Inclusione, discontinuità didattica e formazione degli insegnanti

«La Proposta di Legge per migliorare la qualità dell’inclusione scolastica, avanzata dalle Federazioni di Associazioni delle persone con disabilità, rischia di amplificare il problema della delega educativa assegnata all’insegnante specializzato»: lo scrivono alcuni docenti specializzati e formatori, elaborando una propria proposta di possibili soluzioni, che parte da un’ampia analisi dell’attuale contesto. «Questa proposta del gruppo di docenti specializzati – replica Salvatore Nocera – è ad ampio spettro, ma non inficia quelle della FISH e della FAND»

Alunni a scuolaPer risolvere il problema della discontinuità, causata dalla continua fuga degli insegnanti di sostegno verso la materia, è stata avanzata dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e congiuntamente dalla FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità) una proposta di soluzione in gran parte accolta dal Ministero [Proposta di Legge n. 2444, N.d.R.], che rischia seriamente, a nostro parere, di amplificare il problema della delega educativa assegnata all’insegnante specializzato.
Le difficoltà di dialogo tra i fautori delle varie proposte nascono dall’irremovibilità delle posizioni di partenza e dalla mancanza di un’analisi preliminare del contesto educativo e delle ragioni prevalenti che spingono l’insegnante di sostegno a desistere dal suo incarico.
L’Osservatorio Permanente per l’Integrazione degli Alunni con Disabilità, riunitosi l’ultima volta nel dicembre dello scorso anno, è stato seguito da un lungo silenzio del Ministero, fino alla convocazione, il 27 luglio, del Comitato Tecnico Scientifico del medesimo Osservatorio.
Una petizione popolare lanciata il 12 luglio nel web su change.org (Realizzare una scuola veramente buona per tutti) ha riacceso il dibattito e nel mentre sembra che finalmente il Ministero abbia abbandonato la rigida posizione assunta finora.
Approfittiamo allora di questa apertura per lanciare una proposta operativa che vuole chiarire meglio alcuni punti di quella petizione e mettere d’accordo, se possibile, le varie componenti dell’Osservatorio e alcuni esponenti  del mondo accademico e della scuola. A nostro parere le argomentazioni attuali in merito al problema non possono essere disgiunte dall’analisi del contesto, incentrandosi esclusivamente sulla figura dell’insegnante di sostegno.

La discontinuità didattica da più parti lamentata, che non risparmia neppure i docenti curricolari, è dovuta anche al diffuso malfunzionamento dell’amministrazione centrale e periferica. Circolari diramate all’ultimo momento e graduatorie da rimaneggiare ogni anno determinano un flusso non stabile di insegnanti curricolari e di sostegno, soprattutto nei primi tre mesi di scuola. La qualità delle relazioni tra insegnanti di sostegno e curricolari e tra docenti e studenti risulta pertanto, nella maggioranza dei casi, compromessa in maniera irreversibile.
I dirigenti scolastici, chiamati ad attuare una vera inclusione, hanno in realtà poche possibilità di occuparsi dell’aspetto didattico e pedagogico necessario per costruire un rapporto con i docenti e per conoscere le esigenze degli alunni e della scuola che dirigono. Sono piuttosto tenuti ad occuparsi dell’aspetto gestionale, oberati da impegni burocratici e amministrativi, da numerose sedi della propria scuola e da reggenze di ulteriori istituti.
Risulta pertanto difficile garantire l’attuazione del PEI (Piano Educativo Individualizzato), del POF (Piano dell’Offerta Formativa) e del PAI (Piano Annuale dell’Inclusività) e verificare nel concreto la volontà, la capacità, la preparazione e la possibilità di realizzazione dei piani inclusivi scolastici.
Rari sono quei dirigenti che fanno prevalere la loro funzione di referenti di una comunità educativa, piuttosto che manager di un’azienda, privi come sono di una formazione iniziale adeguata alla cultura dell’inclusione.
I docenti curricolari sono a loro volta poco preparati sui temi dell’inclusione scolastica e con l’autonomia risulta più complicato e dispendioso formare il personale ATA [Amministrativo, Tecnico e Ausiliario, N.d.R.], per altro ridotto nel numero, quindi perennemente in difficoltà ogni qualvolta si trova designato suo malgrado alla cura e all’assistenza igienica degli alunni con disabilità motorie gravi.
Il malfunzionamento e la quasi inesistenza delle reti di supporto all’alunno pesano, rendendo complessa l’inclusione, e anche la sanità pubblica non assicura più alla scuola prestazioni specialistiche adeguate alle necessità, con conseguenze disastrose sullo svolgimento regolare dei GLH (Gruppi Lavoro Handicap) Operativi.
La mancanza di un monitoraggio efficace a livello amministrativo, centrale e periferico, nei CTS (Centri Territoriali di Supporto), nei CTI (Centri Territoriali per l’Inclusione) e nelle singole scuole contribuisce a far retrocedere il processo inclusivo, proprio ora che la scuola deve poter trovare risposte adeguate alla crescente presenza di alunni differenti per provenienze linguistiche, geografiche, religiose e culturali.
A distanza di quarant’anni dalla prima emanazione delle Leggi, il Ministero non ha prodotto alcuna ricerca in merito, limitandosi a rilevare esclusivamente il rapporto numerico tra insegnanti di sostegno e alunni con disabilità loro assegnati. Ne consegue che la mancata visione olistica del problema non rende possibile l’utilizzo ottimale delle risorse e l’eliminazione degli sprechi.

