«Giulia Valido è affetta da cerebropatia infantile con insufficienza mentale e comizialità e vive nella casa famiglia Casablu della nostra Cooperativa Sociale. Il 10 agosto scorso è stata trasportata con urgenza in ambulanza al Policlinico Umberto I di Roma per un’emorragia, accompagnata da una delle operatrici della casa famiglia e al momento di fare un prelievo di sangue, l’infermiera ha risposto: “Ma perché stamattina è dovuta venire proprio qui? ’Ste persone, se così si possono chiamare, dovrebbero rimanere a casa e vivere la loro vita in serenità senza lo stress di venire in ospedale!”. Al suo rifiuto, quindi, di eseguire il prelievo, siamo intervenuti e la dottoressa presente in sala ha provveduto lei stessa al prelievo. Ma quell’infermiera si sarà preoccupata del fatto che Giulia avrebbe potuto capire quello che ha detto?».
Lo sconcertante racconto arriva dalla Cooperativa Sociale romana Spes contra Spem, nata nel 1991, che da allora si occupa dell’assistenza a persone con grave disabilità, gestendo oggi quattro case famiglia nel Comune della Capitale, oltre a servizi territoriali di prossimità per persone in stato di fragilità.
«Constatiamo con tristezza – commenta amaramente Luigi Vittorio Berliri, presidente di Spes contra Spem – che nei nostri ospedali c’è ancora tanta strada da fare nella direzione del rispetto delle Persone, a prescindere dalla loro patologia o disabilità. Sembra assurdo: proprio il luogo deputato ad accogliere e curare ogni sorta di malattia, si trova culturalmente impreparato di fronte alla disabilità, come se ci fossero vite degne di essere vissute (e curate) e altre no. Pensavamo di aver sepolto questa idea con il nazismo settant’anni fa e del resto il terzo articolo della nostra Costituzione parla chiarissimo: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso di razza, di lingua di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Purtroppo per Giulia non è stato così e non è nemmeno nazismo, ma totale impreparazione culturale delle persone e delle strutture».
Doverosamente, poi, Berliri fa riferimento alla Carta dei Diritti delle Persone con Disabilità in Ospedale, documento di cui anche il nostro giornale ha seguito via via la storia e gli sviluppi (se ne legga anche nel box in calce). «Chiediamo con forza al Policlinico Umberto I – dichiara infatti il Presidente di Spes contra Spem – di adottare Carta dei Diritti delle Persone con Disabilità in Ospedale, non solo per risarcire Giulia del torto subito, ma per evitare a tutte le “Giulie” che arriveranno, di sentirsi dire cose simili. Non è infatti un problema di vocabolario, ma di strutturare un’accoglienza e un percorso specifico per le persone con disabilità. Risposte diverse a problemi diversi!». (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@spescontraspem.it.
La Carta dei Diritti delle Prersone con Disabilità in Ospedale
«In un giorno di novembre – raccontano dalla Cooperativa Sociale romana Spes contra Spem – Tiziana si ammala. Banale influenza, lei è cagionevole di salute e viene ricoverata in ospedale. In ospedale le regole sono ferree. Le persone che per anni si sono prese cura di Tiziana possono entrare solo negli “orari di visita”. Per il resto Tiziana resta sola. E oltre lo sconforto per una persona ammalata e sola, ci sono tutte le complicazioni per una persona che non sa comunicare in modo “normale” e che non ha bisogni “normali”. Difficile, quindi, per gli infermieri somministrare la terapia, ascoltarla mentre la mattina cerca di dire “ho freddo con le finestra aperte a novembre”. Nel rapporto con il paziente, l’ascolto dei suoi bisogni è fondamentale per individuare la cura. Sopraggiunge la polmonite, contratta in ospedale e il 12 dicembre 2004 Tiziana muore. Inascoltata. Da sola. A Tiziana è stato sottratto il diritto all’ascolto, che solo chi la conosceva era in grado di offrirle. Sarebbe morta lo stesso? Forse… ma non così, non da sola!».
Nacque proprio da quell’episodio, riguardante una donna con disabilità che viveva in una casa famiglia, il progetto di una Carta dei Diritti delle Persone con Disabilità in Ospedale, «non come una rivendicazione o una “riparazione” a un torto subito – spiegano ancora da Spes contra Spem -, ma come il tentativo di trasformare una storia triste in speranza, per tante altre persone come Tiziana. E questo perché le cure dedicate alle persone con disabilità in àmbito ospedaliero, per patologie non direttamente correlate alla disabilità stessa, presentano ancora numerosi punti critici (barriere materiali, organizzative-gestionali e culturali), che potremmo chiamare in generale “barriere sanitarie”».
Nel 2006, dunque, si costituì un primo comitato e quattro anni dopo un comitato scientifico, composto da medici, bioeticisti e filosofi della salute. La prima vera e propria Carta dei Diritti delle Persone con Disabilità in Ospedale venne dunque presentata da Spes contra Spem tre anni e mezzo fa a Roma, nel mese di marzo del 2013, durante un evento ampiamente seguito anche dal nostro giornale. «Gli obiettivi – spiegano i promotori – erano essenzialmente due: sensibilizzare le istituzioni politiche, sociali e sanitarie circa le problematiche connesse al ricovero ospedaliero delle persone con disabilità; garantire il rispetto della loro dignità e il diritto alla cura su una base di uguaglianza e non discriminazione».
A quel passaggio ne sono seguiti altri, come ad esempio – particolarmente importante – la presentazione della Carta, per la prima volta a Milano, nell’ottobre del 2014, grazie soprattutto all’impegno della Fondazione Mimmo Castorina per la disabilità grave e anche, lo scorso anno, la pubblicazione per i tipi di Erickson del libro Persone con disabilità e ospedale, curato da Luigi Vittorio Berliri e Nicola Panocchia.
Da ultimo, ma non certo ultimo, l’avvio, nel 2014, di un’ampia e approfondita indagine conoscitiva, in partenariato con l’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane (nato per iniziativa dell’Istituto di Igiene dell’Università Cattolica del Sacro Cuore), e in collaborazione con le Fondazioni Ariel e Umana-Mente del Gruppo Allianz. I risultati di tale ricerca sono stati presentati a Roma, all’inizio di aprile di quest’anno.