La Giornata Internazionale della Terapia Occupazionale, promossa dalla WFOT (World Federation of Occupational Therapy), è stata creata per sensibilizzare gli Stati e l’opinione pubblica sul ruolo di questa professione nella promozione della salute e il benessere bio-psico-sociale delle popolazioni. In questa ricorrenza, che si festeggia in tutto il mondo proprio oggi, 27 ottobre, è possibile partecipare (collegandosi a questo link), a una ventiquattr’ore gratuita sulla materia, durante la quale cui si susseguiranno ben quarantadue interventi, ove tutti i relatori parteciperanno gratuitamente.
Dal canto suo, la nostra Associazione [AITO-Associazione Italia Terapisti Occupazionali, N.d.R.] ha festeggiato la ricorrenza già nei giorni scorsi, con un evento informativo, conoscitivo e divulgativo, il WORLD OT DAY, e i propri Soci hanno potuto relazionare dinanzi a decine di professionisti e alla cittadinanza di Ancona. L’educazione terapeutica: il fare del terapista occupazionale, questo il titolo del programma scientifico realizzato dalla responsabile dello stesso, Gabriella Casu.
Pur non entrando nelle dinamiche e nelle competenze riabilitative che vedono impegnati il terapista occupazionale e tutta l’équipe riabilitativa, gli argomenti di quella giornata hanno ben trattato il tema dell’educazione terapeutica e l’importanza della prevenzione primaria, secondaria e terziaria.
Il presidente nazionale dell’AITO, Michele Senatore, e la referente regionale dell’AITO Marche, Giuliana Bartocetti, hanno aperto il convegno ringraziando gli intervenuti e tutti coloro che hanno sostenuto e patrocinato l’evento: la Regione Marche, l’ASUR Marche (Azienda Sanitaria Unica Regionale), la SITO (Società Italiana Terapia Occupazionale), il CONAPS (Coordinamento Nazionale Associazioni Professioni Sanitarie), il CNOPUS (Coordinamento Nazionale Operatori Professionali Unità Spinali), FIABA ONLUS (Fondo Italiano Abbattimento Barriere Architettoniche), l’APM (Associazione Paraplegici delle Marche) e l’ANFFAS Marche (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale), che ha inviato i propri saluti associativi, sottolineando l’omogeneità di obiettivi tra la propria mission e quella dell’AITO.
Il primo intervento (Definizione di educazione terapeutica) è stato curato dalla stessa Gabriella Casu, che si è assunta il compito di mostrare il legame tra l’oggetto del convegno e la professione. Citando il Codice Deontologico, Casu ha affermato che «i terapisti occupazionali impegnati a promuovere l’abilità dell’uomo ad autogestirsi nel suo ambiente di vita e di lavoro, svolgono una funzione peculiare, in diretto rapporto con il paziente e la sua famiglia» e che «il terapista occupazionale riconosce la salute nell’accezione più ampia del termine, come condizione di benessere fisico e psichico dell’individuo, e interesse della collettività, e s’impegna a tutelarla, nell’àmbito delle proprie competenze professionali e delle proprie conoscenze tecnico-scientifiche, con attività di prevenzione, cura e riabilitazione, promuovendo, attraverso l’educazione, e/o la rieducazione, stili di vita sani, che consentano di mantenere il massimo livello di autonomia funzionale possibile (articolo 3)».
Tra le responsabilità del terapista verso il paziente, sempre leggendo il Codice Deontologico, si evince inoltre che «il terapista occupazionale ascolta, informa, coinvolge la persona e valuta, con la stessa, i bisogni, anche al fine di esplicitare il livello d’assistenza garantito e consentire alla persona di condividere le finalità del percorso riabilitativo ed aderire al medesimo mediante un atto di consenso» e che «[…] nell’aiutare e sostenere la persona nelle scelte riabilitative, garantisce le informazioni relative al piano di trattamento».
