Gli aspetti genetici, clinici, pedagogici e esperienziali della sindrome dell’X Fragile, ovvero di quella che viene ritenuta come la più frequente causa di disabilità intellettiva ereditaria: è stato questo il senso dell’importante convegno intitolato X Fragile inedito. Oltre la diagnosi la vita. Autentica, svoltosi nei giorni scorsi presso il Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di Firenze, rivolgendosi a una platea composta da studenti futuri insegnanti curricolari o di sostegno e da famiglie toscane o provenienti da altre città italiane, evento durante il quale si è passato in rassegna a tutto tondo il mondo di questa sindrome, con il supporto di genetisti, biologi, pedagogisti e neuropsichiatri infantili, insieme alla presentazione di testimonianze di persone direttamente coinvolte e delle loro famiglie.
A moderare i lavori è stata Donatella Bertelli, presidente dell’Associazione Italiana Sindrome X Fragile, che introducendo la giornata ha dichiarato: «Oggi ancora troppi insegnanti non sono in grado di aprirsi alla diversità e questo porta gravi conseguenze: il danno cerebrale per la mancanza di questa proteina può essere infatti aiutato o danneggiato e siamo quindi felici di sapervi qui ad informarvi e formarvi sul mondo della X Fragile, per poter essere domani degli insegnanti accoglienti e incoraggianti».
«Un bambino che sarà poi un adulto con X Fragile – ha aggiunto Tamara Zappaterra, docente di Pedagogia Speciale dell’Università di Firenze – non è solo una lista di sintomi della sua condizione genetica, ma una persona che ha un futuro possibile. E tuttavia, per realizzarlo, deve avvalersi di un supporto favorevole dell’ambiente. Noi per primi, quindi, dobbiamo essere impegnati in una trasformazione che è soprattutto culturale e di mentalità”.
A dare il benvenuto alla platea era presente anche Silvia Fallani, presidente della Sezione Toscana dell’Associazione Italiana Sindrome X Fragile.
Per quanto riguarda l’area medico-scientifica, ad aprire gli interventi è stata Sabrina Giglio, genetista dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Meyer e dell’Università di Firenze, che vi dirige la Struttura Operativa Dipartimentale Complessa di Genetica Medica. «Nelle differenze – ha spiegato – bisognerebbe cercare di cogliere tutte le potenzialità che questi ragazzi ci possono dare. La Sindrome X Fragile ha delle caratteristiche che devono essere conosciute, come la depressione infantile o l’ansia, che sono aspetti clinici veri e propri e non “capricci” o vissuto familiare complesso. Saperlo può fare la differenza. Le caratteristiche dell’X Fragile vanno capite soprattutto per chi ha una mutazione al 100%. Il nostro lavoro futuro è concentrato sulla stimolazione dei neurotrasmettitori che non hanno il supporto della proteina che li dovrebbe attivare. E si lavora in prospettiva anche sugli embrioni in cui si può intervenire sui geni, che si possono attivare e disattivare spegnendo quelli malati».
Silvia Guarducci, dirigente della medesima struttura di Giglio, ha parlato dei sintomi clinici delle persone con sindrome X Fragile pre-mutate (ad esempio, le madri con figli a mutazione completa), tra cui la menopausa precoce, l’atrofia celebrale, i tremori e la perdita di coordinamento motorio. Una possibilità per le portatrici di pre-mutazione è quella della PMA (Procreazione Medicalmente Assistita), da quando una Sentenza dello scorso anno ha stabilito che l’accesso a questo tipo di trattamento sia garantito come diritto anche per le coppie a rischio genetico.
In tal senso, Elisabetta Coccia, professore associato di Ginecologia e Ostetricia, che opera all’Azienda Ospedaliera Careggi di Firenze, ove dirige la Struttura Operativa Dipartimentale rivolta proprio alla PMA, ha spiegato la propria esperienza in una Regione come la Toscana, eccellenza italiana per la Procreazione Medicalmente Assistita. «Per le donne pre-mutate – ha sottolineato -, ma anche con sindrome X Fragile, che hanno come prospettiva il rischio di menopausa precoce, poter congelare ovociti per una futura gravidanza diventa un fattore importante».
Dallo studio di Raffaella Tancredi dell’IRCCS Stella Maris di Calambrone (Pisa), sono emerse invece differenze tra i bambini pre-mutati e a mutazione completa in relazione ai profili psicopatologici trattati nella struttura in cui lavora: la sua relazione ha evidenziato differenze tra i maschi e le femmine, i primi maggiormente affetti da ADHD (disturbo da deficit di attenzione e dell’iperattività), le seconde con diagnosi di spettro autistico (questo contrariamente alla media per cui sono maggiormente i maschi a presentare questi tratti). «Abbiamo riscontrato inoltre – ha dichiarato – che le femmine hanno atteggiamenti più “internizzanti”, cioè disturbi rivolti contro la loro persona, come ansia, sbalzi di umore, irritabilità, depressione, mentre nei maschi sono più frequenti disturbi “esternalizzanti”, come l’aggressività, che possono cioè mettere in difficoltà l’ambiente circostante».
