Dopo la dura presa di posizione assunta dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), di cui abbiamo riferito in altra parte del giornale, anche il Tribunale per i Diritti del Malato di Cittadinanzattiva esprime per il suo specifico – ovvero riguardo al settore più strettamente sanitario – una serie di critiche decise al Decreto della Presidenza del Consiglio (DPCM) sui nuovi LEA (Livelli Essenziali di Assistenza). «Esclusione dei pazienti dalle decisioni prese, pericolo per la sostenibilità finanziaria delle nuove cure e rischio di un ritorno di sanzioni ai medici»: sono queste le principali criticità relative al Decreto, evidenziate da Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i Diritti del Malato, nel corso di un’audizione in Commissione Affari Sociali della Camera.
«Nell’intesa tra Stato e Regioni sui LEA del 7 settembre scorso – spiega in una nota Aceti – c’è il riferimento a una riduzione del trattamento accessorio dei medici prescrittori nel caso in cui si discostino dalle indicazioni. Questo significa mettere sui medici una tensione che può avere riflessi sull’accesso alle cure da parte dei pazienti».
E ancora, «la modalità di revisione dei LEA attuata finora non ha visto il coinvolgimento dei cittadini, che le cure le ricevono. Un’assenza che riguarda anche la Commissione sull’Aggiornamento dei LEA, di recente nominata, ma senza un rappresentante dei pazienti. Chiediamo dunque di colmare questo gap, che è un gap anche culturale».
C’è poi un problema di sostenibilità finanziaria delle nuove cure, già denunciato nei giorni scorsi dal Tribunale per i Diritti del Malato, come avevamo segnalato anche nel nostro giornale. «Nell’intesa con le Regioni – dichiara infatti Aceti – si parla di 115 miliardi per il 2018, ma nella legge di Bilancio se ne trovano 114. Se si dovranno quindi finanziare i LEA con un miliardo in meno, saranno prestazioni al ribasso rispetto a quelle di cui parliamo oggi».
E infine, un ulteriore nodo riguardante le scarpe ortopediche e i plantari, «inspiegabilmente esclusi – rileva il Coordinatore del Tribunale per i Diritti del Malato – dal Nomenclatore Tariffario. Si tratta di 65 milioni risparmiati dal Servizio Sanitario che verranno pagati dalle famiglie. E il motivo sarebbe l’iperprescrizione. Ma la soluzione dovrebbe essere governare la prescrizione e non il depennamento». (S.B.)
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