Gentile Prefetto Tronca, gentile Presidente Zingaretti, Papa Francesco ha aperto il Giubileo Straordinario ricordando la figura del Samaritano, una storia bellissima, perché descrive quello che tutti i cittadini, ovvero le persone che vivono in una comunità, dovrebbero fare.
La compassione (da cum-patere: provare assieme le medesime ferite, sentimenti, gioie) non si delega: è compito di tutta la comunità il “farsi carico”. Non si può non vedere. Non si può non fasciare le ferite, non versare vino e olio. Caricare sul giumento. Ma non basta! È alla fine la parte più importante, quando il giorno dopo il Samaritano si preoccupa di pagare l’oste. Gli dice: «Prenditi cura di lui» (in greco Επιμελεομαι ovvero “epimeleomai”) e non solo tira fuori due denari, ma aggiunge: «Se spenderai di più, ti rifonderò». Solo con la compassione – senza la locanda e l’oste – l’uomo al centro dell’azione del Samaritano è destinato a morire di stenti sul ciglio della strada.
Chi scrive di mestiere fa proprio “l’oste”. A Roma esistono tante case famiglia per persone con disabilità e per ragazzi e per bambini e per donne in difficoltà: per persone che non hanno una famiglia che possa prendersi cura di loro. La città, che è la loro comunità, invece di mandarli in anonimi istituti, ha scelto, per fortuna, di accoglierli in casa famiglia.
Sono case calde, belle e accoglienti, dove lavorano persone che haivoglia a “farsi prossimo” e a versare fiumi di vino e olio; anzi, mi permetto di sottolineare, rendono la vita ferita dei ragazzi, dei disabili, delle donne accolte, una vita bella, una vita possibile, nella quale le ferite si trasformano in “feritoie” e attraverso le quali passa la Vita vera e si scorgono pezzi di umanità.
Proprio “in qualità di oste” mi rivolgo al prefetto Francesco Paolo Tronca [commissario prefettizio per la gestione provvisoria del Comune di Roma, N.d.R.], che ringraziamo per la piena attenzione dimostrata nel corso di un incontro del dicembre scorso, e al presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, in forza della sua sensibilità e intelligenza.
Le case famiglia, ognuna autonoma e diversa, si sono riunite in un’associazione di secondo livello, denominata Casa al Plurale, di cui chi scrive è il presidente. Sono oltre 50 le case famiglia rappresentate, nelle quali vivono 300 persone con disabilità, 80 minori e molte mamme in difficoltà. Ci lavorano 400 operatori.
Perché vi scrivo dunque? Scrivo perché la mia comunità – la Capitale d’Italia – non vuole ricordare l’ultima parte, quella più “laica” e concreta, quella meno romantica della parabola del Samaritano. Si è dimenticata che prendersi cura significa trovare i “due denari”, per fare in modo che la Vita delle persone ai margini possa essere degna di essere vissuta.
Bisogna, con coraggio, fare delle scelte. Se i denari sono pochi, andranno destinati per prima cosa ai più fragili, ai più deboli.
Caro Commissario, Caro Presidente, ad oggi il Comune di Roma e la Regione Lazio stanziano per le case famiglia meno della metà di quanto servirebbe. E con i soldi stanziati non è possibile pagare il lavoro dei tanti “osti”: educatori professionali, assistenti, non è possibile garantire la sopravvivenza delle case famiglia.
In questo momento, solo con i finanziamenti previsti da Comune e Regione, la paga di un educatore professionale sarebbe pari a 1.54 euro per ogni ora di lavoro! Non è possibile, dunque, “epimeleomai”, “prendersi cura”.
Roma Capitale si riprenda il suo ruolo: sarà Capitale solo se in grado di prendersi cura dei più fragili, proprio come la Lupa Capitolina si prese cura di Romolo e Remo, che non erano figli suoi. È questa la sfida che lanciamo per il futuro di Roma e di tutti i suoi cittadini, nei prossimi cento giorni.
Mi piacerebbe invitarvi in casa famiglia: vorrei presentarvi Emilia, che non vede e ha un grave ritardo, ma che è felice. Felice di vivere. Vorrei mostrarvi come la Vita diventi bella e degna di essere vissuta, purché si venga messi in condizione di viverla a pieno. Ognuno per come può. Ma questo è possibile solo con i famosi denari dati alla locanda, di cui si fa carico il Samaritano!