Il testo approvato nei giorni scorsi alla Camera della cosiddetta Legge sul “Dopo di Noi” [“Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare”, N.d.R.] porta con sé tante contraddizioni, caratterizzandosi, a parere di chi scrive, come una “cornice di una foto sbiadita”. Se questo è infatti il risultato, dopo anni in cui si sono susseguite Proposte di Legge e innumerevoli sollecitazioni da parte delle associazioni dei familiari, non possiamo che esprimere tutta la nostra amarezza. Ci aspettavamo un po’ più di coraggio, da parte del Legislatore, e soprattutto risorse adeguate per cambiare la condizione in cui vivono ancora oggi moltissime persone con disabilità all’interno di strutture segreganti, come purtroppo testimoniano i tanti fatti di cronaca recente.
La contraddizione più evidente è il riferimento, presentato come un’importante novità, al progetto di vita individualizzato, come base di attuazione della nuova norma, in ossequio al diritto all’autodeterminazione sancito dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, principio, però, già previsto e poco attuato da una Legge promulgata oltre sedici anni fa, la Legge 328/00.
Per quanto poi riguarda i circa 180 milioni assegnati al Fondo per i prossimi tre anni, essi sono solo una goccia in un mare di risorse che attualmente vengono già spese per l’assistenza a persone con disabilità grave, per di più senza un minimo di progettualità.
Altro punto: quasi tutte le esperienze innovative di residenzialità diffuse sul territorio nazionale – che rappresentano una visione alternativa all’istituzionalizzazione – sono state promosse, realizzate e gestite in maniera prevalente da soggetti del Terzo Settore e soltanto in rari casi con il coinvolgimento diretto degli Enti Pubblici, mediante accordi di co-progettazione.
Questo la dice lunga sulle reali possibilità prospettate dalla nuova norma di invertire la tendenza: infatti, senza la spinta propulsiva delle famiglie e delle associazioni che le rappresentano – che in questi anni si sono rimboccate le maniche e affrontato grandi difficoltà quasi in solitudine – non si va da nessuna parte.
E concludo lanciando una sfida a quanti oggi plaudono alla promulgazione di questa Legge come a una reale svolta. Abbiamo appena concluso, all’interno dell’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità*, un lungo lavoro durato quasi tre anni per la redazione delle linee guida relative all’attuazione dell’articolo 19 della Convenzione ONU [“Vita indipendente ed inclusione nella società”, N.d.R.], affrontando nel dettaglio il tema del “Dopo di Noi” e degli strumenti necessari per rendere possibile una reale vita indipendente. Un documento molto preciso e dettagliato, ma sopratutto condiviso da tutti i componenti dell’Osservatorio, rappresentanti delle Istituzioni e delle Associazioni maggiormente rappresentative del mondo della disabilità.
E dunque – in attesa anche che le Regioni si dotino in tempi brevi di piani attuativi in grado di interpretare fino in fondo lo spirito della Legge – facciamo sì che dai princìpi si passi all’attuazione concreta di modalità condivise e che queste diventino patrimonio di tutti, da chi ha il potere decisionale di allocare le risorse per favorire il cambio di passo, fino agli operatori che devono garantire il massimo della professionalità, perchè non abbiamo più bisogno di assistenzialismo fine a se stesso, ma di investire con coraggio nel futuro, quel futuro possibile che ci chiedono continuamente i nostri figli.
*L’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità è l’organismo previsto dalla Legge 18/09 di ratifica della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, della quale tutela, monitora e promuove i princìpi.
Presidente del CoorDown (Coordinamento Nazionale Associazioni delle Persone con Sindrome di Down).
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