Ve lo ricordate Carlo Cottarelli? Sì, Cottarelli, il commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica, prima di essere silurato da Renzi forse per il suo eccesso di rigore. Aveva condotto una profonda analisi in funzione della spending review, disamina tanto ramificata che forse qualche svarione era scappato pure a lui, pur abile e scafato professionista.
Una bufala di sicuro riguardava – ora è evidente – gli invalidi civili e le indennità di accompagnamento. Al tempo fummo in pochissimi ad evidenziarla, pur a fronte dell’ennesima demagogica campagna di stampa. Vi cascarono a piè pari anche illustri commentatori di ancor più illustri testate giornalistiche. Talvolta in malafede.
Nei primi mesi del 2014, dunque, il commissario Cottarelli, ancora in grande auge, presentò le sue Proposte per una revisione della spesa pubblica (2014-2016) e fra gli interventi vagheggiati c’erano anche due ipotesi di azione sulle provvidenze assistenziali riservate agli invalidi, ciechi e sordi civili.
Gli interventi derivavano dalla constatazione di presunti «picchi territoriali» nella concessione delle provvidenze assistenziali, in particolare rivolte agli anziani invalidi, non giustificabili – a parere del Commissario – dai flussi demografici, e quindi potenzialmente imputabili ad «abusi» (così definiti dal testo diffuso). In alcune Regioni il numero delle provvidenze economiche agli invalidi civili sarebbe risultato, infatti, percentualmente molto superiore a quello delle stesse concesse in altre Regioni.
Insomma: a giudizio del Commissario c’era del marcio! Stampa e improvvisati analisti, oltre che qualche politico, calvacarono alla grande la “notiziona”, vellicando la pancia dei lettori più irascibili, stimolando quella dei più distratti, soffiando sui luoghi comuni e sul pregiudizio.
Il Commissario Straordinario suggeriva, dunque, due ordini di interventi. Il primo di controllo sugli “abusi”, il secondo di un’indifferibile introduzione della prova dei mezzi (limite reddituale sulle indennità di accompagnamento).
Al tempo contestammo l’analisi proposta [in fondo alla pagina e nella colonnina a destra rimandiamo agli articoli e agli studi pubblicati fra marzo 2014 e settembre 2015, N.d.A.], con motivate e circostanziate controdeduzioni, bellamente ignorate dalla stampa, sia generalista che di settore.
Facevamo in pratica rilevare come gli “strani picchi” di Cottarelli fossero spiegabili senza ricorrere all’abusata teoria degli abusi: le Regioni con la più alta spesa sociale rivolta agli anziani sono anche quelle con la minore spesa per trattamenti assistenziali agli invalidi civili ultrasessantacinquenni. In altre parole, meno si spende per gli interventi e i servizi sociali e più le persone ricorrono all’indennità di accompagnamento. Ma nell’esame di Cottarelli mancava anche qualsiasi riferimento a possibili e probabili differenze epidemiologiche, reddituali, sociali.
La stessa abborracciata affermazione che vi fossero pochi controlli e disparità nei criteri di accertamento cozzava con l’evidenza dei fatti: 1.250.000 controlli straordinari dal 2009 al 2015 concentrati proprio nelle Regioni “incriminate”, e un sistema di accertamento a doppio livello (ASL più INPS), con il coinvolgimento di decine di migliaia di medici e milioni di visite ogni anno.
Per inciso, sui costi di queste verifiche e sull’attuale sistema di accertamento di invalidità non è stato effettuato alcun controllo di spesa né, peggio, proposta di revisione della stessa.
A settembre del 2015, chi scrive – assieme a Daniela Bucci, responsabile di «Condicio.it – Dati e cifre sulla condizione delle persone con disabilità», presentò l’ennesima analisi di dettaglio ad un convegno della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap). Si trattava del report intitolato Persone con disabilità in Italia, fra dati ufficiali e luoghi comuni, ove si smontava ulteriormente la tesi di Cottarelli che comunque imperversava ancora nella peggiore stampa e nei più urlati talk-show.