Insegnante di sostegno con una bimbaIl docente di sostegno, sul quale si riversa l’insieme delle inefficienze sopra descritte, viene considerato un “insegnante di serie B”, nonostante i titoli aggiuntivi che possiede rispetto agli insegnanti curricolari. Il carico emotivo che ne consegue e il senso di inadeguatezza che pesa su migliaia di docenti specializzati dalla SISS (Scuola di Specializzazione per l’Insegnamento Secondario), formati in sole 400 ore, uniti alla delega ricevuta nel condurre il processo d’integrazione dell’alunno con disabilità, contribuiscono ad alimentare frustrazioni e profonda solitudine.
I referenti del sostegno stentano a coordinare il processo globale d’integrazione all’interno della scuola e ogni docente specializzato opera individualmente, privo di una visione comune e di un quadro di riferimento coerente e riconoscibile che gli consenta di definire la direzione nella quale procedere per realizzare l’obiettivo dell’inclusione.
Questo stato di cose induce negli anni i referenti e gli insegnanti specializzati a richiedere il passaggio dal sostegno all’insegnamento della propria disciplina, nel tentativo estremo di porre rimedio al sopraggiunto burn-out [esito patologico di un “processo stressogeno”, N.d.R.].
Ecco che si realizza una vera e propria fuga, con la conseguente perdita, per tutto il sistema scolastico italiano, di una risorsa inestimabile, rappresentata dalla formazione acquisita sul campo dai docenti attraverso lunghi anni di esercizio professionale.
Valorizzare il docente di sostegno come coordinatore di classe e referente per l’inclusione nella scuola, avvalendosi dell’équipe degli insegnanti specializzati come punto di riferimento, significherebbe contenere la lenta e inesorabile migrazione dei docenti. In quanto più preparati e motivati, i componenti dell’équipe potrebbero intervenire nell’intero contesto scuola e favorire la gestione collettiva di situazioni problematiche sempre più frequenti, quali la dispersione scolastica, l’accoglienza e il supporto agli alunni stranieri, a quelli con disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) o con svantaggio socio-economico.
I docenti dell’équipe, in un clima di collaborazione che escluda la delega, sarebbero in grado di sostenere con competenza i colleghi nell’istruzione domiciliare, nei rapporti scuola-ospedale e nei raccordi tra scuola e famiglia, solitamente problematici a tutti i livelli. Tutti gli interventi di supporto sociale, svolti a qualsiasi titolo, necessitano infatti di un’azione corale capace di sostenere il coinvolgimento emotivo e professionale dell’intera comunità educante ed evitare la perdita della capacità di valutazione della realtà in cui si opera.
Per prevenire l’insorgenza dei fenomeni di burn-out occorre dunque incentivare il lavoro di gruppo degli insegnanti specializzati e favorire il confronto, l’analisi e la condivisione degli obiettivi.

