Il Rapporto Osservasalute 2015 – documento prodotto annualmente dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, allo scopo di fotografare lo stato di salute e la qualità dell’assistenza nei territori regionali e del cui capitolo su Salute e disabilità ci siamo già ampiamente occupati in altra parte del giornale – ha confermato l’allarme lanciato dall’ISTAT all’inizio di quest’anno, ovvero che in Italia, per la prima volta, l’aspettativa di vita diminuisce e che, come ha dichiarato Walter Ricciardi, fondatore e direttore dell’Osservatorio, «è possibile una correlazione con i tagli alla sanità e in particolare con la scarsa prevenzione, il calo delle vaccinazioni e i pochi screening oncologici», sottolineando poi che «destinando un misero 4,1% della spesa sanitaria totale alla prevenzione l’Italia è di fatto la Cenerentola d’Europa».
«L’interpretazione dei dati di Osservasalute 2015 – commenta in una nota Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE, organizzazione costituita dall’Associazione Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze, che qualche anno fa ha lanciato anche il Progetto Salviamo il nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN) – è in linea con quanto anche da noi recentemente sostenuto: la “miscela letale” tagli + sprechi, oltre a compromettere la qualità dell’assistenza, inizia a fare sentire i suoi effetti sull’aspettativa di vita degli Italiani. E tuttavia, se è indiscutibile che il finanziamento pubblico del Servizio Sanitario Nazionale sia ormai sceso a livelli di guardia, è altrettanto vero che le attuali modalità di pianificazione e organizzazione dei servizi sanitari non producono un adeguato ritorno di salute dalle risorse investite perché generano sprechi a tutti i livelli».
«In quest’ottica – aggiunge Cartabellotta – gli screening oncologici rappresentano un esempio paradigmatico perché le (poche) risorse disponibili non vengono adeguatamente utilizzate dalle Regioni per erogare i LEA (Livelli Ssenziali di Assistenza), e lo Stato, ad eccezione dei Piani di Rientro*, non è mai riuscito a mettere in atto strumenti efficaci per migliorare le performance delle Regioni inadempienti. In tal senso, una nostra recente analisi su undici anni di adempimenti regionali dimostra, nella sua drammatica gravità, la mancata erogazione di screening oncologici efficaci per ridurre la mortalità».
«Il Servizio Sanitario Nazionale – conclude il Presidente di GIMBE – sta dunque affondando non perché esista un disegno occulto di smantellamento e privatizzazione, ma perché manca una programmazione sanitaria adeguata a medio-lungo termine, per garantire la sostenibilità della sanità pubblica. Anche per questo, a tre anni dal lancio della nostra campagna Salviamo il Sistema Sanitario Nazionale, il 7 giugno prossimo presenteremo alle Istituzioni i risultati di ricerche, consultazioni e analisi indipendenti e il piano per la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale 2016-2025, ovvero per i prossimi dieci anni». (S.B.)
*I Piani di Rientro sono parte integrante dei singoli Accordi fra lo Stato e le Regione e si configurano come veri e propri programmi di ristrutturazione industriale che incidono sui fattori di spesa sfuggiti al controllo delle Regioni. Un Piano di Rientro della spesa sanitaria, siglato da una Regione in disavanzo, è finalizzato a ristabilire l’equilibrio economico-finanziario della Regione interessata.
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