Aggiornamento dei LEA: solo contenimento, niente sviluppo

«Obiettivo evidente dello schema di Decreto che fissa i nuovi LEA Sanitari (Livelli Essenziali di Assistenza) – scrivono dalla Campagna Regionale marchigiana “Trasparenza e diritti” – è il contenimento, non lo sviluppo. Infatti, dei circa 800 milioni di euro aggiuntivi previsti per la copertura finanziaria, non uno verrà utilizzato per interventi relativi all’area sociosanitaria. E c’è un ulteriore inquietante aspetto, quale l’introduzione – e la promozione – di modelli istituzionalizzanti»

Particolare di volto di uomo anziano, con espressione pensierosa e mani sulla boccaAvuto il parere positivo delle Regioni, la bozza dello schema di Decreto contenente i nuovi LEA Sanitari (Livelli Essenziali di Assistenza) attende ora quello del Ministero dell’Economia.
Riguardo all’area sociosanitaria, il testo riprende la gran parte dei contenuti del Decreto approvato nel 2008 dall’allora Governo Prodi, ma ritirato poi dal Governo Berlusconi per mancata copertura finanziaria. Lo fa con qualche correzione, volta ad assicurarsi che non ci siano spese aggiuntive per il settore.
Obiettivo evidente è il contenimento non lo sviluppo. La Relazione Tecnica, infatti, si preme di specificare (pagina 26) l’assenza di novità rispetto alla vigente normativa e dunque di maggiori oneri. In sostanza, dei circa 800 milioni di euro aggiuntivi previsti per la copertura finanziaria, non uno ricadrà, secondo le intenzioni del Legislatore – condivise dalle Regioni – per interventi afferenti l’area sociosanitaria.

Ciò viene perseguito attraverso una duplice strategia. Mantenere ferme le quote sanitarie nei servizi; aggiungere – laddove vengono  identificate condizioni per le quali i servizi debbano essere a carico del Fondo Sanitario – l’indicazione di una valutazione, con modalità definite a livello regionale, per stabilirne la durata.
Rispetto alle quote sanitarie, non viene ad esempio confermata l’indicazione di quella al 60% nei Servizi Diurni e Residenziali per la lungo assistenza rivolta alle persone con demenza, mentre viene confermato l’onere sociale del 60% nei Servizi Residenziali «socioriabilitativi a bassa intensità riabilitativa», rivolti a persone con disturbi psichici. Servizi che molto spesso hanno, in considerazione delle persone accolte, standard elevati e dunque oneri sociali molto alti, tali da esserne d’ostacolo all’accesso (ad esempio su una tariffa giornaliera di 100 euro, la quota sociale a carico di utente/Comune è di 60).

Riguardo poi al secondo aspetto, si veda ad esempio l’articolo 29 dello schema di Decreto (Assistenza extraospedaliera ad elevato impegno sanitario). Qui, dopo avere indicato le condizioni che definiscono il significato di «elevato impegno sanitario» – che riprende, in forma più restrittiva, quanto presente nel Decreto del 2008 – viene aggiunto l’inciso che la durata del trattamento è fissata sulla base di una valutazione multidimensionale, da «effettuarsi secondo modalità definite dalle Regioni», dizione, questa, replicata in altre parti del Decreto.
Ciò significa, da un lato, il tentativo di porre un freno a una condizione che determina l’assunzione di oneri da parte della Sanità, dall’altro permettere che in ogni Regione condizioni identiche possano essere trattate differentemente.
Anche in questo senso può essere letta all’interno delle cure domiciliari, nella parte riferita all’assistenza tutelare, l’aggiunta «professionale». Può interpretarsi cioè come il tentativo di non riconoscere economicamente, con quota sanitaria, le prestazioni tutelari svolte da altro soggetto (familiare o assistente). In sostanza, l’assegno di cura, composto, analogamente al servizio formale, sia di una quota sociale che sanitaria.
Se il riconoscimento economico del lavoro di cura viene ricondotto al solo settore sociale, si impedisce, da un lato, il giusto riconoscimento di prestazioni sociosanitarie; dall’altro si disinveste sul sostegno alla domiciliarità e dunque sulla riduzione del ricorso alla residenzialità (di certo più costosa per il Servizio Sanitario Nazionale, ancor quando assuma il 50% della tariffa).

