Come avevamo anticipato nei giorni scorsi, si è celebrata al Palazzo del Quirinale di Roma la Giornata Nazionale delle Persone con Disabilità Intellettiva, fortemente voluta dalla Presidenza della Repubblica, e promossa in collaborazione con la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), la FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali di Persone con Disabilità), oltreché con l’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale), l’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici) e l’AIPD (Associazione Italiana Persone Down), organizzazioni, queste ultime tre, anch’esse aderenti alla FISH.
Affidato alla conduzione di Flavio Insinna e trasmesso in diretta nella mattinata di Raiuno, l’evento ha visto la piena e attiva partecipazione delle stesse persone con disabilità che, insieme alle loro famiglie, hanno rivendicato con forza il diritto ad essere pienamente riconosciute come cittadini italiani, con pari dignità e diritti rispetto agli altri.
Come si legge nel sito della FISH, «un’importante occasione, per le Associazioni coinvolte, si è avuta anche grazie all’incontro privato con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la ministra della Salute Beatrice Lorenzin, durante il quale è stato presentato un documento che descrive le condizioni, spesso di difficoltà, in cui oltre due milioni di cittadini italiani con disabilità intellettiva e i loro familiari vivono ancora oggi nel nostro Paese. In tal senso si è indicata la priorità di superare le tante criticità formulando proposte affinché ciascuna persona con disabilità, con i giusti sostegni e supporti, venga messa in condizione di pari opportunità e quindi non sia più discriminata».
Queste, nello specifico, le urgenze indicate durante l’incontro: «Piena e concreta attuazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità; una maggiore attenzione alle politiche di inclusione e pari opportunità; rendere praticabili i progetti di vita delle persone; “Dopo di Noi” e “Durante Noi” da perseguire con risorse e norme coerenti; livelli essenziali di assistenza per i disturbi dello spettro autistico; qualità dell’inclusione scolastica; inclusione lavorativa e promozione dell’occupabilità».
Particolarmente significative sono state le testimonianze susseguitesi nel corso della Giornata: mentre Serena Amato e Francesca Stella hanno consegnato al Presidente la Dichiarazione di Roma per la promozione ed il sostegno dell’auto-rappresentanza in Italia ed in Europa, Agnese Bucciarello ha raccontato la propria esperienza di inclusione lavorativa.
Dal canto loro, Sonia Zen e Clara Sereni [di quest’ultima riporteremo a breve l’intervento in altra parte del giornale, N.d.R.] hanno riportato la loro testimonianza di madri e Gabriele Naretto ha incantato tutti esibendosi al pianoforte. «Assieme – si legge ancora nel sito della FISH – hanno contribuito a squarciare il velo dell’invisibilità che storicamente accompagna le persone con disabilità intellettiva, consentendo finalmente a molti di poterne cogliere le diverse sfaccettature».
Nel suo lungo e articolato discorso – che riportiamo integralmente in calce – il presidente Mattarella ha riconosciuto l’importanza del contributo delle persone con disabilità, delle loro famiglie e delle loro organizzazioni, non solo per l’affermazione dei diritti garantiti dalla Costituzione e dalla Convenzione ONU, ma anche e soprattutto per la «costruzione di un’Italia migliore».
Importanti, inoltre, gli impegni assunti dalla ministra Lorenzin, che ha annunciato la prossima emanazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), con particolare riferimento a quelli per i disturbi dello spettro autistico e l’avvio di una reale integrazione socio-sanitaria.
«Minimo comun denominatore degli interventi e delle testimonianze della Giornata – conclude la nota pubblicata dalla FISH – è stato quello di dimostrare che un mondo migliore, più inclusivo e accessibile è possibile, anche grazie e a partire dal diretto contributo e impegno delle stesse persone con disabilità. Una straordinaria occasione, pertanto, per ricordare ancora una volta che la diversità è una ricchezza e che le persone con disabilità non sono pesi, ma risorse, che l’intera collettività deve includere e valorizzare». (S.B.)
L’intervento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella
in occasione della Giornata Nazionale delle Persone con Disabilità Intellettiva
Roma, 30 marzo 2016
Signora ministra della Salute,
signori presidenti delle commissioni parlamentari,
cari ragazzi, cari adulti,
un benvenuto cordiale a tutti, sono lietissimo di accogliervi al Quirinale in questa giornata, che avete reso particolarmente viva con le vostre testimonianze, con le vostre speranze, con la riaffermazione del tenace impegno per la tutela di diritti fondamentali e di valori costituzionali.
L’impegno e le esperienze di cui siete protagonisti costituiscono un patrimonio prezioso per tutto il nostro Paese: non possiamo farne a meno!
Il 30 marzo – come ha ricordato Flavio Insinna che ringrazio per la sua presenza questa mattina – è una ricorrenza importante: nel 2007 il governo italiano, attraverso un suo ministro, firmò la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e quelle disposizioni oggi integrano il nostro ordinamento, ponendo a tutti noi, come persone e come comunità, obiettivi più alti in termini di civiltà, di pari opportunità, di sviluppo delle relazioni umane e quindi del benessere sociale, che non si misura mai soltanto con i numeri e le quantità.
