«Va accolto e apprezzato lo sforzo della Commissione Affari Sociali della Camera di giungere a un testo unificato di varie proposte e di correggere le distorsioni più palesi presenti nelle prime stesure. Va anche riconosciuto che, dopo decenni di silenzio, il Legislatore ha posto come significativa quella che è un’evidente emergenza: la solitudine di molte famiglie e la loro motivata ansia per la sorte dei loro congiunti con disabilità».
Così Vincenzo Falabella, presidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), commenta l’approvazione alla Camera della della Legge sul cosiddetto “Dopo di Noi” delle persone con disabilità. Il testo ha unificato, come ricorda lo stesso Falabella, sei diverse Proposte di Legge e ora arriverà al Senato, passaggio cui fa riferimento il Presidente della FISH, esprimendo una serie di perplessità da parte della Federazione.
«Ci auguriamo che in Senato – dichiara Falabella – ci possa essere una correzione degli elementi che in questo testo non convincono e innescano, al contrario, molti dubbi. Ci aspettavamo infatti una norma che contrastasse in modo deciso l’istituzionalizzazione delle persone con disabilità, impedendo il riprodursi di istituti e residenze segreganti e in tal senso chiedevamo che fosse prevista e programmata una progressiva deistituzionalizzazione delle persone che oggi vivono recluse in queste strutture. Confidavamo inoltre in un organico ripensamento delle politiche e dei servizi mirati a consentire alle persone di vivere dignitosamente nelle loro collettività, nei loro territori, obiettivo ambizioso, ma ineludibile. Si delinea invece, al massimo, un fragile obiettivo di servizio, che le Regioni potranno o meno assumere, non certo bilanciato dal divieto di finanziamento di qualsiasi struttura segregante presente o futura, né garantito come livello essenziale di assistenza. E anche sulla reale operatività, comunque vada, ci sarebbe moltissimo su cui vigilare».
«Lo stesso strumento del trust – prosegue Falabella – è una soluzione per pochi. Nel testo sarebbe stato invece opportuno rafforzare strumenti civilistici già esistenti e alla portata di una platea ben più ampia di beneficiari. E di proposte su tale specifica opportunità ce n’erano, ma sono rimaste lettera morta».
Il trust, ricordiamo a tal proposito, è un istituto di origine anglosassone che consente di spossessarsi, con agevolazioni fiscali, di patrimoni propri, in funzione di un vantaggio o beneficio futuro. In sostanza, come ha spiegato nei giorni scorsi su queste stesse pagine Carlo Giacobini, «parte dei propri beni – solitamente patrimoniali – vengono affidati a un garante terzo (fondazione, finanziaria o quel che sia) e questi garantisce in un domani un rendita o un servizio a un beneficiario indicato dal sottoscrittore».
«E da ultimo ma non ultimo – conclude il Presidente della FISH – un appunto lo merita anche il linguaggio adottato, a iniziare già dal titolo della norma, in cui si parla di “persone affette da disabilità”. Questo tradisce un pregiudizio stigmatizzato dalla stessa Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. La disabilità, infatti, non è una patologia, ma deriva soprattutto da politiche omissive, da servizi carenti, da una società non a misura di tutti».
Come riferisce una nota della FISH, in linea con i dubbi espressi dal Presidente della Federazione, «verosimilmente riproporremo emendamenti correttivi nel corso della lettura del provvedimento al Senato». (S.B.)
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