È luogo comune pensare che una donna disabile non sia attraente e pertanto non possa essere vittima di abusi sessuali e psicologici. Si fatica a credere che una donna con disabilità voglia curarsi l’aspetto estetico, indossare abiti femminili e che possa avere anche una vita relazionale e sessuale come tutte le altre donne. Grande scetticismo e stupore suscitano ancora tutte quelle donne con handicap, ad esempio, che si rivolgono a un negozio per acquistare creme, trucchi, profumi e bijou che la possano rendere gradevole anche agli occhi degli uomini.
Ma le donne disabili non sono escluse dalla tremenda gamma delle forme di violenza che colpisce tutto il genere femminile. Sono e restano vittime completamente invisibili di soprusi che si consumano quotidianamente e nemmeno raramente. Dalle mura domestiche a tutti gli altri contesti sociali.
Quante volte se ne sente parlare? Certo, è un tema molto delicato. Un fenomeno tanto complesso quanto taciuto. Nemmeno in occasione della recente Giornata Nazionale contro la Violenza sulle Donne.
Le statistiche riportate dai media ogni anno in occasione di quest’ultimo evento si basano su dati concreti. Su avvenimenti che vengono denunciati alle forze dell’ordine o “raccontati” agli operatori dei Centri Anti-Violenza. Ma quante vittime di abusi o violenze hanno il coraggio di denunciare? Di “raccontare” una tale esperienza? Secondo l’ISTAT poco meno del 10 per cento delle vittime.
Complessi e delicati sono i meccanismi psicologici che si mettono in moto in una donna che subisce maltrattamenti, abusi e violenze. È importante parlare e mettere alla luce un problema tanto sommerso quanto drammaticamente realistico. Il modo per “uscire dal silenzio” è di dare voce a tutte quelle donne che non riescono a farlo. Un piccolo contributo per la grande battaglia contro la violenza. Che in questo caso ha radici anche culturali e sociali, nutrite ancora da molti preconcetti assai vivi e vegeti nella mentalità della stragrande maggioranza delle persone che ci circondano: familiari compresi. Può sembrare il contrario, ma nulla come la violenza ci riguarda tutti e in prima persona, visto che è innata in ognuno di noi. Tutti noi, dunque, possiamo combatterla. Ogni giorno, semplicemente con il nostro esempio.
Infatti, per quanto mi riguarda, come disabile sensoriale, ho notato che spesso devo spiegare e giustificare, nel momento in cui acquisto un capo di vestiario o una bijou, il perché sono attratta da ciò che sto per acquistare. Sembra strano che una donna priva della vista ami i colori vivaci, abbinarli e valorizzarli. L’eleganza forse deve essere per il mondo dei normodotati solo un elemento costante per chi ha la vista e non per chi ne è priva. E questo è solo un piccolo esempio che fa capire come ancora tanta strada occorre fare per cambiare questa mentalità.
Per cambiarla è necessario che tutti si impegnino ad educare a un atteggiamento di ascolto e confronto, partendo da dentro le nostre case, dal contesto familiare, via via a tutti i contesti sociali che abitiamo. I valori vanno testimoniati, se si vogliono trasmettere. Primo fra tutti il rispetto per la vita e per le persone. Così si promuove cultura. Cultura dell’inclusione, delle pari opportunità, della non violenza.
Testo già apparso nel sito del Gruppo Donne UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), con il titolo “Violenza sulle donne disabili: testimoniare i valori che si vogliono trasmettere”. Viene qui ripreso (così come l’immagine riprodotta), con minimi riadattamenti al diverso contesto, per gentile concessione.
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