Quello delle persone con disabilità di origine straniera, migranti o figli di migranti, presenti nel nostro Paese è un fenomeno di cui conosciamo ancora poco. Il quadro dei riferimenti scientifici sul tema risulta complessivamente piuttosto carente, perché calibrato sull’una o sull’altra dimensione: la disabilità o la migrazione. Le statistiche nazionali oggi esistenti non restituiscono dati e informazioni capaci di cogliere la doppia condizione di persona straniera e con disabilità, non permettono di afferrare dimensioni e caratteristiche del fenomeno nella sua completezza e soprattutto non consentono di conoscere le condizioni di vita delle persone che subiscono quotidianamente questo duplice rischio di discriminazione.
La consistenza del fenomeno migratorio e l’impatto sui sistemi educativi e sociosanitari dei Paesi di accoglienza pone, senza dubbio, nuove problematiche, di natura organizzativa, sociale e culturale. Problematiche che, verosimilmente, si acuiscono quando il migrante è anche una persona con disabilità, rendendo ancora più complesso il percorso di inclusione. Per affrontare i cambiamenti e predisporre politiche mirate e servizi inclusivi, è quindi necessario acquisire contezza della situazione concreta, individuare e colmare le lacune informative, acquisire nuovi elementi di conoscenza. Occorre cioè superare il piano emotivo con cui spesso si affrontano queste tematiche e adottare un approccio scientifico, basato sulla raccolta e l’analisi dei dati.
In questa direzione, nel corso degli ultimi anni, la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) ha promosso e avviato progetti di studio finalizzati a intrecciare queste due dimensioni: la disabilità e la migrazione.
Il primo di essi (Migranti con disabilità. Conoscere il fenomeno per tutelare i diritti), cofinanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha inteso indagare il fenomeno attraverso vari filoni di studio: l’analisi del quadro normativo e degli interventi da esso previsti; la sistematizzazione e l’analisi delle informazioni e dei dati disponibili; la raccolta di testimonianze dirette e indirette sulle reali condizioni di vita delle persone con disabilità di origine straniera.
Il secondo progetto, invece (Migranti con disabilità. Conoscere i dati per costruire le politiche), promosso dall’UNAR (l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali della Presidenza del Consiglio), si è proposto di mettere in luce dimensioni e caratteristiche del fenomeno, con un un’attenzione particolare a Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, ovvero ai territori di prima accoglienza, maggiormente sottoposti alle pressioni migratorie, allo scopo di sostenere e facilitare il lavoro degli operatori dei servizi, degli educatori e dei referenti associativi. Inoltre, con questo progetto si è inteso evidenziare le lacune informative e costruire indicatori mirati, che potessero essere inseriti in maniera sistematica nelle rilevazioni statistiche periodiche di carattere nazionale.
Ebbene, dalle ricerche realizzate emerge come, allo stato attuale, non sia possibile rispondere in maniera compiuta alla domanda su quante siano le persone con disabilità di origine straniera, migranti o di seconda generazione, presenti in Italia e nei singoli contesti regionali. Esistono alcuni dati che vengono rilevati in maniera sistematica, ma per la loro tipologia, per le modalità di costruzione degli indicatori e per i criteri di rilevazione adottati, essi non consentono di disporre di un quadro complessivo del fenomeno e comunque non permettono di conoscere le condizioni di vita delle persone con disabilità di origine straniera.
Da un punto di vista strettamente quantitativo, possiamo attingere ad alcune fonti di natura ufficiale: l’INPS sui beneficiari delle pensioni assistenziali, l’ISTAT sugli ospiti dei presìdi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sugli iscritti agli Elenchi Unici Provinciali del collocamento obbligatorio, lo SPRAR [Servizio Centrale del Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati, N.d.R.] sui beneficiari dei progetti d’accoglienza, il Ministero dell’Istruzione sugli alunni con disabilità di cittadinanza non italiana. Ai dati di tipo quantitativo sul mondo della scuola, si vanno poi ad aggiungere alcune ricerche mirate di carattere esplorativo, realizzate in alcuni contesti locali, volte ad indagare le problematiche connesse all’inclusione scolastica degli alunni con disabilità figli di migranti.
Senza dubbio, attualmente è la scuola l’àmbito di vita su cui si dispone di maggiori informazioni.
Complessivamente, nell’anno scolastico 2013-2014 gli alunni stranieri con disabilità delle scuole statali e non statali, di tutti gli ordini e gradi, sono stati 26.626, più del doppio di quelli registrati il primo anno della rilevazione (11.760 nell’anno scolastico 2007-2008).
