Storie di Malattie Rare “invisibili” (e di ingiuste accuse)

La LHON (neuropatica ottica di Leber) è una rara patologia degli occhi che provoca una di quelle forme di disabilità cosiddette “invisibili”, ma non per questo meno gravemente invalidanti. E tuttavia chi ne soffre, come accade per altre malattie, rischia di essere ingiustamente definito come un “falso cieco”. Se n’è parlato a Milano, durante il corso di formazione denominato “Informazione e Salute. Patologie non evidenti e cronaca giornalistica”, rivolto per lo più agli operatori dell'informazione e promosso dall’OMAR (Osservatorio Malattie Rare)
Fabrizio Sottile
Il campione di nuoto paralimpico Fabrizio Sottile è affetto da LHON (neuropatia ottica di Leber), una Malattia Rara che provoca una disabilità “invisibile”

La mia malattia è invisibile – spiega Fabrizio Sottile, campione italiano di nuoto paralimpico – ma si tratta pur sempre di una disabilità. Parlare di Malattie Rare e disabilità è fondamentale, ma senza pietismo e buonismo all’italiana. A me è capitato anche di trovarmi di fronte a gente che non credeva che non ci vedessi e mi ha mandato a quel paese: apparentemente non ho nulla, cammino da solo, faccio un sacco di cose, e alcuni ragionano nei termini che “o ci vedi o non ci vedi”».
«A volte – dichiara dal canto suo Giovanni Ansaldi, una laurea alla Bocconi di Milano, un lavoro e una bella famiglia con due figli – è difficile spiegare alle persone che alcune cose le vedi ed altre no. Quando arriva la malattia ti toglie tante cose, ma sta a noi poi trovare i nostri spazi, come lavoratori, genitori, compagni. Io, per esempio, mi sono laureato grazie a chi mi ha registrato i contenuti dei libri che non potevo leggere e oggi lavoro grazie ai tanti supporti che vengono dalla tecnologia, che oggi ci offre davvero tanto. Ormai sono vent’anni che convivo con la malattia, spero sempre un giorno di poterci vedere, ma nel frattempo mi sono attrezzato per fare tutto quel che posso».

Sottile e Ansaldi sono affetti da una rara patologia degli occhi, la neuropatia ottica di Leber, meglio conosciuta come LHON (dall’acronimo inglese), una malattia rara di origine genetica. Sono stati loro, insieme a diversi clinici e rappresentati delle Associazioni di pazienti a spiegare ai tanti giornalisti intervenuti al San Raffaele di Milano per un corso di formazione organizzato dall’OMAR (Osservatorio Malattie Rare), denominato Informazione e Salute. Patologie non evidenti e cronaca giornalistica: il caso della LHON e di altre malattie rare, che cosa realmente voglia dire essere ipovedenti o non vedenti, e che cosa possa significare essere ingiustamente definiti come dei “falsi ciechi”, un’accusa mossa spesso a sproposito, a causa di un cattivo immaginario su quella che dovrebbe essere la vita delle persone ipovedenti e su una bassa comprensione delle diverse patologie della vista.

«La LHON – ha spiegato durante il corso Valerio Carelli dell’IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche (ISNB), Ospedale Bellaria, Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie (DIBINEM) dell’Università di Bologna – è una rara forma di atrofia del nervo ottico, una tra le meno note Malattie Rare della vista. Immaginiamo il nervo ottico come un cavo elettrico con dentro un milione e 200.000 fili che trasmettono le immagini dal centro della retina al cervello. Nelle persone che sviluppano la LHON, queste fibre nervose, i fili, degenerano progressivamente fino a morire del tutto. Dopo alcuni mesi rimangono a questi pazienti solo alcune migliaia di questi fili: ci sono persone con una degenerazione più grave, quasi del tutto ciechi e che vedono solo luci e ombre, mentre non vedono ciò che si trova davanti a loro, al centro del campo visivo, ma mantengono la visione del campo periferico. Per questi pazienti non esiste al momento una cura risolutiva, e tuttavia oggi possiamo cercare di arginare la fase attiva di degenerazione e dunque la perdita definitiva di queste cellule, con farmaci antiossidanti quali l’Idebenone, unico medicinale con indicazione specifica per la LHON. L’obiettivo è cercare di conservare una percentuale di fibre più elevata di quello che avverrebbe in assenza di trattamento. Se si evita che degenerino del tutto, e quindi vadano perse, è poi possibile che, passata la fase acuta e dunque dopo 6-12 mesi dall’esordio, le fibre rimaste, che prima erano diventate “mute” e quindi non trasmettevano più impulsi, riprendano a funzionare, portando quindi a un grado variabile di recupero. In tal senso prima si inizia la terapia e meglio è per arginare la perdita. Per il futuro la prospettiva è quella di poter usare anche la terapia genica».

