Magari bastasse una app!

di Giulio Nardone*
Il problema dell’accessibilità urbana continua ad essere un tasto particolarmente dolente per chi ha un deficit visivo. Pur apprezzando infatti l’utilità di una guida turistica consultabile tramite il proprio smartphone - come quella recentemente proposta in una città dell’Umbria - le persone con disabilità visiva rivendicano il proprio diritto a muoversi in quella e in tutte le altre città «in condizioni di adeguata sicurezza e autonomia», come prescrivono le norme nazionali e internazionali

Particolare di persona con disabilità visiva e bastoneColgo l’occasione di un articolo apparso nei giorni scorsi sul «Corriere dell’Umbria», con un titolo ad effetto (Città accessibile per i non vedenti grazie a una app), ma purtroppo fuorviante, per fare una precisazione che ritengo necessaria in un àmbito poco conosciuto, persino dagli “addetti ai lavori”, quello cioè delle barriere senso-percettive che impediscono la mobilità autonoma e sicura delle persone con disabilità visiva.

Non si fa molto per eliminare le barriere architettoniche per le persone su sedia a ruote, ma almeno se ne parla abbastanza, anche sulla stampa. Invece, delle barriere percettive – anch’esse da eliminare in base alla legge – non se ne parla proprio.
Gli stessi Amministratori Pubblici, nel progettare nuovi lavori, raramente avvertono la necessità di installare sulla pavimentazione i segnali tattili prescritti dalla legge per assicurare la mobilità autonoma e la sicurezza di chi ha problemi di vista, consentendo loro di individuare le fermate dei bus, gli attraversamenti pedonali e la posizione dei pali semaforici sui quali dovrebbe essere presente il tasto per attivare l’avvisatore acustico del verde.
In tal modo succede che chilometri e chilometri di marciapiedi rifatti negli ultimi anni mancano di quelle poche piastre di segnali tattili necessarie e che, con le tecnologie avanzate attualmente disponibili, potrebbero anche essere semplicemente incollate rapidamente ed economicamente sulla pavimentazione. Anche gli scivoli, che ormai vengono realizzati abbastanza spesso a beneficio delle persone su sedie a ruote, sono quasi sempre fuori norma, perché non recano le piastre a rilievo LVE [Loges-Vet-Evolution, N.d.R.] del codice di pericolo valicabile, che devono consentire al cieco di sapere quando sta per lasciare la zona pedonale e inoltrarsi in quella carrabile e quindi pericolosa.
Non parliamo poi degli edifici pubblici di nuova costruzione o ristrutturati, che vengono pomposamente dichiarati “accessibili ai disabili”, con tanto di cartello con il simbolo della sedia a ruote, ma che non hanno i percorsi tattili a pavimento e le mappe a rilievo e che quindi non sono affatto accessibili ai disabili visivi e dovrebbero addirittura essere dichiarati inagibili a norma di legge. E lo stesso dicasi per le strutture private aperte al pubblico, come i centri commerciali, gli alberghi, le banche, i locali di spettacolo, gli ambulatori, gli impianti sportivi ecc.

Ecco allora un appello agli Amministratori Comunali e anche ai colleghi giornalisti: quando si fanno dei lavori e quando se ne parla sui giornali, per favore, ricordatevi che le barriere architettoniche non sono soltanto i gradini, ma anche la mancanza di segnali che rendono impossibile alle persone con disabilità visiva di muoversi autonomamente e in condizioni di sicurezza, come sarebbe loro garantito dalla Legge italiana e dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità [ratificata in Italia con la Legge 18/09, N.d.R.].

Presidente nazionale dell’ADV (Associazione Disabili Visivi), aderente alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e vicepresidente dell’INMACI (Istituto Nazionale per la Mobilità Autonoma di Ciechi ed Ipovedenti).

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