Lo scorso 3 dicembre si è celebrata la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, appuntamento che, com’è noto, è stato istituito allo scopo di promuovere una più diffusa e approfondita conoscenza sui temi della disabilità, sostenere la piena inclusione delle persone con disabilità in ogni àmbito della vita e allontanare ogni forma di discriminazione e violenza.
L’evento ha costituito senza dubbio per tutti i movimenti italiani di e per le persone con disabilità un’opportunità importante per organizzare convegni e riflettere sullo stato dell’arte della qualità dei nostri diritti, ma anche un’occasione per praticare la cultura dell’inclusione, attraverso iniziative concrete.
A tal proposito, la Federazione Nazionale delle Istituzioni Pro Ciechi ha inaugurato il 12 novembre scorso a Roma, presso lo Spazio Fontana del Palazzo delle Esposizioni, la mostra multisensoriale Sensi Unici [se ne legga già ampiamente anche nel nostro giornale, N.d.R.], unitamente alla quale sono previste attività didattiche rivolte alle scuole e alle famiglie, laboratori aperti sul tema della scrittura Braille e sui libri tattili, nonché due eventi speciali, di cui il primo proprio in occasione della recente Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità. Si è trattato di un laboratorio gratuito che ha avuto un grande successo, con più di cinquanta prenotazioni tra bambini, ragazzi, genitori e adulti con disabilità visiva e pure “normovedenti”.
Il nostro obiettivo è stato quello di sensibilizzare tutta la cittadinanza sull’importanza, sull’utilità e, soprattutto, sull’attualità del Braille. Infatti, nonostante i molteplici benefìci recati ai minorati della vista da questo sistema di lettura e scrittura, ideato da uno di loro e appositamente per loro, ancora molti, purtroppo, manifestano una forte ostilità nei confronti di esso. Da parte di numerosi genitori di ragazzi con disabilità visiva, ad esempio, esso è considerato come emarginante e stigmatizzante, identificando l’apprendimento del sistema con il riconoscimento definitivo della cecità del figlio.
Occorre naturalmente rispetto per il sentire di ognuno, ma noi abbiamo l’obbligo di far sapere che nel contesto sociale attuale l’analfabetismo crea enormi difficoltà e che l’autentica emarginazione deriva dall’impossibilità di risolvere problemi, non già dagli strumenti con i quali i problemi si risolvono.
Ma facciamo un po’ di “storia del Braille”, per far comprendere meglio ai Lettori di cosa stiamo parlando.
Si tratta, com’è noto, del sistema di lettura e scrittura in rilievo che consente anche ai ciechi di leggere e di scrivere, di comunicare, di fissare il proprio pensiero, di studiare, di lavorare e di integrarsi nel contesto sociale di appartenenza. Fu ideato nel 1829 dal ventenne francese Louis Braille, che proprio in quell’anno pubblicò Procedimento per scrivere le parole, la musica e il canto corale per mezzo di punti in rilievo ad uso dei ciechi ed ideato per loro, opera con la quale faceva conoscere la scrittura a sei punti in rilievo impressi su un cartoncino, da lui inventata, e che è quella ancora oggi utilizzata dai ciechi di tutto il mondo. Il metodo Braille, infatti, dopo le iniziali difficoltà a imporsi, in quanto considerato erroneamente come un mezzo di segregazione del non vedente, piuttosto che di sua integrazione, ebbe il suo primo riconoscimento internazionale al Congresso Universale per il Miglioramento della Sorte dei Ciechi e dei Sordomuti, tenutosi a Parigi in occasione dell’Esposizione Universale del 1878, quando venne decisa la prima generalizzazione internazionale del metodo originale non modificato. Seguirono quindi nel 1917 l’adozione del Braille originale anche negli Stati Uniti d’America, nel 1929 il riconoscimento internazionale della Notazione Musicale Braille e infine, nel 1949, su decisione dell’Unesco, l’uniformità dei vari alfabeti Braille, cosicché esso venne adottato nelle lingue arabe, in quelle orientali e nei dialetti africani, diventando così il metodo universale di lettura e di scrittura dei ciechi di tutto il mondo utile nel terzo millennio pure per leggere la musica e studiare la matematica e la tifloinformatica (l’informatica destinata alle persone con disabilità visiva).
Dunque, oggi, i non vedenti di tutto il mondo sono consapevoli dell’importanza decisiva che l’invenzione di Braille ha avuto per la loro vita. Senza l’alfabeto ideato da quel giovane francese, essi sarebbero rimasti indefinitamente esclusi dalla cultura e dal lavoro, i soli mezzi grazie ai quali hanno potuto liberarsi dalla condizione di perenne dipendenza dalla compassione, dalla beneficenza e dagli altri, per divenire protagonisti consapevoli della loro integrazione sociale.
Tornando al laboratorio sul Braille tenutosi il 3 dicembre scorso al Palaexpo di Roma, il motivo principale che ci ha ispirato a organizzarlo sta nel fatto che molte volte abbiamo sentito dire che «il Braille è ormai superato» e che «non serve più». Lo dicono anche troppi insegnanti per il sostegno che, particolare tutt’altro che trascurabile, non solo non conoscono adeguatamente il Braille che dovrebbero insegnare agli alunni affidati alle loro cure, ma che non di rado rifiutano anche di impararlo, relegando i malcapitati bambini alla condizione di “analfabeti strumentali”.
A tali criticità, la Federazione Nazionale delle Istituzioni Pro Ciechi ha sempre cercato e cerca costantemente di ovviare, promuovendo in giro per l’Italia innumerevoli e molteplici laboratori ludico-didattici sui libri tattili illustrati e, ovviamente, sul metodo Braille, da destinare a tutti i pubblici di ogni età e abilità.
In tal senso, la cita mostra Sensi Unici di Roma è diventata, come accennato, lo spunto per tutta una serie di attività laboratoriali, pensate per consentire ai visitatori di ogni età e abilità di giocare e interagire tra loro, proprio grazie al Braille. Si è trattato di attività funzionali all’esperienza stessa della mostra, organizzate sotto forma di laboratori ludico-creativi, in cui i materiali e la libertà interpretativa nell’uso del Braille hanno creato interessanti momenti di confronto tra bambini, ragazzi, genitori e insegnanti non vedenti, ipovedenti e vedenti: un luogo innanzitutto di divertimento, esperienza e condivisione dei valori, che ha avuto come unico protagonista il linguaggio tattile.
Tutti i partecipanti sono stati introdotti al mondo dell’illustrazione multisensoriale e al linguaggio Braille, attraverso un’esposizione teorica e la creazione di piccoli progetti artistici guidati da Stefano Alfano e Pietro Vecchiarelli, operatori della Federazione Pro Ciechi.
Insomma, a chi ci dice superficialmente che il metodo Braille è obsoleto e che è uno “stigma”, come Federazione Pro Ciechi cerchiamo di rispondiamo con i fatti e in modo concreto, con i nostri laboratori, dimostrando invece come esso sia capace di abbattere ogni barriera linguistica, culturale e di abilità e, soprattutto, di rappresentare ancora un modernissimo e fondamentale strumento di inclusione.