«L’epilessia conquista nuovamente la prima pagina, ma non per annunciare l’approvazione di una legge che dia piena cittadinanza alle persone con epilessia, bensì sparando in prima pagina la sindrome da “decesso improvviso ed inaspettato in soggetti con epilessia, non causato da cause accidentali o da stato di male” (conosciuta come SUDEP, ovvero Sudden Unexpected Death in Epilepsy, “morte inattesa in persone con epilessia), riferendosi alla straziante vicenda di Stefano Cucchi».
Inizia così la dura nota diffusa da Giovanni Battista Pesce, presidente dell’AICE (Associazione Italiana Contro l’Epilessia), dopo che la quasi totalità degli organi d’informazione ha pubblicato articoli e prodotto servizi titolati per lo più come Cucchi, i periti: “Morte improvvisa per epilessia.
A ulteriore titolo di informazione, riportiamo anche l’esordio di un testo apparso nella cronaca di Roma di «la Repubblica», dal tono analogo a quello di molti altri: «Quella di Stefano Cucchi fu una “morte improvvisa ed inaspettata per epilessia in un uomo con patologia epilettica di durata pluriennale, in trattamento con farmaci anti-epilettici”. È l’ipotesi “dotata di maggiore forza ed attendibilità” adottata dai periti nominati dal gip Elvira Tamburelli nell’ambito dell’inchiesta bis avviata per accertare la natura, l’entità e l’effettiva portata delle lesioni patite da Stefano Cucchi, il geometra romano morto il 22 ottobre 2009, una settimana dopo il suo arresto per droga. Dunque, secondo i tecnici, non ci sarebbe un nesso tra il violento pestaggio cui è stato sottoposto Cucchi nella notte tra il 15 e il 16 ottobre del 2009 da parte dei carabinieri appartenenti al comando stazione di Roma Appia che lo fermarono per droga e il decesso avvenuto sei giorni dopo all’ospedale Sandro Pertini».
«Dopo quei titoli e quegli articoli – scrive Pesce – in tutte le nostre famiglie è esplosa la domanda: “Posso io o il mio caro morire così come Stefano Cucchi?”. La risposta è no, non perché la “morte improvvisa” per epilessia o altro fattore non esista, ma perché non esiste che si possa/debba ripetere un simile caso, comunque di malaGiustizia, malaSanità e malaInformazione. All’inizio, infatti, le tumefazioni, lesioni e morte erano causa di una caduta dalle scale per crisi epilettica e ora che si prende atto di precedenti lesioni frutto di percosse, le si vuol coniugare con una sindrome che esclude cause accidentali».
«Quale Associazione laica delle persone con epilessia – prosegue il Presidente dell’AICE – non riteniamo di dovere entrare nel merito sanitario della vicenda e invitando tutti i professionisti e le loro Associazioni ad esprimersi in merito all’uso ipotetico e privo di riscontri della sindrome SUDEP quale causa della morte di una persona comunque torturata (e la presenza di ciò dovrebbe già di per sé escludere la causa accidentale), riportiamo la definizione e i dati riportati dall’Associazione professionale LICE (Lega contro l’Epilessia), in un proprio documento sulla SUDEP: “La SUDEP è definita come morte improvvisa, inaspettata, in paziente con Epilessia, non traumatica e non dovuta ad annegamento, che si determini con o senza la presenza di testimoni, con o senza l’evidenza di una crisi epilettica, non dovuta a stato di male epilettico e in cui il riscontro autoptico non evidenzia alterazioni strutturali o tossicologiche responsabili della morte. […] L’incidenza riportata della SUDEP è diversa in rapporto al tipo di popolazione studiata variando dal 0,35 casi/1000/ anno nei pazienti con epilessia di nuova insorgenza e nei pazienti in remissione al 3-9/1000/anno nei pazienti con epilessia cronica e refrattaria […]. Il più importante fattore di rischio sembrerebbe essere l’elevata frequenza di crisi, particolarmente crisi t-c generalizzate, suggerendo che la SUDEP sia un evento crisi-correlato […]. I dati più recenti suggeriscono che i meccanismi coinvolti sarebbero di tipo cardiaco e respiratorio”».
«Sulla vicenda specifica di Stefano Cucchi – conclude Pesce -, ricordiamo che il giorno stesso della sua morte contattammo la sorella a fronte della sensazionalistica affermazione sbattuta in prima pagina che le sue condizioni, fratture e morte fossero state causa di una caduta dalle scale per crisi epilettica. Infatti, ci risultava e ci risulta come sempre strumentale l’uso dell’epilessia, per giustificare un fatto che deve – purtroppo assieme ad altri simili – determinare l’adozione da parte del nostro Paese di una norma contro la tortura e di una norma per la piena cittadinanza per le persone con epilessia. In sostanza: sbatteteci in prima pagina per darci una legge che attendiamo da anni, per conseguire un adeguato riconoscimento dei casi di guarigione, le giuste misure antidiscriminatorie a fronte della remissione delle crisi e l’accesso a misure inclusive, in specie per il lavoro e la mobilità, per le epilessie farmacoresistenti, che a tutt’oggi il sono 40% dei casi su oltre 300.000 cittadini con epilessia».
«Le recenti notizie di stampa sul caso di Stefano Cucchi – dichiara dal canto suo Rosa A. Cervellione, presidente della FIE (Federazione Italiana Epilessie) -, alla cui famiglia va la nostra solidarietà per la tenacia che ha dimostrato nella coraggiosa ricerca della verità, colpiscono la comunità delle persone con epilessia per l’uso sensazionalistico che della parola epilessia, ancora una volta, viene fatto in associazione a casi di morte violenta. Non vogliamo – né potremmo – entrare nel merito dell’attendibilità della perizia medico legale secondo la quale Stefano Cucchi potrebbe essere stato vittima di SUDEP. Vogliamo solo sottolineare come la scarsa conoscenza di questa malattia, a dispetto della sua larga diffusione, ne favorisca la strumentalizzazione per creare pericolose suggestioni».
«Di epilessia si può morire – prosegue la Presidente della FIE -, come si può morire di ogni altra malattia, ma la SUDEP è un evento raro e, come già chiarito da vari rappresentanti della comunità scientifica, su di essa poco si sa; non è certo nemmeno che sia conseguenza di una crisi epilettica e, in ogni caso, non lascia tracce che permettano di attribuire il decesso a una causa ben determinata». «Ci auguriamo dunque – conclude – che questo episodio venga sfruttato per stimolare la discussione e l’informazione sull’epilessia, per prendere atto che l’epilessia esiste e che occorre parlarne, in termini corretti, a una platea la più vasta possibile». (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti:
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