Quasi tre anni fa, ovvero esattamente nel gennaio del 2014, la nota rivista scientifica internazionale «The Lancet» lanciò tramite una serie di articoli dal titolo complessivo Research: Increasing Value, Reducing Waste, un allarme alla comunità scientifica, ovvero che oltre l’85% degli investimenti nella ricerca biomedica non produceva adeguate evidenze per l’assistenza sanitaria e, di conseguenza, non forniva alcun contributo nel migliorare la salute delle persone, generando ingenti sprechi.
«L’interesse per la ricerca biomedica nel nostro Paese – dichiara in tal senso Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE, l’organizzazione costituita dall’Associazione Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze, che ha lanciato a suo tempo anche la campagna denominata Salviamo il nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN) – è oggi documentato da varie iniziative: il rilancio della ricerca indipendente da parte dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), il progetto milanese Human Technopole (polo di ricerca avanzata sulle scienze umane) e la richiesta stessa di un’Agenzia Nazionale per la Ricerca. Tuttavia, l’inderogabile necessità di ottenere il massimo “valore” dal denaro investito impone un’attenta valutazione degli indicatori utilizzati per misurare il ritorno degli investimenti: produttività scientifica, pubblicazione di evidenze di elevata qualità, impatto della ricerca sui servizi sanitari e sugli esiti di salute, oltre ovviamente a brevetti e profitti, prioritari per chi produce farmaci e tecnologie sanitarie».
Da quell’iniziativa del 2014 di «The Lancet», è nata la campagna The Lancet-REWARD (ove REWARD è l’acronimo di REduce research Waste And Reward Diligence), che ha formulato diciassette Raccomandazioni su cinque aree di potenziali sprechi: rilevanza delle priorità di ricerca; adeguatezza del disegno dello studio, dei metodi e delle analisi statistiche; efficienza dei processi di regolamentazione e gestione della ricerca; completa accessibilità ai dati; usabilità dei report della ricerca.
«Siamo stati la prima e finora unica organizzazione italiana ad avere ufficialmente aderito a quella campagna – ricorda Cartabellotta – e per questo abbiamo realizzato la versione italiana di quelle Raccomandazioni, per diffondere la consapevolezza scientifica e sociale di quanto sia indispensabile ottenere il massimo ritorno in termini di salute dalle risorse investite nella ricerca biomedica».
Le raccomandazioni REWARD verranno inizialmente diffuse e condivise con i portatori d’interesse (stakeholders) della ricerca in Italia (finanziatori pubblici e privati, ricercatori, enti regolatori, istituzioni di ricerca, comitati etici, editori e associazioni di pazienti); successivamente, GIMBE avvierà un monitoraggio indipendente, utilizzando gli indicatori definiti dalla campagna di «The Lancet».
«Con questa iniziativa – conclude il Presidente della Fondazione – vogliamo ribadire l’indifferibile esigenza di restituire vigore alla ricerca biomedica con nuove modalità di supervisione e regolamentazione, per promuovere il rigore metodologico, proteggere l’integrità del processo scientifico e allontanare i ricercatori da indebite influenze. Infatti, solo garantendo il rigore in tutte le fasi del processo di ricerca, la comunità scientifica potrà proteggere se stessa dai sofismi della politica, separare le conflittuali logiche capitalistiche da quelle della scienza e dare reale valore al denaro di finanziatori e contribuenti». (S.B.)
Ricordiamo ancora che la versione italiana delle diciassette Raccomandazioni prodotte nell’àmbito della Campagna The Lancet-REWARD è disponibile nel sito della Fondazione GIMBE. Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficio.stampa@gimbe.org.
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