Rispetto poi al numero complessivo degli alunni con disabilità (230.581, pari al 2,6% del totale), l’incidenza degli alunni stranieri con disabilità era dell’11,5% (il 6,2% nel 2007-2008).
Considerando invece l’incidenza percentuale sul totale degli alunni con cittadinanza non italiana (802.785, pari al 9% del totale), la presenza degli alunni stranieri con disabilità risultava essere del 3,3% (il 2% nel 2007-2008).
E tuttavia i numeri, pur significativamente cresciuti, poco ci dicono, come accennato inizialmente, rispetto alle condizioni di vita dei minori e delle loro famiglie. È per questo che, nei progetti di ricerca realizzati dalla FISH, un ampio approfondimento è stato effettuato incrociando i risultati delle indagini mirate, realizzate in alcuni contesti locali, per poter conoscere i fattori che ostacolano o facilitano il percorso di inclusione, mettendo in luce le discriminazioni esistenti e fornendo strumenti interpretativi e possibili “raccomandazioni” ai decisori politici e agli operatori del settore.
Al di fuori del mondo della scuola, le informazioni sulle persone con disabilità di origine straniera risultano, al contrario, decisamente più limitate. Ma, soprattutto, una forte criticità emersa dalla comparazione tra gli studi realizzati riguarda la definizione stessa di “migrante con disabilità”. Infatti, l’universo cui si fa riferimento nelle diverse rilevazioni e indagini differisce significativamente dall’una all’altra. In alcuni casi si parla di persone con disabilità di cittadinanza non italiana, cosa che esclude coloro che hanno acquisito la cittadinanza secondo i termini di legge o i figli di coppie composte da almeno uno dei due genitori di cittadinanza italiana. In altri casi si fa riferimento ai figli di migranti, sia che abbiano vissuto l’esperienza migratoria, sia che siano nati in Italia da genitori migranti o da coppie miste. In altri casi ancora, si considerano i soli cittadini extracomunitari, e quindi si escludono dal computo i cittadini comunitari che, pur di origine straniera, non vengono distinti dai cittadini italiani. Il risultato è che le informazioni risultano settoriali, frammentate e non confrontabili tra loro.
In entrambi i progetti di studio della FISH, alla sistematizzazione e all’analisi dei dati disponibili, è stata affiancata anche una parte di ricerca sul campo. Nel primo progetto di indagine, ad esempio, si è scelto di incontrare alcune persone straniere con disabilità per ricostruirne il percorso biografico attraverso la conduzione di interviste narrative, nonché di raccogliere il punto di vista degli operatori attraverso lo strumento dei focus group. Nel secondo progetto, invece, è stata condotta una ricerca pilota, di carattere esplorativo, circoscritta a due territori regionali (Puglia e Sicilia) e volta ad indagare le situazioni di discriminazione ed esclusione sociale vissute dalle persone con disabilità di origine straniera, così come vengono intercettate dagli operatori, nonché di individuare gli elementi che ostacolano o favoriscono il percorso di inclusione nel contesto sociale, secondo il mondo associativo e dei servizi.
Una delle prime riflessioni emersa da entrambi gli studi è che le persone straniere con disabilità sembrano, in genere, circuitare al di fuori dei classici riferimenti sociali che caratterizzano sia le persone con disabilità sia quelle straniere, ossia le proprie comunità di riferimento. Contemporaneamente, cioè, i rispettivi mondi associativi sembrano essere impermeabili a questa doppia condizione: le associazioni del mondo della disabilità non si occupano di persone straniere (con disabilità), quelle del mondo delle migrazioni non si occupano di persone con disabilità (straniere). Inoltre, l’esistenza di una sorta di “separatezza” tra il tema della migrazione e quello della disabilità, che caratterizza la letteratura scientifica, sembra riprodursi anche nella costruzione delle politiche e dei servizi, che stentano a garantire una presa in carico complessiva della persona migrante con disabilità, con le molteplici istanze di cui è contemporaneamente portatrice.
Il risultato è che le persone con disabilità migranti o di seconda generazione si trovano in una situazione di frammentazione dei punti di riferimento, di scarsa informazione e conoscenza sul fenomeno: situazione, questa, che mette a rischio il rispetto e l’esercizio dei loro diritti civili e sociali. (Daniela Bucci)
Il presente approfondimento è già apparso nel portale «Condicio.it – Dati e cifre sulla condizione delle persone con disabilità», spazio di comunicazione che è il frutto di un progetto della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap). Viene qui ripreso – con alcuni minimi riadattamenti al diverso contenitore – per gentile concessione.
Per ulteriori approfondimenti, suggeriamo la consultazione, all’interno dello stesso portale «Condicio.it», della sezione dedicata al tema Stranieri con disabilità.
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