Togliamo quel “noi” e “voi”: lo sport è uno solo

«C’è ancora molto da fare – scrive Claudio Arrigoni -, ma nella cerimonia di riconsegna delle bandiere al Quirinale, si è capito che vi è una nuova percezione: togliamo quel “noi” e “voi”, lo sport è uno solo. Nella differenza, perché il mondo è fatto di quella. E allora Paralimpiade e Olimpiade sono lo stesso evento, che deve viaggiare su strade uguali, ma parallele e diverse. Lo diceva anche Pancalli, presidente del Comitato Paralimpico, ma prima ancora grandissimo atleta: “Il sogno è certamente una unione, ma quando il mondo olimpico si farà contagiare da quello paralimpico e non il contrario”

Riconsegna delle bandiere al presidente Mattarella da parte di Olimpici e Paralimpici, settembre 2016

Foto di gruppo ai giardini del Quirinale, per la riconsegna delle bandiere olimpica e paralimpica al presidente della Repubblica Mattarella

Non è la prima volta che atleti olimpici e paralimpici sono intervenuti insieme a una cerimonia importante. È successo anche in passato, alla consegna delle bandiere o in altre occasioni ufficiali. Questa volta, però, è stato diverso. La riconsegna delle bandiere al Presidente della Repubblica, olimpica e paralimpica, ha mostrato infatti che sta cominciando a esserci una nuova percezione dello sport. L’aria che si respirava non era la stessa. Fra gli atleti questo già succede. Meno in generale nella società.
Il presidente Mattarella ha usato parole che avevano un significato unico: «Lo sport è risorsa per ogni Paese. Sport è cultura e qualità della vita». Vale per Olimpici e Paralimpici. I valori dello sport sono parte di ogni condizione.
Luca Pancalli, presidente del CIP (Comitato Italiano Paralimpico) e Giovanni Malagò, presidente del CONI, uno a fianco dell’altro. Federica Pellegrini e Beatrice “Bebe” Vio, con la stessa fierezza e lo stesso entusiasmo nel portare la bandiera. E ancora una volta, come già era accaduto per Londra 2012, l’atleta più rappresentativo non aveva fatto parte della spedizione olimpica, ma di quella paralimpica: Alex Zanardi svettava sugli altri. Lo ha citato anche Mattarella, quando ha detto: «Raggiungere un obiettivo non è la felicità. Bisogna avere la felicità dentro per provare a raggiungerlo».
L’immagine simbolo dei Giochi, quella scelta dalla RAI per chiudere il servizio che univa le medaglie senza distinzioni, era l’urlo per la vittoria di una delle più belle emozioni dei Giochi paralleli: quello della diciannovenne Bebe Vio, al suo primo oro nella sua prima Paralimpiade.

Una bella commistione di due realtà uguali e diverse. In quella cerimonia si è vissuta quasi un’inversione di ruoli. Era il mondo olimpico a dire: «Siamo sullo stesso piano, la Paralimpiade è parte dello sport». In passato accadeva al contrario. Era il mondo paralimpico a dover bussare, spesso respinto.
Pensiamo a cose pratiche, come quella che molti sport abbiano ancora Federazioni separate per l’organizzazione degli eventi, campionati o gare: il basket, l’atletica, lo sci. Altri invece, e da anni, sono andati avanti: la scherma, il ciclismo, il tiro con l’arco, solo per citarne alcuni.
C’è ancora molto da fare, quindi, ma nella cerimonia al Quirinale si è capito che la percezione è diversa: togliamo quel “noi” e “voi”, lo sport è uno solo. Nella differenza, perché il mondo è fatto di quella. E allora Paralimpiade e Olimpiade sono lo stesso evento, che deve viaggiare su strade uguali, ma parallele e diverse. Lo diceva a Rio Luca Pancalli, presidente del Comitato Paralimpico, ma prima ancora grandissimo atleta: «Il sogno è certamente una unione, ma quando il mondo olimpico si farà contagiare da quello paralimpico e non il contrario».

Testo già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it», con il titolo “Olimpici e Paralimpici: la nuova percezione dello sport” e viene qui ripreso – con minimi riadattamenti al diverso contenitore – per gentile concessione.

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