Successivamente, Angelo Bottini ha esposto l’esperienza dei terapisti occupazionali nella pratica internazionale e in qualità di Consigliere della SITO – la Società Tecnico Scientifica dell’AITO – ha relazionato sulle evidenze scientifiche e la buona pratica nello scenario estero.
L’esperienza internazionale fornisce in tal senso esempi di rilevante e benefico impatto sociale del ruolo “educativo” del terapista occupazionale, come il ventennale programma Lifestyle Redesign, per un invecchiamento attivo e in salute, il Matter of Balance per la riduzione del rischio di cadute, il Lifestyle Management for Arthritis Programme, per far vivere meglio con l’artrite, il Recovery Through Activity, per migliorare l’autonomia e la qualità di vita di chi vive con una malattia psichiatrica, ma anche il diffusissimo e interdisciplinare Reablement, che accompagna il paziente alla vita più autonoma possibile dopo la dimissione dall’ospedale.
La parola è passata quindi al presidente dell’AITO Michele Senatore, che ha innanzitutto esternato la propria gioia nel poter celebrare il WORLD OT DAY in una Regione come le Marche che – pur conoscendo poco il terapista occupazionale – si è dimostrata molto sensibile nel diffondere la cultura di questa disciplina. Ha ringraziato inoltre la SITO, nelle persone del presidente Yann Bertholon e del neo Consiglio Direttivo, per essere sempre attiva nella ricerca scientifica e nel mantenere elevate le competenze del terapista occupazionale, con l’ottima formazione offerta sul territorio italiano.
Nella sua trattazione, Senatore ha sottolineato l’importanza della prevenzione primaria per il mantenimento del benessere biopsicofisico della popolazione definita “sana”. Facendo riferimenti a Decreti Legislativi non sanitari, egli ha voluto dimostrare quanto sia diffusa l’informazione della prevenzione tra la popolazione che, pur definendosi “sana”, è quotidianamente oggetto di rischi biopsicosociali. Infatti, nello scenario delle attività di vita quotidiana, lavorativa e sociale, i danni alla salute per pericoli inerenti la sicurezza sono causa di numeri sempre alti di infortuni e malattie professionali. Il professionista sanitario dovrebbe pertanto essere parte integrante nel percorso di tutela della “salute e sicurezza”, con azioni di informazione e attività di prevenzione.
La giornata di Ancona è proseguita con gli interventi delle terapiste occupazionali marchigiane Flora Maria Brogé, Maria Civita Di Russo ed Elisabetta Giorgi, che hanno esposto le proprie esperienze di lavoro, sia in gruppo che con la persona, e il loro ambiente (bambino, genitori e insegnanti), con i racconti delle persone che, oltre alla cura e alla riabilitazione, hanno esternato disagi spesso taciuti, come la storia di Silvia, che grazie al “fare” ha riscoperto la partecipazione e il piacere di prendersi cura di se stessa ed è più rispondente alle richieste dell’ambiente in cui vive.
Ciò che si mette in gioco attraverso la terapia occupazionale non è fare un’attività piuttosto che un’altra, bensì il modo con cui l’oggetto può andare a modificare il comportamento della persona. I materiali che si utilizzano , durante le sedute, non sono mai neutri, ma si caricano di un profondo significato conscio e inconscio, che il paziente attribuisce loro in base alla propria storia, alle proprie emozioni , vissuti , ricordi. Il terapista occupazionale, quindi, aiuta la persona ad acquisire la padronanza delle attività, che fanno parte del suo livello di sviluppo, che possiamo chiamare “impegni della vita” o “aspettative della vita”. L’autonomia, del resto, non è solo aiutare la persona a muoversi a vestirsi da sola, ma è anche metterla in grado di scegliere e decidere della propria vita, di organizzarsi, rifiutare, assumersi responsabilità, desiderare, avere interessi per sé.
