Ho letto su «Avvenire» dell’11 giugno scorso una cronaca dell’incontro di Papa Francesco con le persone con disabilità, in occasione del Convegno promosso per il venticinquennale del Settore per la catechesi delle persone disabili dell’Ufficio Catechistico Nazionale CEI (Conferenza Episcopale Italiana) e desidero riportare integralmente quel testo, su cui svolgere successivamente alcuni miei cenni di riflessione.
«“Le diversità ci fanno paura perché andare incontro a una persona che ha una diversità grande è una sfida, e ogni sfida ci fa paura. È più comodo non muoversi, ignorare le diversità, dire che tutti siamo uguali”. Ma “tutti siamo diversi, non c’è uno che sia uguale all’altro”.
Così Papa Francesco, parlando alle persone disabili, accompagnatori e volontari che stanno partecipando al convegno promosso dall’Ufficio Catechistico della CEI per i 25 anni del Settore per la catechesi delle persone disabili, ha ricordato che “le diversità sono proprio la ricchezza”.
“Pensiamo – ha aggiunto – a un mondo dove tutti siano uguali: sarebbe un mondo noioso”. “È vero, ci sono diversità – ha riconosciuto il Papa – che sono dolorose, ma anche quelle diversità ci aiutano, ci sfidano e ci arricchiscono”. “Non aver paura delle diversità è la strada per migliorare, per essere più belli e più ricchi”, ha poi detto Bergoglio, vedendo nella stretta di mano il gesto che si fa per «mettere in comune quello che noi abbiamo”.
“Una cosa che si deve fare” soprattutto nei confronti di chi ha delle “diversità”, è “ascoltare”, praticare “l’apostolato dell’orecchio”. Lo ha detto il Papa rispondendo a domande di malati e disabili.
“‘Ma padre, è noioso ascoltare perché sono sempre le stesse storie, le stesse cose’, ma – ha sottolineato papa Francesco – non sono le stesse persone, e il Signore è nel cuore di ogni persona e tu devi avere la pazienza di ascoltare, accogliere tutti, e credo che con questo ho risposto alle domande, avevo preparato un discorso ma il prefetto lo consegnerà e lo leggerete per conoscerlo, perché leggere un discorso è anche un po’ noioso, e c’è un momento, state attenti, e quando uno comincia a leggere un discorso , un po’ con una certa furbizia tutti cominciano a guardare l’orologio, ‘ma quando finirà questo?’”.
A un parroco che chiuda la porta della chiesa a quanti hanno diversità o disabilità, che li escluda dalla catechesi e dai Sacramenti, “che consiglio può dare il Papa? Ma che consiglio, ‘ma chiudi la porta della chiesa, per favore, o tutti o nessuno’”. Così il Papa alle domande di don Luigi D’Errico, parroco romano, e di Serena, una 25enne in carrozzella dalla diocesi di Pistoia nell’incontro con malati e disabili in aula Paolo VI.
“Pensiamo – ha aggiunto – a un prete che si difende, ‘no capisco tutti, ma non posso accogliere tutti perché non tutti sono capaci di capire’. Sei tu che non sei capace di capire, quello che deve fare il prete, aiutato da laici, da catechisti e da tanta gente, è aiutare a capire, la fede, l’amore, le differenze, come essere amici, le cose che si complementano, come uno può dare una cosa e uno un’altra”.
“Spesso si giustifica il rifiuto – ha proseguito Papa Francesco – dicendo: ‘tanto non capisce’, oppure: ‘non ne ha bisogno’. In realtà, con tale atteggiamento, si mostra di non aver compreso veramente il senso dei Sacramenti stessi, e di fatto si nega alle persone disabili l’esercizio della loro figliolanza divina e la piena partecipazione alla comunità ecclesiale”.
“Il Sacramento – ha precisato il Papa – è un dono e la liturgia è vita: prima ancora di essere capita razionalmente, essa chiede di essere vissuta nella specificità dell’esperienza personale ed ecclesiale. In tal senso, la comunità cristiana è chiamata a operare affinché ogni battezzato possa fare esperienza di Cristo nei Sacramenti”».
Avevo letto, quando ero dirigente nazionale del Movimento Apostolico Ciechi, i bei discorsi svolti alle persone con disabilità da Paolo VI, da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI, di grande profondità culturale nel proclamare i diritti umani di tali persone all’inclusione sociale ed ecclesiale. Ma il tono di questo incontro con Papa Francesco è del tutto fuori del protocollo, come ha affermato lo stesso Pontefice nel mettere da parte il discorso scritto preparato e parlando a braccio, rispondendo anche alle domande che gli sono state rivolte.
Innanzitutto egli ha evidenziato come affermare il valore dell’uguaglianza di tutti possa celare il rifiuto di impegnarsi a scoprire la diversità di ciascuno e la ricchezza di tale diversità. Mi ha poi colpito la critica a quanti vorrebbero negare la formazione religiosa e la partecipazione ai Sacramenti, specie alla Comunione, dei ragazzi e dei giovani in particolare con disabilità intellettive, con la motivazione che «tanto non capiscono…». Il Papa ha insistito invece sul valore di vita vissuta dei Sacramenti e della liturgia nell’ambito della comunità cristiana, che deve farsi accogliente nella prassi, più che pensare alla teorizzazione delle formule del catechismo.
Tale prassi di accoglienza è la vera imitazione di Gesù che accoglieva tutti, specie quanti erano esposti al rischio di emarginazione o erano effettivamente emarginati. E a imitazione di Gesù, che non era tenero con gli ipocriti, il Papa conclude in modo pastoralmente rivoluzionario: «Se il prete non accoglie tutti, chiuda la porta della chiesa».
Queste sono indicazioni importantissime per un radicale e generalizzato cambiamento pastorale che ancora non ha pervaso tutti gli ambienti ecclesiali, anche se in molte parrocchie i gruppi di volontariato sono seriamente impegnati per un’accoglienza non pietistica, ma di vera inclusione.
A margine delle riflessioni di Salvatore Nocera, annotiamo anche quanto dichiarato in una nota dall’AIPD (Associazione Italiana Persone Down), che «esprime un caloroso grazie a Papa Francesco per le sue parole che spazzano via i pregiudizi nei confronti delle persone con disabilità che ancora affiorano talvolta nella Chiesa stessa, mentre ai suoi piedi giocano due bambine con la sindrome di Down».
«Durante quell’incontro – viene sottolineato ancora dall’AIPD – il Papa, circondato da una vivace folla, desiderosa di ascoltare le sue parole, afferma come la diversità sia fonte di ricchezza, in quanto elemento di cambiamento che può aiutare le persone a superare quella paura che si crea davanti a una nuova situazione. Molto spesso, infatti, è più facile e meno faticoso rimanere all’interno dei propri limiti, anziché sforzarsi di vedere con occhi diversi l’altro, in quanto ciò richiede un impegno maggiore. La diversità, quindi, diviene ricchezza nel momento in cui è acquisita come “la strada per migliorare, per essere più belli e più ricchi” e si può diventare più ricchi anche solo attraverso un semplice gesto concreto: la stretta di mano».
«Oltre al tema della diversità come fonte di ricchezza – conclude la nota dell’AIPD -, il Papa, facendo l’esempio di Serena seduta sulla sedia a rotelle che parla di discriminazione, afferma che tutti devono avere la possibilità di ricevere i Sacramenti e come ultimo argomento il Pontefice dichiara come nella Pastorale della Chiesa si facciano molte cose belle, ma ancor più necessario sia avere un “apostolato dell’orecchio”, dando cioè maggiore attenzione all’ascolto delle persone».