«Come molti ricorderanno – si legge in una nota diffusa dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) – nel 2008 i “nuovi” LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) erano dati già per vigenti, ma, per varie vicissitudini, accade che a tutt’oggi, ben otto anni dopo, il loro aggiornamento sia ancora scandalosamente da approvare, con un testo che ondeggia tra l’approvazione della Conferenza Stato-Regioni e la valutazione della reale copertura da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze. A fronte quindi di esiti al momento imperscrutabili, rimane ora il testo proposto nei giorni scorsi alle Regioni dal Ministro della Salute, di concerto con quello dell’Economia e delle Finanze, che lascia notevolmente insoddisfatto chi, come noi, si attendeva una svolta netta nella direzione dei princìpi della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità».
«La Convenzione ONU – spiegano infatti dalla Federazione – descrive un sistema non assistenzialistico, né compensativo della menomazione, indicando piuttosto una proiezione verso processi e sostegni (servizi) finalizzati all’inclusione sociale e alla partecipazione attiva alla vita di comunità. Al contrario, nei futuri LEA ciò che riguarda le prestazioni riabilitative, la parte di integrazione socio-sanitaria e gli ausili e protesi, risente di una vetusta impostazione, impropria persino se si seguono le direttive dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Eppure il nostro Paese ha prodotto buone pratiche, riconducibili ai diritti fondamentali, come il Budget di Salute o i Centri per gli Ausili o, ancora, le Agenzie per la Vita Indipendente, servizi decisamente avanzati anche nel panorama internazionale, che non trovano però riscontro alcuno, nemmeno nello spirito, nei “nuovi” LEA».
«A ciò si aggiunga il fatto – sottolinea Vincenzo Falabella, presidente nazionale della FISH – che nemmeno le recenti Leggi sull’autismo (Legge 134/15) e sul “Dopo di Noi” (Legge 112/16) vengono recepite. Nel primo caso, infatti, si tratta di sviluppare servizi in grado di garantire un’adeguata presa in carico di persone ad alto bisogno assistenziale con necessità di un’elevata qualificazione tecnico-professionale. Nel secondo caso, invece, di riconoscere che una Legge dello Stato sostiene con chiarezza che bisogna procedere a forme di de-istituzionalizzazione delle persone con disabilità residenti in strutture socio-sanitarie, che spesso sono nel mirino dei NAS e definite dalla stampa come “veri e propri lager”».
Siamo dunque, secondo la Federazione, di fronte a un quadro a dir poco deludente, «che ignora le innovazioni indicate a livello internazionale e ratificate dal nostro Paese, nonché da altre norme di recentissima approvazione».
«Riteniamo pertanto – conclude Falabella – che vada considerata l’opportunità di operare alcuni stralci e in tal senso pensiamo alla parte socio-sanitaria o a quella degli ausili e della riabilitazione, che finora non erano incluse nei LEA, ma erano il risultato di altri provvedimenti e accordi fra Stato e Regioni. Analoga riflessione valga per l’autismo: grazie infatti alla recente normativa, gli interventi diagnostici, di cura e di abilitazione potrebbero essere meglio regolati e attuati al di fuori del monolitico impianto dei LEA. Stralciare quelle parti, quindi, consentirebbe, a parer nostro , di raggiungere in modo efficace e congruente obiettivi più elevati e condivisi, su àmbiti di enorme rilevanza». (S.B.)
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