Si è svolta il 26 novembre presso l’Aula Magna del Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna, una giornata in ricordo del professor Nicola Cuomo, docente di Pedagogia Speciale presso lo stesso Ateneo bolognese, scomparso nel mese di maggio di quest’anno [se ne legga anche il ricordo del nostro giornale, N.d.R.].
L’incontro è stato organizzato in modo da ricostruire, come in una narrazione, concatenando i vari interventi, la vita e l’impegno professionale di Cuomo nel campo dello sviluppo e del potenziamento delle diverse e originali intelligenze: le sue intuizioni iniziali circa la potenza dell’emozione di conoscere, il rigoroso lavoro multi e interdisciplinare, l’intervento precoce per supportare e orientare le famiglie vero il massimo sviluppo dei potenziali cognitivi ed affettivi, la formazione degli insegnanti per una didattica inclusiva, il “pensami adulto” per una vita autonoma e indipendente, la dimensione sistemica della ricerca-formazione-azione, fino all’ultimo progetto relativo al “Dopo di Noi” e al “testamento pedagogico”, per orientare le pratiche dell’amministratore di sostegno verso il far nascere e il sostenere intenzionalità e autodeterminazione.
«Sognare di volare, di parlare, ascoltare e vedere gli altri a grande distanza attraverso le proiezioni dell’immaginario, non possono che essere i presupposti dello sviluppo scientifico e tecnologico»; con queste parole dello stesso professor Cuomo si è aperta la giornata, voluta non con l’intento di riunirsi in ricordo di un’avventura conclusa, ma per raccogliere riflessioni di alcuni dei numerosi colleghi, italiani e stranieri, che hanno collaborato e lavorato con lui, in differenti àmbiti, mettendo in luce il suo pensiero innovativo che negli ultimi trent’anni ha proposto e imposto un cambiamento nel modo di vedere e pensare la disabilità per molti professionisti, insegnanti, genitori…
L’originalità e la particolarità degli studi e delle ricerche del professor Cuomo sono da ritrovarsi soprattutto nel non voler definire e progettare singoli e isolati segmenti di intervento (cosa fare a scuola per insegnare al bambino a leggere? Cosa fare con un ragazzo adulto per insegnargli a divenire autonomo?….), ma nel voler disegnare un approccio sistemico, sperimentale, inter e multidisciplinare, che possa condurre ogni singola originale intelligenza verso il massimo sviluppo dei suoi potenziali, lungo tutto il corso della vita, agendo sui differenti contesti (casa, scuola, tempo libero e lavoro) e puntando su atmosfere relazionali inclusive, forti dal punto di vista affettivo, capaci di suscitare il reciproco desiderio di esistere.
Questo aspetto ha reso e rende tuttora potente il suo lavoro, in quanto invita – ciascuno nel suo ruolo specifico (famiglie, terapisti, insegnanti, professionisti…) – a sostenere, orientare, educare e potenziare l’intelligenza umana, qualunque sia il significato che ad essa diamo, partendo dai “sai fare” che ciascuna persona ha, a prescindere dalle difficoltà che la caratterizzano e tenendo conto che queste non pregiudicano nel tempo un originale e permanente sviluppo intellettuale ed affettivo.
«La vera novità del contributo di Nicola Cuomo – ha sottolineato Giorgio Albertini, direttore del Dipartimento di Scienze delle Disabilità Congenite ed Evolutive, Motorie e Sensoriali dell’IRCCS San Raffaele Pisana di Roma – è sempre stata l’attenzione all’analisi dei contesti, agendo su di essi, per renderli funzionali e rispondenti ai bisogni dei bambini; progetti educativi in cui era fondamentale il coinvolgimento della famiglia, ponendo molta attenzione, durante i primissimi anni di vita, all’interazione madre-bambino e soprattutto all’implementare progetti che, se pure strutturati e con obiettivi specifici, entrassero nelle routine familiari».
«Un ricercatore che studia e interviene per produrre cambiamenti reali e socialmente utili deve necessariamente calarsi nei contesti operativi e condividere rischi e responsabilità con chi vive in prima persona il problema»: questo lo ha ricordato anche Nuria Illan dell’Università spagnola di Murcia, raccontando di come assieme a Nicola Cuomo abbia lavorato con rigore scientifico, gomito a gomito, con le famiglie, raccogliendo le sfide più difficili.
Sfide difficili che possono essere affrontate solo con grande intuito, conoscenza, curiosità, impulsività, ma soprattutto con estrema pazienza che, ha raccontato Gianni Biondi, psicologo e psicoterapeuta, docente di Psicologia Pediatrica, già Direttore del servizio di Psicologia Pediatrica dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, «Nicola aveva quando doveva affrontare le metodologie, senza cadere nel tranello, dell’anticipare i tempi». Tempi e interventi che, per la loro complessità, non possono proporre itinerari rettilinei e uniformi, come la traiettoria di una freccia scoccata, ma articolati come «come il volo della farfalla, proponendo una dimensione in cui bisogna essere pronti ad andare avanti, a tornare indietro, un essere in grado di star fermi volando; sapendo cambiare obiettivo, pur mantenendo la curiosità per l’obiettivo scartato».