Il rispetto dell’integrità della persona e il contrasto a ogni forma di discriminazione fanno crescere la qualità della vita di ciascuno, e questo si riverbera in ogni ambito di attività, compreso quella economica.
La disabilità non è una malattia, tanto meno un problema da scaricare sul singolo individuo o sui suoi familiari. Le condizioni di disabilità divengono gravi soprattutto se il mondo circostante non tiene conto delle diversità e trasforma la differenza in fattore di esclusione. A creare le barriere sono soprattutto, purtroppo, i limiti della nostra organizzazione sociale e le nostre mancanze culturali, a partire dai riflessi lenti di fronte agli ostacoli che impediscono la piena espressione delle personalità.
L’Italia democratica e l’Unione Europea sono nate per abbattere i muri di qualunque genere, per eliminare i fili spinati, per costruire un mondo di persone libere, uguali nelle loro diversità, un mondo che sarà tanto più progredito quanto meno l’esercizio dei diritti e la distribuzione delle opportunità verranno condizionati dal privilegio delle disponibilità economiche o dell’aspetto fisico.
È questo un obiettivo sempre vivo, a cui dobbiamo tendere. Qui sta l’essenza della civiltà europea che ci chiama sempre a difendere il valore della vita e della convivenza, oggi anche contro il terrorismo.
L’inclusione di chi è in difficoltà è un moltiplicatore di forza sociale. La disabilità intellettiva – al centro della Giornata di oggi – è una fonte particolarmente insidiosa di sofferenza e di emarginazione. Lo è per dimensioni, comprendendo il 65% della disabilità nel suo complesso. Lo è per la sua natura, talvolta incerta e nascosta, che finisce per rafforzare i pregiudizi e rende spesso problematiche le diagnosi e i programmi terapeutici.
Molti passi in avanti sono stati compiuti dalla psicologia, dalla pedagogia, dalla scienza medica, nei cui confronti è bene sempre avere fiducia. Oggi abbiamo più strumenti e più conoscenze per aiutare i nostri ragazzi. Molte buone pratiche sono state sperimentate e hanno aperto strade che possono utilmente essere percorse. Ma tanto c’è da fare ancora. Insieme.
Per questo voglio ringraziare le associazioni qui presenti – ANFFAS, ANGSA, AIPD, FISH e FAND – per la coesione che hanno dimostrato nel costruire questa occasione di incontro e di riflessione. Mi auguro che il lavoro in comune continui e si sviluppi, producendo così i frutti migliori.
La disabilità intellettiva abbraccia uno spettro ampio di condizioni, dalla sindrome di Down ai diversi disturbi dell’autismo, alle molteplici forme di disabilità dalle cause complesse o indeterminate. Questo deve ulteriormente spingervi a unire le forze: per accendere i riflettori sugli ostacoli che si incontrano, per alleviare gli affanni di famiglie talvolta stremate, per spingere le istituzioni a fare meglio e di più, per contrastare i pregiudizi che circondano queste condizioni e spesso nascondono indifferenza o egoismo. Uniti siete più forti e potete dare di più. Ai vostri figli e a tutta la società. Vincere l’isolamento è il primo passo per incamminarsi sul sentiero dell’inclusione, con efficacia maggiore.
Abbiamo una Costituzione che ci incoraggia. Abbiamo una legislazione avanzata nell’affermare i diritti delle persone con disabilità, e che di recente è ulteriormente progredita, come dimostra la legge sulla diagnosi, la cura e l’abilitazione delle persone con problemi dello spettro autistico e sull’assistenza alle famiglie.
La questione da affrontare è l’attuazione di queste disposizioni. Il terreno su cui misurarsi è rappresentato dalle concrete politiche sociali che devono tradurre in realtà gli indirizzi di fondo. Gli ostacoli sono le risorse scarse e la disparità di trattamento, tra territori e ambienti diversi, tra Nord e Sud, tra piccoli e grandi centri, tra fasce di reddito. Il rischio, insomma, è di aggiungere disuguaglianze a disuguaglianze. Non possiamo permettere che i programmi di inclusione sociale siano compressi o vanificati. Non possiamo accettare che tanti diventino “cittadini invisibili”. È un tema che ci riguarda tutti: istituzioni, corpi sociali, famiglie, singole persone.
Riguarda il servizio sanitario – e ringrazio la ministra Lorenzin per le considerazioni che ha svolto e per gli impegni che ha manifestato – che è sfidato proprio nella sua dimensione di servizio universale. Ho ricordato che stiamo parlando di cittadini, non di pazienti. Tuttavia, laddove la tutela sanitaria non è sufficiente, o impone costi sociali e familiari insostenibili, è proprio il percorso di cittadinanza a essere ostruito. Per altro, la tutela sanitaria va integrata con pratiche e competenze che implicano professionalità e multidisciplinarietà. Va integrata con la solidarietà e la sensibilità dei corpi sociali e delle strutture intermedie delle varie istituzioni. In questo modo si afferma la dignità di ogni essere umano e il suo diritto alla vita.