La proposta della FISH/FAND agisce alla base del concetto di inclusione, intervenendo all’origine della formazione degli insegnanti e separandone le carriere, almeno secondo le iniziali indicazioni diffuse, rendendo di fatto impossibile l’interscambio e l’interazione, intese quali risorse flessibili del contesto scolastico, importantissime per favorire il processo dell’inclusione. Inoltre, blindare la carriera di un insegnante di sostegno per imporgli di svolgere a vita un lavoro così delicato concorrerebbe all’esaurimento delle energie fisiche e psicologiche del docente, con ripercussioni negative a carico degli stessi alunni con disabilità.
Ragazza al tavolo di studio, a fianco di una donna adultaRiguardo l’insufficiente preparazione dei docenti di sostegno, altro motivo addotto dalle Federazioni FISH e FAND per avvalorare la loro proposta, bisogna considerare che un più lungo periodo di preparazione professionale, attraverso la frequenza di un corso di specializzazione di durata triennale, non risolverebbe il problema, come ampiamente sperimentato dai firmatari di questo articolo. Lo testimonia uno degli Autori, che afferma che è anche possibile essere non adeguatamente preparato su alcune disabilità, nonostante il conseguimento di una laurea in medicina, il titolo di specializzazione della durata di quattro anni (due per gli alunni sordi, uno per i minorati della vista e uno per gli psicofisici) più la frequenza di una miriade di corsi di formazione, seminari e convegni collezionati nel corso del tempo.
È inoltre impensabile rispondere alla complessità dei bisogni specifici espressi complessivamente dagli alunni concentrandosi unicamente sulla figura dell’ insegnante di sostegno disgiunta dal contesto: si tratterebbe, in questo caso, di una risposta semplicistica.
La proposta presentata da FISH e FAND, riguardo la necessità di formare i docenti curricolari sui temi dell’inclusione scolastica, è sicuramente un passo in avanti rispetto alla situazione attuale, ma non esaustivo del problema.

Proponiamo dunque operativamente:
° Che il percorso di formazione di tutti gli insegnanti preveda al proprio interno l’attuale corso di specializzazione per il sostegno, con un aumento significativo di attività laboratoriali e con l’aggiunta di un numero consistente di ore sul Team Teaching, indispensabile nella didattica inclusiva [per “Team Teaching” si intende un insegnamento impartito in collaborazione da più docenti, specializzati in materie diverse, a un gruppo di studenti, per ottenere una formazione interdisciplinare, N.d.R.].
° Che la specializzazione nel sostegno si consegua attraverso la frequenza di un anno supplementare di formazione, della durata complessiva di mille ore da svolgersi in non meno di undici mesi. Il percorso dovrà prevedere inoltre un tirocinio da realizzarsi esclusivamente presso CTS (Centri Territoriali di Supporto), CTI (Centri Territoriali per l’Inclusione) o scuole certificate con buone prassi. Sarà necessario inoltre prevedere una maggiore collaborazione, interazione e riconoscimenti da parte dell’Università verso le suddette scuole.
° Che la selezione dei docenti da destinarsi ai corsi di specializzazione non venga operata unicamente su criteri nozionistici, ma su una visione globale del processo inclusivo al quale sono chiamati e con in mente il concetto prevalente di diversità umana e non di disabilità. Sarà poi importante valutare le capacità di resilienza dell’aspirante, tali da sostenere e superare le inevitabili difficoltà lungo il percorso.
° Che al termine del processo, sommando la formazione da curricolare a quella di specializzato, gli insegnanti di sostegno raggiungano una preparazione di base di gran lunga superiore a quella fornita dalle 400 ore previste dalla vecchia SISS. Le competenze acquisite sarebbero di conseguenza molto più qualificate di quelle attuali e addirittura più adeguate di quelle ottenibili dai rimpianti corsi biennali polivalenti che prevedevano 1.300 ore complessive di formazione. Al termine di tale processo gli insegnanti di sostegno raggiungerebbero una formazione che potremmo considerare equivalente a quella di un corso triennale, scongiurando in tal modo la separazione delle carriere.
° Che alla scadenza dei previsti termini di permanenza obbligatoria sul sostegno, i docenti siano liberi di aderire o meno alla “cattedra mista”, parzialmente curricolare e parzialmente di sostegno (almeno nel proprio istituto di servizio, per garantire una maggiore stabilità dei docenti curricolari e di sostegno). Questa possibilità di scelta comporterebbe evidenti vantaggi a fronte di qualche problema organizzativo che il Ministero, purtroppo, enfatizza per respingere con tanta decisione e frettolosità l’ipotesi.
° Che dopo un prestabilito periodo i docenti in possesso dei titoli possano transitare sulla materia oppure proseguire il loro percorso come insegnanti di “cattedra mista” o come insegnanti a tempo pieno sul sostegno.
° Che in quest’ultimo caso il docente abbia in seguito la possibilità di essere selezionato per titoli e avviato alla frequenza di master di approfondimento e, per  concorso, essere designato presso i CTS, allo scopo di supportare le scuole nel processo inclusivo di tutti gli alunni, con sportelli e supervisione generale.
° Che l’insegnante di rete, specializzato nella didattica per alcune tipologie di disabilità (soprattutto sordi, non vedenti, autistici, psicotici), oppure esperto in didattiche e tecnologie altamente inclusive, possa fornire un ulteriore supporto a tutti i docenti della scuola e all’intero personale scolastico, ancor prima dell’inizio delle attività e poi, periodicamente, durante l’anno scolastico.
° Che l’insegnante di rete possa così svolgere normalmente per 9 ore il suo lavoro di insegnante di sostegno di base, senza privarsi della quotidianità scolastica, e per 9 ore essere distaccato presso un CTS o CTI per costituire una rete distrettuale insieme ad altri docenti con alta specializzazione in metodologie e tecnologie inclusive per l’integrazione di alunni con disabilità più impegnative.
° Che tra gli operatori dei CTS si individuino dei docenti con grande esperienza, per costituire un pool di esperti designati a collaborare con il Ministero stesso per l’attuazione di una buona politica dell’inclusione, per aggiornare periodicamente gli operatori dei CTS e dei CTI e fornire loro consulenza.
° Che presso i CTS e i CTI siano assunti dirigenti in possesso del titolo di specializzazione. La permanenza dopo un periodo prestabilito sulla “cattedra mista”, il sostegno e il CTS o CTI dovrebbe assegnare loro un punteggio per ciascun anno di servizio, utile per accedere alla dirigenza delle suddette scuole. Il coordinamento del sostegno dovrebbe essere valutato come titolo per tutti i posti  di dirigente scolastico.