Il professor Biondi ha messo inoltre in luce l’esigenza, sorta ormai vent’anni fa dal confronto con Cuomo, di superare l’inevitabile soggettività delle singole discipline, grazie a un approccio multidisciplinare [Area della Pedagogia Speciale, Area della Psicologia Clinica e Aree Neuroriabilitative, N.d.A.], che vivesse la disabilità «non come sottointeso mediatore per dare credibilità al nostro percorso scientifico-culturale, ma come reciproco vissuto di una nostra storia, di una nostra importante esperienza, con l’emozione, il piacere di scoprire la complessità della visione del mondo che avevamo in comune».
«Pur nella specificità della nostra professionalità – ha continuato Biondi – non erano sufficienti i nostri incontri, sempre più frequenti in eventi scientifici, informativi. Avevamo bisogno di avere più spazio per dare vita al comune “sogno” di poter lavorare assieme. Di mettere alla prova la nostra “reale” capacità di integrarci [qui il professor Biondi si riferiva al progetto mulitidisciplinare “Roma-Malaga”*, N.d.A.].
L’Emozione di Conoscere è stata l’intuizione di Nicola Cuomo ormai quarant’anni fa, quale potente energia, caratteristica dell’uomo, per superare le difficoltà, le complessità dell’apprendimento… un’energia che va oltre i paradigmi della logica, la quale spesso propone dei freni allo sviluppo e al potenziamento cognitivo, soprattutto in quelle persone che a causa di un deficit hanno dei limiti in quest’area.
L’Emozione di Conoscere si contrappone a una visione difettologica della persona, della persona con deficit (che sottolinea i suoi “non sa fare”) e smentisce un modello di intelligenza unico che avanza per tappe, per prerequisiti… proponendo una rigorosa operazione di analisi che va permanentemente ricollocata nel contesto, nelle storie di chi si sta analizzando.
Ed è in queste storie che gli apprendimenti, la conoscenza si giocano nella complessità della vita reale, che è fatta di grattacapi, sogni, desideri, relazioni sociali, innamoramento… lavoro… ed è inclusiva.
«Chi insegna al gabbiano a volare?… Il vento!», gli disse un giorno un poeta ispirato dal concetto di Emozione di Conoscere.
Nella vita di tutti giorni, la famiglia riveste un ruolo fondamentale ed è per questo che negli ultimi anni Cuomo aveva concentrato il suo lavoro di ricerca nel mettere in piedi un protocollo di intervento per la realizzazione di un percorso-sistema di ricerca-formazione-azione, finalizzato a fornire, proprio alle famiglie, chiavi concettuali e strumenti operativi per costruire un “Durante di Noi” di qualità, quale premessa fondamentale per un “Dopo di Noi” altrettanto di qualità e nel rispetto dell’autodeterminazione.
A tal proposito sono intervenuti durante la giornata di Bologna i direttivi dell’Associazione di Promozione Sociale De@Esi e della Fondazione CondiVivere, anche per ricordare uno degli ultimi progetti, quello del già citato “testamento pedagogico”, un atto giuridico voluto per orientare le prassi dell’amministratore di sostegno e che già diverse famiglie stanno depositando in tribunale.
L’incontro si è concluso con l’auspicio di poterlo ripetere tra un certo periodo di tempo – un anno – per confrontarsi nuovamente e fare il punto della situazione circa le ricerche che si stanno portando avanti e che fanno riferimento all’emozione di conoscere.
Una fine, quindi, che si vorrebbe rappresentasse l’inizio di un movimento, il movimento educativo dell’emozione di conoscere. E la giornata del 26 novembre ha evidenziato come questo movimento, in un certo senso, già esista, alla luce del contenuto di tutti gli interventi, ciascuno dei quali, pur con la sua caratterizzazione originale, ha espresso un comune e forte obiettivo di cambiamento.
*Il Progetto “Roma-Malaga” è iniziato nel 1986 (Progetto “ASISI”) presso il Centro di Neuroriabilitazione dell’Ospedale Bambino Gesù di Santa Marinella (Roma), diretto da Giorgio Albertini. Fu avviata un’attenta valutazione dello sviluppo dei bambini e adolescenti con sindrome di Down, individuando come principale obiettivo un progetto nell’area pedagogico-educativa, in relazione ai bisogni che erano segnalati dai genitori e dagli insegnanti (famiglia, scuola, tempo libero) e al raggiungimento di un maggior numero di autonomie. Nicola Cuomo dirigeva l’aspetto pedagogico del progetto, affiancato da due discipline quali la Neuroriabilitazione (Giorgio Albertini, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù) e la Psicologia (Gianni Biondi, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù).
Si può visionare in YouTube un’ampia parte della giornata del 26 novembre a Bologna, dedicata a Nicola Cuomo.