Frutto di un progetto internazionale che aveva visto come capofila il CoorDown (Coordinamento Nazionale Associazioni delle Persone con Sindrome di Down), basato su un video diretto da Luca Lucini e centrato sul messaggio Tutti hanno diritto ad essere felici, Dear Future Mom (“Cara futura mamma”) era stato voluto principalmente con l’obiettivo di diffondere una nuova cultura della diversità e una maggior conoscenza delle persone con sindrome di Down. Quasi sorprendenti i consensi ottenuti, con oltre 7 milioni di visualizzazioni in YouTube e ben sei Leoni d’Oro al Festival della Creatività di Cannes, come avevamo a suo tempo riferito.
L’idea, lo ricordiamo, era nata da una lettera, realmente ricevuta dal CoorDown, in cui una donna incinta, dopo aver saputo che il figlio che aveva in grembo sarebbe stato affetto da quella sindrome, chiedeva consigli e informazioni. I creativi avevano dunque preso spunto da quella stessa lettera, per far rispondere alla futura mamma da tante persone con la sindrome di Down di otto nazionalità diverse, otto testimonianze, tutte positive, per dire che anche con questa sindrome si può andare a scuola, lavorare, avere amici, ci si può divertire e si può perfino essere felici. «Non devi avere paura – dicono quei ragazzi alla futura mamma – perché possiamo avere una vita piena e anche tu, nonostante le tante difficoltà, ti accorgerai che è valsa la pena di metterci al mondo».
Successivamente avevamo anche riferito che il CSA, ovvero il Consiglio Superiore per l’Audiovisivo francese, equivalente della nostra Agcom, era intervenuto contro alcuni canali televisivi, proprio per avere trasmesso Dear Future Mom, dichiarando che quello spot «non può essere considerato come un messaggio d’interesse generale e la sua finalità può apparire ambigua e non suscitare un’adesione spontanea e consensuale». Il CSA, inoltre, aveva ritenuto che quel video potesse «disturbare la coscienza delle donne che, nel rispetto della legge, hanno fatto scelte diverse di vita personale» e per questo aveva appunto deciso di far scattare il divieto di trasmetterlo nelle reti televisive francesi.
Ebbene, è di questi giorni la notizia che il Consiglio di Stato francese ha confermato quella decisione, ciò che suscita ora una dura reazione da parte del Coordown.
«Nelle intenzioni nostre e dei partner internazionali che hanno collaborato alla realizzazione e alla diffusione del video – si legge infatti in una nota – non c’era alcun intento di fare una campagna pro-life [“in favore della vita”, N.d.R.], ma la volontà di rispondere a una madre in attesa di una bimba con la sindrome di Down che ci aveva scritto una lettera, chiedendo come sarebbe potuto essere il futuro della figlia che aspettava. Avevamo quindi deciso di dare la parola direttamente a giovani e a adulti con sindrome di Down che, pur ammettendo le difficoltà della loro condizione, avevano affermato con determinazione che la loro era una vita degna e felice».
«Il CSA perde di vista il fatto – proseguono dal CoorDown – che difendendo il diritto di scelta di alcune madri, nega la libertà di espressione alle persone con sindrome di Down, una libertà sancita anche dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, in particolare agli articoli 8 (Accrescimento della consapevolezza), 10 (Diritto alla vita) e 21 (Libertà di espressione e opinione e accesso all’informazione). La decisione assunta dal Consiglio di Stato francese è un atto grave di censura che lede i diritti umani e l’immagine delle persone con sindrome di Down, che non solo hanno il diritto di essere felici, ma anche quello di esprimere il loro punto di vista ed essere ascoltati. E del resto, il CSA e il Consiglio di Stato francese hanno l’autorità di negare la diffusione del video sulle TV transalpine, ma non la sua diffusione sul web e quindi Dear Future Mom, che ha già ottenuto consensi straordinari in tutto il mondo con oltre 7 milioni di visualizzazioni su YouTube, continuerà ad essere visto e condiviso in rete».
«A questo punto la nostra intenzione – conclude la nota – è quella di ricorrere nelle sedi opportune contro questa decisione e di chiedere il sostegno, nelle sedi istituzionali, del Governo italiano e del Presidente della Repubblica affinché i diritti sanciti nella Convenzione ONU siano applicati dagli Stati Membri e non restino lettera morta. Dal canto suo, la Fondation Jérôme Lejeune, nostra partner nel progetto, ha già annunciato l’intenzione di portare la questione alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo». (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@coordown.it (Federico De Cesare Viola).
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