Caro Matteo Salvini [Segretario Federale della Lega Nord, N.d.R.], so che ti potrei rubare tempo, proprio in questi giorni neri di terrore che per te sono oro colato per fare campagna elettorale e terrorismo psicologico (a proposito, complimenti per l’idea della foto alla metro di Bruxelles. Steve Jobs in quanto a marketing lo avresti “preso di tacco”).
Mi piacerebbe però sapere se ti è capitato di vedere le due foto qui pubblicate, tra una tua comparsata TV e l’altra. In realtà mi piacerebbe di più sapere se hai mai spinto una sedia a rotelle. Mi auguro di sì, perché ti assicuro che è un’esperienza in grado di arricchire l’animo umano, anche del più razzista omofobo fascista (sono un ottimista cronico, ormai dovresti saperlo, dato che ti scrivo periodicamente…).
In caso contrario, se vuoi, mi “sacrifico” per te: vieni a fare un giro a Firenze, ti farò da cicerone mentre mi accompagni spingendomi, ché tra arte e cultura siamo tutti meno brutti. Anche due come noi due.
Potrei chiederti, poi, se la suddetta sedia a rotelle l’hai mai spinta in mezzo al fango e alla polvere, vestito di stracci, con le ruote sgonfie e le manopole distrutte, mentre sulle spalle tenevi due borsoni, con dentro sei chili di speranze e paure, che poi erano tutto ciò che avevi.
Ma questo no, non lo faccio. Non te lo chiedo perché so già la risposta, e in fin dei conti non lo augurerei a nessuno, neanche al mio peggior nemico.
Caro Matteo Salvini, io ci provo ancora, anche se sarà inutile come l’ultima volta. O come la penultima. E come lo sarà la prossima, ma forse un po’ meno, spero.
Quando urlerai un tuo nuovo «mandiamoli a casa», vorrei tu pensassi a questi due ragazzi e ai loro genitori coraggiosi. Al loro viaggio verso dei diritti basilari che difficilmente vedranno riconosciuti. Perché la disabilità è disabilità ovunque. Perché la disperazione deve avere pari dignità. Perché per un figlio, un babbo come te si getterebbe nel fuoco. Perché un aiuto a chi soffre non andrebbe mai negato. Anche se parla un’altra lingua o prega un altro Dio. Anche se non mangia la polenta o il maiale. Anche se non indossa una camicia pulita. Se non vive in un bilocale in centro. Se non ha i soldi per pagarsi le bollette e, figuriamoci, la macchina di proprietà.
Caro Matteo Salvini, spingila questa carrozzina! Non dobbiamo avere paura di ciò che è diverso da noi, ma, anzi, possiamo solo imparare qualcosa di nuovo. In fin dei conti questo mio messaggio ne è un chiaro esempio: io e te non siamo per nulla simili, eppure, a modo mio, un po’ di bene te ne voglio, perché mi ricordi ciò che non vorrò mai essere nella vita.
Ciao Matteo, fai a modino.