L’autodeterminazione della persona è al tempo stesso punto di partenza e traguardo di una piena cittadinanza. È il cuore della Convenzione ONU.
Nella Dichiarazione di Roma, che è stata ricordata poc’anzi, si è compiuto un passo ancora ulteriore: la piena cittadinanza deve portare all’“auto-rappresentanza”. “Niente su di noi, senza di noi” è il motto che riassume anni di confronto tra diritto e società, tra istituzioni e associazioni che si battono per la dignità delle persone con disabilità. Non è un percorso facile. Ma vale la pena compierlo, come voi testimoniate ogni giorno.
So bene quanto grande sia il cruccio delle famiglie: “cosa avverrà dopo di noi?” . Ne ha parlato magistralmente Clara Sereni. Un’angoscia che pesa, a volte, più della fatica fisica e delle rinunce a cui ci si sottopone per amore.
Il “dopo di noi” è un tema sociale, direi un dovere civico che tocca tutti e ciascuno, non soltanto i familiari delle persone con disabilità. È fuori dallo spirito e dalla lettera della Costituzione chi pensa, egoisticamente, che la solidarietà sia a carico esclusivamente di altri.
Oggi cogliamo progressi nella normativa e nella previsione di investimenti pubblici: vuol dire che il tema è all’ordine del giorno e sta a noi verificare e incalzare.
Le compatibilità economiche stressano il sistema di welfare, spingendo verso cambiamenti: non è una sfida a cui possiamo sottrarci, tuttavia in questa sfida dobbiamo sempre preservare i valori di libertà, di solidarietà, di uguaglianza in cui crediamo che sono l’essenza della nostra Costituzione. L’innovazione è necessaria, ma non certo la discriminazione. Un welfare attento alle persone con disabilità non deve abbandonare i familiari nell’incubo del “dopo di noi”, perché la presa in carico della persona è un percorso graduale, che garantisce forme di assistenza diverse durante tutto il corso della vita. Garantisce cittadinanza, dunque inclusione nella società, a partire dalla scuola e dal mondo del lavoro.
L’Italia è stata all’avanguardia nell’inclusione scolastica delle persone con disabilità, abolendo le scuole e le classi “speciali”. Una scelta di grande valore educativo, non solo perché rifiuta logiche ghettizzanti, ma perché consente a tutti i bambini di entrare sin dall’infanzia in contatto con le diversità, di conoscerle e abbattere così le barriere del pregiudizio.
Occorre tuttavia impegnarsi nel concreto perché l’inclusione scolastica sia pienamente effettiva. Il sostegno a scuola talvolta non è sufficiente, e ciò provoca esclusione, o forti limitazioni, all’alunno con disabilità. È necessario fare di più, come voi chiedete, sia in termini di quantità che di qualità.
È necessario farlo anche nel campo del lavoro. Il diritto al lavoro è fondamentale per la libertà e per l’autodeterminazione. Come lo è il diritto a un’equa retribuzione, purtroppo non sempre corrisposta.
Vi sono ancora imprese che preferiscono subire sanzioni economiche piuttosto che ottemperare alle norme sull’inserimento lavorativo delle persone con disabilità. È questo un segno di scarsa maturità del sistema, a cui occorre rispondere con un impegno maggiore, ad esempio agevolando forme di tirocinio o di praticantato, che favoriscano l’avvicinamento della persona con disabilità e sviluppino le sue competenze e professionalità.
Anche lo sport è un volano di inclusione e di crescita comunitaria. Saluto gli atleti presenti e ringrazio di cuore Nicole Orlando per la maglia che ha voluto regalarmi. La considero un simbolo augurale per tutti gli atleti italiani che si stanno preparando alle ormai prossime Olimpiadi e Paralimpiadi di Rio de Janeiro.
Anche l’arte è un grande veicolo, come Gabriele ci ha dimostrato questa mattina.
Non dobbiamo mai dimenticare che la battaglia di civiltà che voi conducete non si esaurisce nelle norme, per quanto ben scritte. Le dinamiche economiche e sociali possono condizionare l’esercizio effettivo dei diritti e l’efficacia degli strumenti a disposizione. Ancor più, quindi, si manifesta importante la crescita culturale del Paese.
La cultura, in questo campo, non è una questione che riguarda soltanto le élites o le accademie. La cultura è la conoscenza diffusa, il senso di umanità, il valore che si attribuisce alla solidarietà e alla differenza. Aumentare la forza culturale di un Paese vuol dire sviluppare le opportunità e renderlo ancora più aperto al futuro. Vuol dire rendere più dinamica, e insieme più coesa, l’intera comunità nella quale viviamo. Un Paese è più ricco se percepisce le diversità come un fattore di ricchezza. È più povero se comprime la libertà di alcuni, facendoli sentire emarginati, limitando le loro possibilità, i loro talenti.
Ci vuole coraggio. Ma è il coraggio di sentirsi cittadini e di lavorare per un Paese migliore. Grazie a tutti voi per quello che fate per l’Italia nel vostro impegno quotidiano.