«Bella storia: ma qual è ’a morale?», ci chiederebbe impaziente Gigi Proietti. Aspetta. La storia ha una nuova puntata… Il Rapporto Annuale INPS 2015, presentato un paio giorni fa. Ed è una fonte dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, non di una chiacchiera alla “Trattoria dei buiaccari” o tratta da una paginetta movimentista di Facebook!
E questa volta non siamo noi, ma l’INPS a prendere sonoramente a ceffoni (pur fra ironici condizionali) la teoria dei “picchi territoriali” e il pregiudizio che l’accompagna (le pagine sono quelle dalla 87 in poi). Afferma infatti l’INPS che «una parte importante della variabilità territoriale nel numero di beneficiari dell’indennità di accompagnamento possa essere spiegata dalla struttura demografica, da misure della pressione epidemiologica e dal contesto socio-economico osservato nel contesto territoriale di riferimento».
Oltre all’attenta lettura dei dati epidemiologici (patologie soprattutto oncologiche) differenti per Provincia, che spiegano ancora i picchi territoriali, l’Istituto indica come «particolarmente significativa […] la relazione tra numero di indennità di accompagnamento erogate e le variabili di contesto economico, mostrando come le prestazioni […] siano più diffuse nelle province più povere: il numero di beneficiari infatti è inferiore nelle province con più alto valore aggiunto pro-capite e con un importo medio dei redditi da pensione più alto. Si nota infine che maggiore è la disuguaglianza nei redditi da pensione individuali maggiore è il numero di beneficiari di indennità di accompagnamento a livello provinciale».
Ma non è tutto; prosegue il Rapporto INPS: «L’analisi parrebbe suggerire che in alcuni contesti territoriali altre caratteristiche […] (tra queste ad esempio, il differente grado di copertura e di spesa dei comuni per sostegno ad anziani e disabili) contribuiscono a spiegare la variabilità del numero di beneficiari di indennità di accompagnamento ma potrebbero anche segnalare i casi dove i criteri di eleggibilità potrebbero essere applicati con minor rigore».
Insomma, quand’anche fosse vero che in alcuni contesti le commissioni sono più di “manica larga” (il che rimane da dimostrare), ciò, guarda caso, accade dove è infima la spesa per servizi sociali e socio-sanitari per gli anziani e le persone con disabilità.
Ne abbiamo dunque a sufficienza per seppellire la teoria degli “abusi” e dei “picchi territoriali” e per aprire piuttosto una seria riflessione sulle politiche per l’inclusione, di contrasto alla povertà e all’impoverimento che – quelle sì – patiscono di vergognosi picchi territoriali.
E a proposito di povertà… anche il vecchio refrain secondo cui si può qualificare (dicono così) la spesa assistenziale, ponendo dei limiti reddituali all’indennità di accompagnamento, viene smantellato da un’austera tabella a pagina 86. Vi scopriamo infatti che il 68,8% dei titolari di indennità di accompagnamento ha un reddito compreso fra 0 e 15.000 euro e che il 95,2% dei titolari sta sotto i 30.000 euro, mentre solo lo 0,7% (13.000 persone) contano su un reddito o una pensione sopra i 50.000 euro. Con gli 80 milioni di spesa assistenziali corrispondenti non è che si qualifichi un granché, come non si fanno “le nozze con i fichi secchi”.
Insomma, anche la fandonia della “moltitudine dei ricconi” che percepiscono comunque l’indennità di accompagnamento è da archiviare con ignominia, con buona pace di chi vi ha costruito articolate elaborazioni per un futuro secondo o terzo welfare.
Siamo certi – ahinoi! – che tali evidenze non conteranno sull’enfasi demagogica di cui ha goduto la tesi degli abusi territoriali. Ma tant’è: le bugie hanno la lingua lunga, ma le gambe corte.
Per approfondire ulteriormente i temi trattati, consultare innanzitutto i testi pubblicati dal nostro stesso giornale e indicati nella colonnina qui a destra. E inoltre:
– INPS, Rapporto annuale 2015.
– Persone con disabilità in Italia, fra dati ufficiali e luoghi comuni (settembre 2015).
– Indennità di accompagnamento, “abusi” e spending review (marzo 2014).