Certo che il titolo della recensione apparsa su Tripadvisor, Il pacco è servito, che bocciava un albergo perché aveva molti ospiti con disabilità, strizza l’occhio a chi pensa sia stata tutta una bufala o peggio una storia montata ad arte.
Il “pacco”, nel pensiero dello sgrammaticato recensore, consisteva nel fatto che i suoi figli, poveri loro, durante la vacanza dovevano assistere al triste spettacolo delle sofferenze di quei disabili in vacanza. La recensione era datata primo di giugno, il boom in rete c’è stato invece il 26 luglio, dopo che alcuni influencer su Facebook hanno portato alla luce il fattaccio.
Tra questi un simpaticissimo Iacopo Melio, l’inventore della campagna social #vorreiprendereiltreno, che in una divertente lettera aperta indirizzata a quello che lui chiama “#testaapinolo” ha ribadito il suo diritto ad andare in vacanza. Il giorno dopo, tramite un’agenzia ANSA, scopre “a sua insaputa” di essere stato invitato dai responsabili del turismo della Valle d’Aosta a trascorrere un periodo da loro e rifiuta. Nel frattempo «Il Mattino di Napoli» e «Il Giornale» scoprono un’altra discriminazione a discapito di una signora con disabilità lasciata a terra sul pontile di Ischia.
Risultato? L’hotel ha ribaltato la recensione negativa a suo vantaggio e in molti l’hanno scoperto (un premio per chi ha scelto la via dell’ospitalità per tutti). Il messaggio di inclusività di Iacopo Melio si è guadagnato gli articoli dei migliori giornali. Anche se questa volta l’hashtag #testaapinolo non è decollato. Il web si è indignato con migliaia di commenti e condivisioni.
Tutto è bene quel che finisce… già ma come finisce questa storia? Perché resto con l’amaro in bocca? Forse, per dirla in musica, «Prima pagina venti notizie, ventuno ingiustizie e lo Stato che fa si costerna, s’indigna, s’impegna poi getta la spugna con gran dignità…». Mi permetterà Fabrizio De André di rubargli anche la frase «mi scervello e mi asciugo la fronte» e mi faccio delle domande.
Avrei voluto svegliami questa mattina con una maggiore consapevolezza di tutte quelle decine di indignati. Ma qualcosa mi dice che molti hanno lasciato commenti per lavarsi la coscienza e il giorno dopo sono tornati a parcheggiare davanti agli scivoli dei marciapiedi o peggio sugli stalli per disabili con la scusa «solo per 5 minuti». Molti imprenditori o capi del personale hanno proseguito a bocciare i curricula di persone con disabilità, considerandoli ancora una volta inadatti al mondo del lavoro. Oppure adatti a mansioni di profilo minore. E quanti avranno dato dell’ handicappato a qualcuno, pensando ancora a quel termine come a un insulto? Tanta indignazione ha creato un pensiero critico? Tanti commenti, giustamente arrabbiati, hanno generato una riflessione sui propri comportamenti quotidiani? Io, tristemente ne dubito e voi?
Sulle questioni trattate nella presente nota, suggeriamo anche la lettura di Cico33 e gli altri, pubblicato nel nostro giornale a firma di Stefania Delendati.