In un suo interessante saggio, l’avvocato Francesco Marcellino contesta, con ampia e documentata argomentazione, la tesi esposta nella Sentenza 25011/14, prodotta a Sezioni Unite dalla Corte di Cassazione, la quale aveva ritenuto che competenti a decidere sulle cause relative alle ore di sostegno non dovessero più essere i TAR (Tribunali Amministrativi Regionali), come affermato invece nella precedente Ordinanza a Sezioni Unite 1144/07, ma i Tribunali Civili.
La più recente Sentenza della Cassazione aveva sostanzialmente motivato questo suo nuovo orientamento sostenendo che la riduzione del numero di ore di sostegno indicato nel PEI (Piano Educativo Individualizzato) costituisca una discriminazione ai danni degli alunni con disabilità, ai sensi della Legge 67/06 (Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni) e siccome tale Legge stabilisce che in materia di discriminazione la competenza sia del Tribunale Civile, sostiene la Cassazione che tutte le volte in cui vengano ridotte le ore di sostegno rispetto a quelle indicate nel PEI, manchi discrezionalità amministrativa e ci si trovi di fronte a una discriminazione, di competenza pertanto del Tribunale Civile.
L’avvocato Marcellino passa in rassegna la normativa e la giurisprudenza dall’Ottocento a oggi, sino a pervenire alla norma contenuta negli articoli 7 e 133 del recente Codice del Processo Amministrativo, approvato con il Decreto Legislativo 104/10, ove, in materia di servizi delle Pubbliche Amministrazioni, viene attribuita ai TAR la competenza esclusiva sia degli interessi legittimi – come succede normalmente -, sia anche dei diritti soggettivi, che normalmente, invece, sono di competenza dei Tribunali Civili.
In base dunque a questa competenza esclusiva in materia del servizio pubblico dell’inclusione scolastica, Marcellino sostiene che le cause relative alle ore di sostegno siano di competenza dei TAR. Egli afferma infatti che non possano essere di competenza del Giudice Civile, in forza della citata Legge 67/06, perché altrimenti tutte le questioni relative alle persone con disabilità riguarderebbero la materia della discriminazione e ciò non è vero, dal momento che la stessa Legge 67/06 prevede la possibilità di rivolgersi ai TAR anche per fare annullare atti amministrativi discriminatori.
La Sentenza della Cassazione 25011/14 viene inoltre criticata anche laddove sostiene che, una volta indicato nel PEI il numero delle ore di sostegno da assegnare, debba venir meno la discrezionalità dell’Amministrazione nel ridurre tale numero di ore e quindi la controversia debba essere in tali casi affidata al Tribunale Civile, dal momento che si sarebbe in presenza di un diritto soggettivo costituzionalmente garantito, il cui nucleo essenziale non può essere scalfito dall’Autorità Amministrativa.
Ebbene, anche su questa affermazione Marcellino obietta che il PEI è un atto amministrativo, frutto della discrezionalità delle Amministrazioni che contribuiscono a formularlo (Scuola, ASL ed Enti Locali, in collaborazione con la Famiglia). Anche alla luce di ciò, quindi, le controversie sul sostegno dovrebbero essere di competenza dei TAR.
Alle argomentazioni dell’avvocato Marcellino, ci permettiamo di aggiungerne alcune altre, sottolineando innanzitutto che nemmeno da parte nostra può essere accettata la tesi espressa nella Sentenza della Cassazione 25011/14, secondo cui l’insufficiente numero di ore di sostegno assegnate costituirebbe di per sé una discriminazione, ciò anche, e soprattutto, per la motivazione che ne dà la Cassazione stessa, sostenendo che tale discriminazione si sostanzia nel fatto che alla riduzione delle ore di sostegno assegnate all’alunno con disabilità non corrisponda contemporaneamente la riduzione di ore curricolari per gli alunni senza disabilità. Questa motivazione, infatti, è di per sé radicalmente contraria alla logica inclusiva, mettendo in parallelo e differenziando totalmente le ore di sostegno assegnate all’alunno con disabilità e le ore curricolari assegnate ai compagni senza disabilità. In pratica, se tale motivazione fosse vera salterebbe alla radice tutte la cultura inclusiva scolastica e la normativa conseguente, in particolare l’articolo 13, comma 6 della Legge Quadro 104/92, laddove si afferma che il docente per il sostegno didattico deve assumere la contitolarità della classe e partecipare a tutte le attività di programmazione e verifica per tutti gli alunni.