Ad assumersi il compito di parlare di Educazione terapeutica nei deficit di comunicazione: abbattimento di barriere fisiche e mentali per una corretta integrazione, è stato il nostro consigliere Christian Parone, che ha messo in evidenza come l’intervento del terapista occupazionale, all’interno del team multidisciplinare, possa aiutare la giusta integrazione sociale del paziente, tramite un corretto lavoro sui fattori ambientali, favorendo quindi il raggiungimento di obiettivi funzionali, tra cui la riappropriazione di spazi di qualità del proprio tempo libero e promuovendo l’indipendenza comunicativa e le abilità sociali della persona, riducendone l’isolamento, i fattori di insuccesso e migliorando la qualità di vita.
È tuttavia impossibile parlare di prevenzione, se non si discute anche di caregiver [“assistente di cura”, N.d.R.] e ambiente. Ad Ancona, quindi, è spettato a Vita Maria De Tommasi, referente dell’AITO Puglia, illustrare come la presa in carico della persona assieme al suo caregiver, già al momento della degenza, e il suo proseguimento a domicilio, possa alleggerire non di poco il carico assistenziale della famiglia, migliorare la qualità di vita e contenere anche i costi sociali.
La referente dell’AITO Umbria Arianna Antonini ha mostrato invece come la casa possa diventare un ambiente sicuro privo di insidie e come gli Enti Locali stiano sviluppando una serie di politiche e di iniziative tese a favorire la domiciliarità. Ad esempio, per gli anziani, tra i problemi clinici più seri, le cadute causano tassi di mortalità e morbilità elevati, oltre a contribuire alla limitazione della mobilità e all’ingresso prematuro in residenze assistite. Antonini ha passato quindi in rassegna ogni ambiente familiare (cucina, camera da letto ecc.) e i suoi esterni, soffermandosi sulla disposizione degli arredi e sulle strategie utili a migliorarne la vivibilità, premettendo sempre che nell’adattare la casa si deve adeguare l’edificio alle caratteristiche, capacità ed esigenze di chi lo abita, ponendo attenzione a non renderlo inospitale e asettico.
Da ultimo, è stato dato spazio all’ambiente socioculturale, alla sua importanza nella relazione con la persona, all’attenzione che il terapista deve portare nell’inserirsi in un contesto nuovo, in cui viene visto come esperto, ma di cui non sa nulla se non quello che la persona lo invita a conoscere.
A tal proposito, la terapista occupazionale Rosangela Licciardi – attraverso il racconto della propria esperienza, che l’ha vista impegnata in Regioni e situazioni differenti – ha sottolineato la necessità di affinare le competenze osservative, per comprendere il tipo di legami tra paziente e famiglia e i fattori predittivi positivi e negativi, le competenze comunicative, legate anche al non verbale e all’ascolto, ma soprattutto la necessità di essere onesti con se stessi e di riconoscere i propri limiti e i punti di forza per offrire alla persona il servizio migliore.
In conclusione vogliamo dire che quella tra terapista occupazionale e paziente/persona assistita e/o familiare è una collaborazione tra esperti, in cui vi è crescita continua e scambio. La terapia occupazionale, infatti, ritiene che la salute sia supportata e mantenuta quando le persone sono in grado di impegnarsi in occupazioni e attività che permettono la partecipazione, necessaria o desiderata, nella vita in casa, a scuola, al lavoro e nella collettività. E la giustizia occupazionale rappresenta il diritto delle persone di avere pari opportunità di partecipare nelle occupazioni in cui esse decidono di impegnarsi.
L’AITO è l’Associazione Italiana Terapisti Occupazionali.
Gli Atti del Convegno di Ancona, di cui si parla nel presente testo, verranno pubblicati nelle prossime settimane all’interno del sito dell’AITO (Associazione Italiana Terapisti Occupazionali), dove sarà anche possibile trovare ampio materiale informativo sulla disciplina, così come nella pagina Facebook e nel nuovo canale YouTube dell’Associazione. Per approfondire: segreteria@aito.it.
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