«Su questioni tanto delicate abbiamo bisogno di tutto, men che degli scoop giornalistici e soprattutto di un’informazione che, pur di vincere sulla concorrenza, alimenta solo false speranze. L’autonomia, infatti, è ben altra cosa!».
Incomincia così la lunga lettera inviata da Vincenzo Falabella, presidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e della FAIP (Federazione Associazioni Italiane Paratetraplegici), Maria Cristina Dieci, presidente dell’ASBI (Associazione Spina Bifida Italia) e Raffaele Goretti, presidente dell’APU (Associazione Paraplegici Umbri), al Direttore della testata «QN» («La Nazione – Umbria»), per contestare soprattutto il taglio all’insegna del sensazionalismo di un articolo pubblicato il 15 febbraio (Operato a Umbertide, giovane torna a camminare nel giorno del matrimonio), ciò che «alimenta – si legge nella lettera – quello stigma verso la disabilità che con tanta fatica da decenni i movimenti associativi rifiutano e combattono».
In sostanza, come si intuisce sin dal titolo, quell’articolo si soffermava sull’esperienza fatta da una persona con esiti di lesione al midollo spinale – in questo caso provocati dalla spina bifida – per potersi sposare in posizione eretta e camminando, grazie all’esoscheletro EKSO.
Non è purtroppo la prima volta, e temiamo non sarà nemmeno l’ultima, che gli organi di stampa o la televisione creano disinformazione parlando di EKSO, descritto da Falabella, Dieci e Goretti come «ingombrante struttura robotica di acciaio e carbonio, che grazie a particolari motori e a un sofisticato sistema di leve, consente di tenere in piedi e far compiere piccoli passi a persone in sedia a rotelle, ciò che in molti non fa che accendere la speranza di un “miracolo” della scienza prossimo venturo, capace di restituire a breve autonomia di movimento alle persone con disabilità motoria».
«Abbiamo più volte insistito – scrivono a tal proposito i tre Presidenti – sulla necessità di una comunicazione appropriata, veritiera e responsabile, quando si affrontano temi che riguardano le aspettative di chi vive una condizione di disabilità. Abbiamo nello stesso tempo più volte sottolineato, apprezzato e sostenuto ogni azione in termini di ricerca scientifica, mirante a migliorare la qualità di vita delle persone con disabilità. Con altrettanta forza e decisione, però, abbiamo sempre stigmatizzato ogni tentativo di trasformare un’innovazione o una “scoperta” in materia di ricerca scientifica, in clamorosi quanto fuorvianti annunci propagandistici».
La lettera al Direttore di «QN» riporta poi qualche dato significativo: «Vogliamo ricordare che in Italia sono circa 80.000 le persone con esiti di lesione al midollo spinale, delle quali circa il 76% hanno un’età compresa tra i 25 e i 60 anni e quindi un’aspettativa di vita molto lunga. Nello specifico dell’Umbria, sono circa 450 le persone con lesione al midollo spinale e ogni anno sono una ventina quelle che diventano para o tetraplegiche in seguito a incidenti stradali, sul lavoro, per incidenti sportivi o per altre cause. Tutto ciò determina la necessità di affrontare un tema come quello del “recupero dell’autonomia e dell’indipendenza” con attenzione e serietà scientifica. In tal senso, il mondo scientifico internazionale non ha trovato al momento soluzioni risolutive per restituire a tutte queste persone la condizione pre-danno midollare, per una serie di motivi difficili da analizzare, ma possiamo sicuramente affermare che uno degli ostacoli è quello relativo alla ricerca scientifica che purtroppo, restando alla situazione del nostro Paese, è carente e non sufficientemente sostenuta dalle necessarie risorse economiche, sia pubbliche che private».
Ora più che mai, dunque, servono attenzione e serietà dal punto di vista scientifico, ma non è questo l’unico messaggio della lettera di Falabella, Dieci e Goretti. «Ciò che vorremmo evidenziare con assoluta fermezza – scrivono infatti – e che traspare da quell’articolo, è il velato senso di discriminazione che si cela dietro affermazioni di un certo tipo, quando si ritiene in maniera più o meno esplicita che l’obiettivo di una persona con disabilità sia quello di “liberarsi della carrozzina”, come se questa fosse l’ostacolo per l’emancipazione e per l’autonomia. Ancora una volta, dunque, ci troviamo di fronte a strategie di comunicazione che prediligono la ricerca della sensazione piuttosto che un misurato ma più appropriato significato della notizia. E in questo modo non si fa altro che alimentare quello stigma verso la disabilità, che con tanta fatica da decenni i movimenti associativi rifiutano e combattono».
«La sfida per superare le barriere e il rischio di emarginazione cui sono esposte le persone con disabilità – conclude la lettera dei Presidenti di FISH, FAIP, ASBI e APU – non si risolve semplicemente con l’applicazione di soluzioni tecnologiche, seppur sofisticate e per altro ancora da sperimentare seriamente; essa consiste anche e soprattutto nel saper declinare in modo appropriato le risposte ai bisogni concreti delle persone, tenendo sempre presente il loro punto di vista e il loro diritto a una vita quanto più dignitosa possibile». (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: presidenza@faiponline.it.
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