Ragazzo in carrozzina studia al tavolo di una bibliotecaQuesta proposta più sistemica costituisce una via percorribile, sulla quale si potrebbe trovare un accordo, qualora si mettessero all’angolo interessi di parte, atteggiamenti iperprotezionistici e analisi riduttive nell’affrontare tematiche così delicate e complesse.
Riteniamo poi che uno degli aspetti critici che limitano il raggiungimento dell’obiettivo dell’inclusione e favoriscono la delega all’insegnante di sostegno sia la scarsa competenza dei docenti e dell’intero personale scolastico a lavorare in gruppo e in rete con altri soggetti (ASL, Enti Locali…). Soprattutto nelle scuole secondarie, infatti, i docenti procedono per proprio conto, senza godere di quegli spazi e di quei tempi esistenti nella scuola primaria, dove settimanalmente ci si riunisce per progettare e programmare. Succede pertanto che spesso il PDF, il PEI e il PAI non vengano elaborati collegialmente, ma redatti da uno o due insegnanti di sostegno, senza il supporto di tutti i docenti e del personale educativo interessato al processo inclusivo globale.
Alla complessità dei bisogni pertanto, e lo ripetiamo, non si può rispondere con ipotesi di soluzioni semplici, ma con la capacità di fornire una risposta complessa ma percorribile, valida ed esaustiva, viste le attuali esigenze della scuola italiana, possibile solo con il lavoro di gruppo e di rete.

Rimane da stabilire la formazione minima accettabile per l’inclusione e le competenze imprescindibili che dovrebbero acquisire tutti i docenti curricolari, gli insegnanti di sostegno di base e gli insegnanti altamente specializzati.
Riflettere sulle esigenze emerse nei tanti anni di applicazione della normativa conduce gli Autori della presente proposta a indicare, come di seguito elencato, le competenze specifiche necessarie per l’impianto di una didattica inclusiva: Saper Osservare, Saper Comunicare, Sapersi Relazionare, Saper Programmare per gradi, utilizzando ausili idonei e le nuove tecnologie, Saper Lavorare e far lavorare in gruppo.
Il percorso universitario specifico di formazione per tutti i docenti potrebbe quindi prevedere discipline capaci di fornire strumenti spendibili negli specifici àmbiti sopra descritti: metodologie di osservazione; comunicazione efficace; metodologie inclusive; tecnologie inclusive; programmazione attraverso la declinazione degli elementi disciplinari, esperienze/apprendimenti significativi per l’alunno e la classe; elementi fondamentali delle relazioni nel lavoro di gruppo.

La formazione dei docenti specializzati dovrà comprendere, in aggiunta a quanto già previsto per tutti i docenti e agli approfondimenti delle discipline di didattica speciale, di clinica, di legislazione, di psicologia, di tecnologia, anche:
° la programmazione inclusiva: saper  declinare gli elementi disciplinari di ogni apprendimento, saper programmare per gradi esperienze/apprendimenti significativi per l’alunno e la classe, saper ipotizzare progetti di vita adeguati alle esigenze, alle potenzialità, alle aspirazioni, alle strutture e al territorio;
° i principali ausili tecnologici specifici per l’inclusione (conoscerli e saperli usare);
° elevate competenze relazionali nel lavoro di gruppo: ricerca e formazione di reti collaborative tra alunni e adulti all’interno della scuola e sul territorio;
° saper monitorare i processi inclusivi, valutandoli anche in termini di efficienza ed efficacia.

