Quali forme prende, nella realtà quotidiana, l’integrazione per le persone con disabilità? E la Legge sul “Dopo di Noi”, approvata nei giorni scorsi alla Camera, dà una risposta anche alle problematiche del “Durante Noi”?
Nel testo di quella norma si prevede l’istituzione di un fondo per l’assistenza alle persone con disabilità grave e a disabili privi del sostegno familiare. Spetterà poi alle Regioni definire i criteri per l’erogazione dei finanziamenti e la verifica delle attività svolte.
È auspicabile però che l’integrazione passi attraverso strutture a dimensione familiare: non si pensi, infatti, a ricreare vecchi istituti, ma si lavori su progetti personalizzati e budget di salute, su gruppi di massimo sei persone in piccoli appartamenti, rimettendo al centro le persone e i loro bisogni e facendo in modo che ciascuno, attraverso percorsi diversi, possa esprimersi al massimo ed essere messo nelle stesse condizioni di tutti.
Le case famiglia – per alcune situazioni, ma non per tutte – sono una bella risposta. In questo momento, però, senza i fondi necessari alla loro gestione, stentano a funzionare: con poche risorse si produce segregazione e non integrazione. Dieci persone con grave disabilità e due assistenti è nei fatti segregare, anche se costa meno. Allora cosa veramente vogliamo? Quanto costa una vera integrazione, che è rispetto della persona?
Nello specifico del Lazio, con la nuova Legge arriveranno dal Parlamento circa 9 milioni di euro in più. Un primo piccolo passo. Ora ci aspettiamo: integrazione sociosanitaria, allineamento delle tariffe erogate alle case famiglia, apertura di tante case sparse per il quartiere. No, quindi, ai casermoni o alle RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali), perché handicap non vuol dire malattia o necessità di interventi sanitari. Viceversa, la salute, intesa come benessere della persona, passa attraverso azioni sociali, come appunto l’“abitare”, che permette alla persona una salute ottima e una vita anche felice.