C’è poi un ultimo aspetto (sempre aggiunto rispetto al Decreto del 2008), non meno importante e preoccupante ed è quello riguardante l’indicazione (area disabilità e salute mentale) che le strutture possano articolarsi in più moduli, a seconda del diverso impegno assistenziale.
È abbastanza paradossale che proprio nel momento in cui si approva la Legge sul “Dopo di Noi” (Legge 112/16), sbandierata come strumento utile a favorire processi di deistituzionalizzazione, la normativa sui Livelli Essenziali introduca e contemporaneamente promuova modelli istituzionalizzanti  che vanno esattamente in senso opposto, con la promozione di strutture di almeno quaranta posti con più moduli accorpati tra loro.
Un tema, quest’ultimo, sul quale appare indispensabile tornare a mettere con forza l’attenzione, anche per smontare la concezione e convinzione che laddove il sistema sanitario assuma oneri (quote sanitarie), i servizi debbano automaticamente assumere logiche e modelli di tipo strettamente sanitario, con persone che si trasformano in pazienti.
Al di la di ogni dichiarazione, rimane il fatto che al 31 dicembre 2013 quasi il 70% delle persone ricoverate in strutture vivevano in residenze con posti da 16 a oltre 80, un terzo dei quali in strutture con posti da 46 a oltre 80 e un altro terzo in residenze con posti da 16 a 45 (di contro all’esigua minoranza residente in strutture da 4 a 6 e da 7 a 15 posti). E non pare sia presente la volontà di invertire tale tendenza. Anzi, l’esatto opposto.

Campagna Regionale delle Marche cui aderiscono oltre trenta organizzazioni del Terzo Settore (volontariato, utenti, operatori, cooperazione).

Che cosa sono i LEA
I Livelli Essenziali di assistenza (LEA) sono le prestazioni e i servizi che il Servizio Sanitario Nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket), con le risorse pubbliche raccolte attraverso la fiscalità generale.

Essi sono organizzati in tre grandi aree:
° l’assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro, che comprende tutte le attività di prevenzione rivolte alle collettività ed ai singoli (tutela dagli effetti dell’inquinamento, dai rischi infortunistici negli ambienti di lavoro, sanità veterinaria, tutela degli alimenti, profilassi delle malattie infettive, vaccinazioni e programmi di diagnosi precoce, medicina legale);

° l’assistenza distrettuale
, vale a dire le attività e i servizi sanitari e sociosanitari diffusi capillarmente sul territorio, dalla medicina di base all’assistenza farmaceutica, dalla specialistica e diagnostica ambulatoriale alla fornitura di protesi alle persone con disabilità, dai servizi domiciliari ad anziani e malati gravi ai servizi territoriali consultoriali (consultori familiari, SERT, servizi per la salute mentale, servizi di riabilitazione per i disabili ecc.), alle strutture semiresidenziali e residenziali (residenze per gli anziani e i disabili, centri diurni, case famiglia e comunità terapeutiche);

° l’assistenza ospedaliera, in pronto soccorso, in ricovero ordinario, in day hospital e day surgery, in strutture per la lungodegenza e la riabilitazione, e così via.

Le prestazioni e i servizi inclusi nei LEA rappresentano il livello “essenziale” garantito a tutti i cittadini, ma le Regioni possono utilizzare risorse proprie, per garantire servizi e prestazioni ulteriori rispetto a quelli incluse nei LEA stessi.
(fonte: Ministero della Salute)

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