La formazione dei docenti CTS o comunque ad alta specificità dovrà prevedere corsi monotematici con elementi fondamentali del counseling e ulteriori approfondimenti sulle metodologie inclusive per:
le minorazioni uditive;
le minorazioni visive;
le minorazioni che implicano aspetti della comunicazione (spettro autistico);
le minorazioni che implicano aspetti motori e le pluriminorazioni;
i ritardi cognitivi;
le minorazioni che implicano aspetti relazionali (disordini del comportamento, comportamenti provocatori);
le tecnologie specifiche, l’uso degli ausili tecnologici, la loro specificità, adeguatezza, organizzazione e compatibilità rispetto ai bisogni e ai contesti.

Solo un progetto elaborato con un’ottica sistemica come di sopra descritto potrebbe rispondere a tutti i bisogni con le giuste competenze da assegnare a tutti i docenti e innalzare quella qualità dell’inclusione, richiesta giustamente e con tanta determinazione dalla FISH e FAND.
Tutta la proposta, infine, può essere inquadrata nel concetto di sostegno diffuso ed evolutivo proposto da Andrea Canevaro e avere come orizzonte le importanti riflessioni provenienti dal GRIDS (Gruppo di Ricerca Inclusione e Disability Studies) sulla formazione e sulla diffusione dell’insegnante curricolare inclusivo all’interno di un contesto a sua volta inclusivo.

Qui di seguito proponiamo il commento di Salvatore Nocera, presidente nazionale del Comitato dei Garanti della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), della quale è stato vicepresidente nazionale.

Bimbo che va a scuola, fotografato di spalleQuesta proposta del gruppo di docenti specializzati è ad ampio spettro, ma non inficia quelle della FISH e della FAND contenute nella Proposta di Legge n. 2444. Noi infatti proponiamo la separazione delle carriere o, in mancanza, un impegno almeno decennale su posto di sostegno oltreché, per passare su cattedra comune, il superamento del normale concorso per passaggio di cattedra e non l’usuale procedura dei trasferimenti territoriali.
Noi non condividiamo l’ipotesi della “cattedra-mista”, cioè in parte curricolare in parte di sostegno, poiché essa sarebbe applicabile eventualmente solo nei casi di rapporto di uno a due e comunque non garantirebbe la continuità didattica o sul sostegno o sulla disciplina. Ci sarebbe inoltre un problema legale da superare: infatti, per gli articoli 2, 4 e 6 del DPR 122/09, i docenti per il sostegno hanno un oggetto di valutazione per tutti gli alunni (con e senza disabilità) su cui votare, diverso da quello dei docenti curricolari di cui all’articolo 9 dello stesso DPR. I docenti con “cattedra mista”, quindi, dovrebbero esprimere due voti, né questi potrebbero sintetizzarsi in uno, potendo essere talora assai differenti.
La proposta del gruppo dei docenti specializzati prevede poi l’istituzione di posti di sistema, con esonero o semiesonero dall’insegnamento, per coordinatori di scuola, di CTI (Centri Territoriali per l’Inclusione) e CTS (Centri Territoriali di Supporto), senza un calcolo preventivo dei costi, mentre la nostra proposta lo propone eventualmente solo per i CTS, in sostituzione degli esoneri previsti dall’articolo 15 della Legge 104/92 per coloro che vengono comandati presso gli Uffici Scolastici Provinciali.
Personalmente non condivido quanto scritto circa la formazione dei futuri docenti curricolari, che mi sembra eccessiva, mentre ritengo condivisibile la nostra di trenta crediti formativi sulle didattiche inclusive più un periodo di tirocinio formativo attivo.
Infine, interessante è la proposta sui contenuti della formazione dei futuri docenti per il sostegno, ma essa dovrebbe essere vagliata assieme a quelle che emergeranno dall’Osservatorio Ministeriale sull’Inclusione, da integrare in ogni caso con la formazione permanente in servizio, resa ormai finalmente obbligatoria dalla Legge di Riforma della Scuola 107/15, di cui però non mi pare vi sia cenno nella proposta stessa del gruppo di docenti specializzati.
Salvatore Nocera – Presidente nazionale del Comitato dei Garanti della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap); già vicepresidente nazionale della stessa.

Docenti specializzati e formatori.

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