«Chi è colpito dalla LHON – ha spiegato invece Piero Barboni, consultant neuro-ophthalmologist dell’IRCCS San Raffaele di Milano e responsabile dello Studio Oculistico d’Azeglio di Bologna – vede all’improvviso una macchia bianca o nera al centro del campo visivo. All’inizio questa può creare un problema solo nel vedere i dettagli, ma in poco tempo la macchia si allarga e la visione peggiora, lasciando solo una capacità residua di riconoscere i contorni. In genere si arriva al periodo peggiore dopo tre-sei mesi dall’insorgenza. In questa fase si può arrivare alla “cecità legale”, con impossibilità di leggere, scrivere, guardare la TV, guidare, riconoscere le persone, a meno che non si sia molto vicini; questo non vuol dire però che le persone con LHON vedano “tutto nero o tutto bianco”. A volte, infatti, dopo un anno o due è possibile che si registri un miglioramento, ma in genere non c’è mai un recupero completo: il paziente riuscirà ad uscire da solo, fare la spesa, trovare gli oggetti di cui ha bisogno, ma a fatica riuscirà a leggere, scrivere, seguire delle lezioni alla lavagna. È evidente dunque come la malattia sia molto invalidante, anche perché, soprattutto nei maschi, si presenta nel pieno della vita».

Le diagnosi di LHON si contano ogni anno sulle dita di una mano. «Essendo una malattia così rara – ha aggiunto in tal senso Anna Maria De Negri, specialista dell’Unità Operativa Complessa di Oculistica dell’Ospedale San Camillo di Roma – sono in pochi a conoscerla e l’inquadramento diagnostico è difficoltoso. Non a caso quando le persone affette da LHON arrivano da noi, spesso sono già state da uno o più oculisti e/o dal neurologo ed è passato un po’ di tempo rispetto al momento dell’esordio. In questa prima fase i colleghi si accorgono che c’è qualche cosa che non va nel nervo ottico, ma non pensano alla LHON. Nella maggior parte dei casi, poi, quando li mandano qui la perdita di vista interessa già entrambi gli occhi. Alcuni arrivano un po’ prima perché la malattia si presenta in forma particolarmente acuta e allora vengono direttamente al Pronto Soccorso. Le ripercussioni sulla vita quotidiana sono di difficile gestione per tutti, le differenze spesso dipendono dall’età del paziente e dal tipo di attività condotta».

Le persone affette da una malattia come la LHON, dunque, possono essere gravemente ipovedenti o anche “ciechi legali”, ma spesso hanno difficoltà nel farsi riconoscere l’invalidità e le relative esenzioni ed indennità di cui hanno diritto.
Di questo e molto altro si è parlato durante l’incontro di Milano, cui sono intervenuti anche Francesco Bandello, direttore della Clinica Oculistica dell’Università Vita-Salute dell’Istituto Scientifico San Raffaele di Milano, Massimo Corsi, direttore del Reparto di Neurologia e Neurofisiopatologia dell’Ospedale San Camillo di Roma, il già citato Giovanni Ansaldi, rappresentante dell’Associazione Mitocon (Insieme per lo studio e la cura delle malattie mitocondriali), Cristina Rebagliati, responsabile del Filo Diretto della stessa Associazione Mitocon, Assia Andrao, presidente di Retina Italia-Associazione Nazionale per la Lotta alle Distrofie Retiniche (aderente alla FISH-Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e Marco Magheri, vicesegretario dell’Associazione Italiana della Comunicazione Pubblica e Istituzionale. (S.C. e S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Stefania Collet (Ufficio Stampa OMAR), ufficiostampa@osservatoriomalattierare.it.

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