«Stimola le persone a scoprire, risvegliare e utilizzare tutte le parti del proprio corpo, ristabilendo una relazione profonda con se stessi e con gli altri; desta l’armonia innata di cui ognuno è dotato, persa spesso a causa di timori, timidezze o per scarso esercizio; fa riscoprire la possibilità di poter entrare in contatto con gli altri con rispetto e fiducia, senza timore di rifiuti; aumenta e rafforza la fiducia negli altri e in se stessi, accrescendo l’autostima; aiuta ad uscire da movimenti standardizzati di altre tecniche di danza e incrementa la propria espressività; serve infine ad aumentare la propria disponibilità anche nella vita di tutti i giorni, a raggiungere un compromesso accettabile tra due posizioni opposte, a dare e ricevere, ad imparare e ad insegnare, a fidarsi degli altri, ad aumentare l’apertura mentale».
Così viene presentata la danceability, della quale partirà il 12 marzo prossimo un nuovo laboratorio proposto a Rovereto (Trento) dal CID (Centro Internazionale della Danza), rivolto a chiunque voglia mettersi in gioco, sperimentando sensazioni ed emozioni di libera e spontanea espressione di sé, perché è un genere di danza aperto a persone di qualsiasi età, con qualunque livello di esperienza e con diverse disabilità.
«Le lezioni – ricordano dal CID – iniziano sempre con un cerchio, al fine di favorire l’incontro e l’aggregazione, seguito da esercizi di riscaldamento atti a portare l’attenzione su se stessi, sul gruppo e sullo spazio circostante. Gli esercizi sono volti all’ascolto e alla comunicazione, alla conoscenza di sé e degli altri. In alcuni frangenti è prevista anche una simulazione di varie limitazioni fisiche e sensoriali, al fine di aumentare la creatività, la consapevolezza del proprio corpo, la comprensione e il rispetto dei limiti reali dei danzatori con disabilità».
Tecnica che utilizza i princìpi della cosiddetta Contact Improvisation, nata negli Stati Uniti all’inizio degli Anni Novanta, grazie all’impulso del danzatore e coreografo Alito Alessi, direttore della Joint Forces Dance Company di Eugene (Oregon), la danceability – della quale il nostro giornale si è già più volte occupato – ha sostanzialmente lo scopo di rendere accessibile il linguaggio della danza a tutte le persone. Si tratta infatti di un’esperienza vissuta insieme da persone con disabilità e non, per vivere esperienze di reciproca uguaglianza, basate sulla fiducia reciproca, la fluidità e l’equilibrio, in un dialogo fisico in cui tutti i sensi siano coinvolti.
«L’improvvisazione – aggiungono dal CID – è la strada attraverso cui si sviluppa questa disciplina: nella maggior parte degli esercizi non viene seguita una sequenza preordinata, una coreografia vera e propria, ma ciascuno realizza una danza ogni volta diversa, da solo o più spesso con altre persone, attraverso una serie di soluzioni concatenate e personalizzate in modo spontaneo e libero, con o senza sottofondo musicale. In altre parole si può dire che la danceability viva di improvvisazione, intuito, spontaneità: il segreto è saper cogliere uno spunto, un elemento, un qualcosa che è in atto a livello di relazione e iniziare a seguirlo lasciando che da questa suggestione fluisca la danza».
A condurre il laboratorio – che come detto prenderà il via il 12 marzo, per concludersi l’8 maggio, dopo sei incontri complessivi – sarà Pierluigi Zonzin, persona con disabilità motoria, impegnato in molteplici progetti socio-culturali, che dal 2001 è coreografo e danzatore, diventato poi, nel 2005, insegnante certificato alla citata scuola americana di Alito Alessi. Ha tra l’altro fondato il Gruppo Danceability MeLaDanzo di Schio (Vicenza), e partecipato come danzatore alla cerimonia apertura dei Giochi Paralimpici di Torino 2006. (S.B.)
Per iscrizioni, informazioni, e approfondimenti: cid@centrodelladanza.it.
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