Sarebbe altresì in contrasto anche con il disposto dell’articolo 19, comma 11 della Legge 111/11, ove si afferma che «la scuola provvede ad assicurare la necessaria azione didattica e di integrazione per i singoli alunni disabili, usufruendo tanto dei docenti di sostegno che dei docenti di classe».
A proposito poi della natura del PEI, oltre a quanto già affermato nel suo saggio da Francesco Marcellino, che condividiamo, può aggiungersi un’ulteriore osservazione: la Sentenza 25011/14 della Cassazione stabilisce che – una volta indicato nel PEI il numero di ore di sostegno da assegnare – l’Amministrazione perda qualunque potere discrezionale circa la riduzione di tale numero di ore, facendone conseguire la comptenza del Giudice Ordinario, che invece rimarrebbe al Giudice Amministrativo solo quando nel PEI non venisse indicato tale numero di ore.
In tal senso si propone una contraria argomentazione testuale. Sia il Decreto del Presidente del Consiglio (DPCM) 185/06 (articolo 3, comma 2), sia la Legge 122/10 (articolo 10, comma 5) stabiliscono che nel PEI vengano formulate «proposte relative all’individuazione delle risorse necessarie, ivi compresa l’indicazione del numero delle ore di sostegno». Se dunque la normativa stabilisce che il numero delle ore di sostegno da assegnare debba essere oggetto di una «proposta» contenuta nel PEI, ciò conferma per un verso che il PEI stesso è un atto amministrativo discrezionale e per altro verso che esso non è un atto definitivo e vincolante, ma un “atto presupposto” rivolto all’Ufficio Scolastico Regionale, il quale è l’organismo amministrativo, dotato di discrezionalità, che decide sulla conferma o meno di tale numero di ore.
Come tutti gli atti amministrativi, dunque, tale decisione è soggetta al vaglio e all’annullamento da parte del Giudice Amministrativo, laddove si riscontrino in esso vizi di legittimità, come ad esempio l’insufficiente o assente motivazione o la motivazione fondata esclusivamente su carenze di bilancio.
Questo e i temi precedenti sono stati anche oggetto, ricordiamo infine, di un ampio articolo di Federico Girelli, pubblicato lo scorso anno dalla rivista «Giurisprudenza Costituzionale», che concorda con i nostri rilievi.
Dopo quella Sentenza del 2014, dunque, è successo che alcuni TAR abbiano iniziato a rigettare i ricorsi presentati dalle famiglie, rinviando appunto la questione ai Tribunali Civili. Al contrario, altri TAR hanno continuato a sentenziare, rivendicando la propria competenza sulla materia, e tutto ciò ha causato un grande disorientamento nelle famiglie su quale debba essere la Corte cui rivolgersi per vedere riconosciuti i diritti dei propri figli.
A questo punto, quindi, l’auspicio era che l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, chiamata a decidere anch’essa sulla questione giurisdizionale fra TAR e Tribunali Civili, potesse definire una volta per tutte la questione, ciò che invece, purtroppo, non è del tutto accaduto.
Infatti, con la Sentenza 7/16 del 12 aprile scorso, delimitando il campo d’indagine al solo periodo antecedente alla formulazione del PEI, la stessa Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha riaffermato la competenza dei TAR per le controversie relative all’assegnazione di ore di sostegno, senza tuttavia nulla aggiungere o togliere a quanto già stabilito dalla precedente Sentenza della Cassazione.
Essa ha in pratica dribblato il problema relativo a chi spetti la giurisdizione nei casi di provvedimenti successivi alla formulazione del PEI e contrastanti con esso, settore di giurisdizione che, come spiegato in precedenza, la Cassazione aveva attribuito ai Tribunali Civili, cosicché il problema per questo secondo aspetto rimane ancora aperto e ci si augura che possa essere presto risollevato di fronte all’Adunanza Plenaria, costringendola in tal modo a pronunciarsi sull’intera questione.
E così, come accennato in precedenza, continua l’orientamento ondivago delle Corti, con pronunciamenti di segno diverso tra loro. Uno dei più recenti, ad esempio, è quello prodotto dal TAR del Lazio, con l’Ordinanza n. 3212 del 14 marzo scorso, ove si è ritenuto che anche in assenza di ore indicate nel PEI, la competenza debba spettare al Tribunale Civile, trattandosi di diritti soggettivi la cui violazione comporta discriminazione. Il TAR stesso, quindi, ha rimesso gli atti alla Cassazione, che ha la competenza per risolvere questi conflitti di giurisdizione.