti tra quelli organizzati dalla nostra Associazione. Il viaggio verso Santiago, infatti, oltre a svelarci nuovi paesaggi e nuovi orizzonti, ci ha dato la possibilità di incontrare nuove persone e di offrirci prospettive del tutto inattese, facendoci conoscere aspetti dell’autismo che ci hanno sorpreso.
Siamo stati piacevolmente colpiti dalla capacità di adattamento dei nostri ragazzi, che pare siano riusciti a mettere da parte i loro “comportamenti-problema” e a vivere appieno tutto quello che questa esperienza ci ha offerto. Camminare per lunghi percorsi talvolta anche faticosi, trovarsi a dover affrontare condizioni climatiche anche estreme, lontani da casa, dalle abitudini quotidiane, ha reso i nostri ragazzi più forti. E per tutti coloro che vi hanno partecipato, il Cammino è stato anche una lezione di vita che ci ha permesso di confrontarci, conoscere, capire…
Quello che pensavamo da tempo si è rivelata una certezza: i nostri figli hanno bisogno solo di essere aiutati ad acquisire i vari tipi di autonomie che li rendano indipendenti a garanzia di un futuro meno incerto.
L’“avventura” si è protratta per ben trentanove giorni complessivi e molteplici sono stati gli avvenimenti che l’hanno caratterizzata, rivelandoci, come già detto, una serie di aspetti dei nostri figli che nella vita di tutti i giorni non pensavo potessero manifestarsi.
Adattarsi a uno stile di vita del tutto nuovo e particolare, dover rispettare regole non conformi al loro standard costruito su schemi ben precisi e regolamentati, ne ha sicuramente accelerato il processo di crescita, senza per altro dimenticare l’importanza dell’aspetto umano, che ha “colorato” giornate talora piatte e ripetitive.
Le persone che abbiamo incontrato lungo il Cammino hanno arricchito il nostro senso di appartenenza; con noi sono stati tutti molto socievoli, talvolta incuriositi dal particolare comportamento dei ragazzi, più spesso sorpresi per ciò che eravamo in grado di fare.
Anche se di lingue diverse, a parlare per noi erano i valori, gli stati d’animo, la voglia di serenità, il bisogno di riprendere possesso della nostra vita, riconoscere e accontentarsi delle piccole cose, dell’essenziale.
Anche le magliette che indossavamo e sulle quali era ben visibile la parola Autism, hanno suscitato la curiosità di molti che ci hanno seguito durante tutto il percorso, taluni interagendo con noi, perché attratti da questo nostro mondo così particolare, così “incomprensibile”, ma allo stesso tempo così espressivo, ricco di sensibilità e di messaggi di solidarietà. Altri, invece, ci hanno “accompagnato” da lontano, quasi non volessero disturbare, come non volessero entrare in questa nostra bolla un poco sospesa tra pensieri, sogni, speranze e realtà.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, gestire i nostri figli lungo tutto il Cammino non è stato difficile, proprio per il loro ineccepibile atteggiamento. Svegliarsi presto alla mattina, camminare per chilometri e chilometri, pranzare per lo più dove capitava, accontentarsi di pietanze anche molto diverse da quelle cui erano abituati, ritrovarsi a dover dividere ambienti con persone sconosciute, adattarsi a dormire in ostelli dove non sempre regnava una quiete sufficiente per garantire ad ognuno il giusto riposo: a volte tutto ciò ha messo a dura prova la pazienza dei nostri figli, ma devo dire che mai hanno manifestato situazioni di stress tali da richiedere da parte nostra un qualsiasi intervento.
Il Cammino ha permesso anche alle famiglie di poter vivere appieno il proprio ruolo e per una volta a fare da “collante” e a ricongiungere genitori e figli, è stato proprio l’autismo che spesso invece disgrega e allontana. I volti pensierosi, angosciati che normalmente contraddistinguono i familiari di persone con autismo, hanno lasciato il posto a espressioni più serene e distese. In altre parole, lontano dai meccanismi che nella vita di tutti i giorni ci costringono a stati di frustrazione dai quali è difficile uscire, lungo il Cammino abbiamo riscoperto una serenità ormai dimenticata.
Anche se poi nel nostro caso la fede che ha mosso i nostri passi verso Santiago è stata caratterizzata per lo più da una sorta di intima convinzione che tutto quello che stiamo facendo con e per i nostri figli garantirà loro un futuro migliore, il ritrovarsi, alla fine, nella piazza della Cattedrale di Santiago è stato commovente, qualcosa di mistico e di avvolgente.
Credo che in quel momento, di fronte a quella sacra magnificenza, tutti noi abbiamo espresso un desiderio, sperato in un “miracolo”. Tutti abbiamo desiderato che i nostri figli potessero essere felici, rispettati e che fosse concesso loro di vivere nel modo il più possibile sereno.
Durante la messa ognuno di noi si è sentito parte di un grande progetto universale che ci coinvolge e che ci guida alla ricerca di una dimensione al di sopra di tutte quelle forme di emarginazione che rendono difficili i tentativi di socializzazione e che garantisce ad ogni individuo di essere naturalmente inserito in una collettività.
Quando infine siamo entrati in possesso della nostra Compostela – documento che attesta l’avvenuto pellegrinaggio -, abbiamo avuto la certezza che tutto quello che avevamo fatto per noi stessi e per i nostri figli non era stato vano; tra le mani avevamo un attestato che dovremmo rispolverare ogni volta ci trovassimo in difficoltà, perché rappresenta la sfida che ci ha portato ad accelerare il passo, a stringere i denti lungo il cammino; la stessa sfida di ogni giorno, perché c’è sempre una meta da raggiungere, un passo in più da compere, una nuova difficoltà da superare, una nuova Santiago che ci attende.
*Il Cammino di Santiago di Compostela è il lungo percorso che i pellegrini intraprendono fin dal Medioevo, attraverso la Francia e la Spagna, per giungere al Santuario della città iberica presso cui ci sarebbe la tomba dell’apostolo Giacomo il Maggiore. Le strade francesi e spagnole che compongono l’itinerario sono state dichiarate dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità. In due precedenti testi (“Noi, ‘Pellegrini dell’Autismo” e “L’autismo verso Santiago” ), abbiamo già ampiamente descritto la genesi di questa iniziativa promossa dall’ANGSA della Spezia e l’avvio del viaggio.