La relazione della citata Tamara Zappaterra si è concentrata infine sulla comunicazione della diagnosi, momento centrale nella vita delle famiglie con sindrome X Fragile: «Dalle esperienze ascoltate negli anni – ha affermato – è emersa, da parte del personale medico preposto alla comunicazione della condizione del figlio un’eccessiva sintesi, spiegazioni insufficienti, incompetenza o ruvidità. Questo evidentemente aggrava la durezza dell’impatto. Si è riscontrato, inoltre, che è importante parlare alla coppia con il figlio presente, anche se neonato e questo perché il dolore della comunicazione sia alleviato, caricandosene insieme e perché il bimbo deve essere subito visto come persona, non definito solo da un’etichetta diagnostica. Il bambino, infatti, non coincide con la sua disabilità. Negli ultimi studi si è riscontrato come il nucleo famiglia diventi un esempio di resilienza, e come la funzione della narrazione del proprio vissuto aiuti un’elaborazione che porta le famiglie in un percorso che va dal dolore iniziale ad un’accettazione del bambino reale con le sue difficoltà e a un cambio di prospettiva: non più problema e limite, ma risorsa».
La seconda parte del convegno ha dato ampio spazio, come accennato, alle testimonianze di persone con X Fragile e dei loro familiari, a partire da Luca Razzauti, giovane adulto con X Fragile, che ha parlato di sé attraverso lo strumento della comunicazione facilitata, avvalendosi cioè di un computer sul quale ha scritto la propria testimonianza.
Laureato all’Università di Pisa – come avevamo raccontato a suo tempo anche nel nostro giornale – Luca si è soffermato sull’importanza delle condizioni ambientali: «Ambiente favorevole – è stato il suo messaggio – significa possibilità di riuscita. L’Università è all’altezza del compito con tutor coetanei, insegnanti dalla mente aperta e familiari inossidabilmente fiduciosi. Io adesso vivo a Pisa per quattro giorni alla settimana con amici fantastici, quando sono lì la sera spesso vado a lavorare in pizzeria ed è motivo di orgoglio per me sentirmi al pari dei miei amici studenti-lavoratori». «Vi prego – ha concluso – siate esigenti con noi fin da quando siamo piccoli, fateci proposte intelligenti e i muri che sembriamo erigere, sappiatelo, chiedono solo di essere “affrescati” con l’aiuto di tutti, con splendidi e smaglianti colori».
Dal canto suo, Dina Biagoni ha raccontato l’esperienza del marito, che ha scoperto solo da anziano di essere portatore della sindrome X Fragile, dopo moltissima fatica nell’acquisizione di una diagnosi corretta: «Un vero calvario – ha detto – un percorso durante il quale nessuno sapeva cosa dirci».
E ancora, la famiglia di Lorenzo Vannucci ne ha raccontato i risultati all’evento di Boston di Special Olympics – il movimento internazionale dello sport particato da persone con disabilità intellettiva – cui il giovane ha partecipato con una squadra di canottaggio. Il tutto all’insegna della normalità e delle conquiste di una “vita speciale”.
Tra le testimonianze delle famiglie, infine, c’è stata anche quella di Serena Cecconi, mamma romana di tre figlie, due delle quali con sindrome X Fragile. Nel suo libro Da grande farò il mostro o l’elefante racconta la vita con queste due figlie che sono come delle “sfere di cristallo”. «Questo libro – ha spiegato – è un mio sfogo, questa sindrome è discriminatoria, si comporta in modo diverso tra maschi e femmine. Il libro ha lo scopo di provocare. Nel mio caso la diagnosi è arrivata molto in ritardo e mi ha fatto incontrare negli anni camici bianchi prestati alla neuropsichiatria, ma il cui posto era “la macelleria”. La storia delle mie figlie ha un “lieto fine”: la più grande, infatti, è innamorata da sei anni e vive con il fidanzato a Torino, suona e ha realizzato nella vita quello che mai avrei osato credere, ma sono d’accordo con Luca Razzauti, bisogna proporre loro molto e stimolarli con cose intelligenti».
Dopo un excursus sulla recente Legge 112/16, meglio nota come Legge sul “Dopo di Noi”, da parte di Donatella Fantozzi, cultrice di Pedagogia Speciale all’Università di Firenze e responsabile del Settore Educazione di ANCI Toscana (Associazione Nazionale Comuni Italiani), l’ultimo capitolo affrontato durante il convegno è stato quello del lavoro, rispetto al quale hanno portato la propria esperienza due soci della Cooperativa Il Faro di Scandicci (Firenze), che si occupa di inserimenti lavorativi socio-terapeutici di persone con disabilità intellettiva, seguiti dal racconto di due giovani adulti della loro vita di lavoratori.
Ha concluso la giornata Alessia Brunetti, vicepresidente dell’Associazione Italiana Sindrome X Fragile, che ha raccontato la propria esperienza di madre con una diagnosi precocissima del figlio (a 20 giorni) e della sua necessità di andare oltre quell’etichetta – arrivata a 90 giorni di vita del figlio – che lo definiva come «invalido con totale e permanente inabilità lavorativa, con necessità di assistenza continua, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita».
«Per lavorare a un futuro – ha spiegato – occorre sapere partire per tempo e gettare le basi di un lavoro che durerà tutta la vita. In altre parole, vogliamo una prognosi, non una diagnosi, per costruire un futuro in un progetto che metta al centro il pensiero dei nostri figli».
Proprio da questa necessità di “andare oltre” è nato il progetto Vedo Curriculum di cui Brunetti ha parlato così: «Con il bilancio di competenze e un video curriculum che parla a trecentosessanta gradi dei nostri figli, abbiamo capito anche noi le loro capacità, che vanno molto oltre una diagnosi di sindrome X Fragile. Questo lavoro aiuta le persone in età lavorativa a pensarsi come lavoratori e a capire le proprie potenzialità, e alla società serve per aprire gli occhi su di loro». (M.R. e S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@xfragile.net (Marta Rovagna).