Anziché ascoltare, si è preferito discriminare!

E così ora è stato un Tribunale a ordinare alla Provincia di Pavia di cessare la propria condotta discriminatoria, consistente nella mancata eliminazione delle barriere in una nota struttura della città lombarda. Fondamentale, per il risultato ottenuto, la battaglia condotta dalle organizzazioni appartenenti alla Federazione lombarda LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità), dalle quali commentano che «per non arrivare alle Aule del Tribunale, sarebbe bastato un maggiore spirito di collaborazione e di ascolto da parte dell’Amministrazione locale»

Settembre 2013: protesta di Catia Pietra e Fabio Pirastu, davanti alla Sala dell'Annunciata di Pavia

Risale al settembre del 2013 questa immagine di Catia Pietra del Comitato di Coordinamento Pavese per i Problemi dell’Handicap e di Fabio Pirastu, presidente della UILDM di Pavia (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), che protestano per le barriere della Sala dell’Annunciata

Il Tribunale di Milano ha condannato la Provincia di Pavia per «condotta discriminatoria» nei confronti delle persone con disabilità, tramite un’Ordinanza emessa nei giorni scorsi, a conclusione di una vicenda che si trascina ormai da alcuni anni (di cui ci eravamo occupati anche nel nostro giornale), quella cioè della Sala dell’Annunciata, storica struttura dalla vocazione polifunzionale, situata in Piazza Petrarca a Pavia.
In essa, dunque, malgrado i lavori di ristrutturazione effettuati qualche tempo fa, non sono state eliminate le barriere architettoniche presenti, anzi, ne sono state create di nuove, cosicché alle persone con disabilità motoria risulta tuttora impossibile, ad esempio, accedere al palco. Per cercare di risolvere il problema, la Provincia aveva acquistato un cingolato mobile che permette di superare i dislivelli. «Uno strumento che però non consente la piena accessibilità a tutte le persone con disabilità, in modo particolare a chi si sposta con la carrozzina elettrica», commenta Catia Pietra del Comitato di Coordinamento Pavese per i Problemi dell’Handicap, referente per la Provincia di Pavia della LEDHA, la Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità, che è a propria volta la componente lombarda della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap). «Cosicché – aggiunge – dopo anni di appelli inascoltati, la Provincia di Pavia è ora obbligata da un Tribunale a far cessare questa condotta discriminatoria».

La vicenda, come accennavamo, si trascina già da un po’ di anni, ed esattamente dal 2011, quando cioè per la prima volta i rappresentanti delle Associazioni pavesi impegnate nella tutela dei diritti delle persone con disabilità evidenziarono all’Amministrazione i problemi nei lavori di ristrutturazione della Sala dell’Annunciata. «Non siamo stati ascoltati dalle Istituzioni – sottolinea Pietra – e per questo siamo stati costretti, alla fine, a ricorrere al Tribunale, con il Giudice che ha accolto la parte principale del nostro ricorso. E tuttavia molto meglio sarebbe stato per tutti (cittadini, istituzioni, persone con disabilità), se da parte della Provincia ci fosse stato un atteggiamento diverso».

In sostanza, il provvedimento del Tribunale di Milano ha rilevato che l’accessibilità per le persone con disabilità alla Sala dell’Annunziata è assicurata limitatamente alla sola platea (140 posti a sedere di cui due per le persone con disabilità), mentre ne rimane inibito l’accesso alla gradinata ad altezza variabile e ai palchi oratori e consiglieri.
«L’attuale conformazione del luogo – si legge nel dispositivo dell’Ordinanza – non permette agli utenti su sedia a ruote di accedere al palco oratori e alla retrostante piattaforma che ospita i banchi del Consiglio Provinciale, entrambi raggiungibili unicamente, da scale. L’Amministrazione ha cercato di rimediare a questa situazione acquistando un montascale mobile a cingoli che però riesce a sollevare (seppure lentamente e con difficoltà) le sole sedie a rotelle a spinta manuale. Ma il dispositivo non è adeguato al trasporto delle sedie a rotelle elettriche».

«Si è finalmente conclusa una vicenda che si trascinava da troppo tempo – commenta Alberto Fontana, presidente della LEDHA, che con il proprio Centro Antidiscriminazione “Franco Bomprezzi” ha affiancato il Comitato Pavese per tutta la durata del procedimento -, anche se, ancora una volta, per ottenere giustizia e garantire i diritti delle persone con disabilità siamo stati costretti a ricorrere alle Aule del Tribunale, quando invece sarebbe bastato un maggiore spirito di collaborazione e di ascolto da parte dell’Amministrazione locale».
«Ancora una volta – dichiara dal canto suo Gaetano De Luca, avvocato del Centro Antidiscriminazione LEDHA – la tutela antidiscriminatoria è stata utile per contrastare e porre fine a una situazione che non consentiva alle persone con disabilità di poter partecipare alla pari degli altri alla vita sociale, culturale e politica del nostro Paese. Si tratta di un altro importante passo verso l’affermazione del diritto alla piena inclusione sociale di tutte le persone, a prescindere dalla propria condizione di disabilità».
«Vorrei infine ringraziare – conclude Catia Pietra – tutte le persone che hanno reso possibile questo procedimento, vale a dire i legali del Centro Antidiscriminazione “Franco Bomprezzi” della LEDHA, l’avvocato Giuseppe Polizzi e il pool di legali da lui coordinato dello Studio Santilli&Corace, per avere offerto assistenza legale pro bono. Un grazie, infine, anche all’architetto Giovanni Del Zanna, che ci ha fornito preziose consulenze». (I.S. e S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@ledha.it (Ilaria Sesana).

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