Con particolare soddisfazione, poco prima delle feste natalizie, avevamo titolato Sempre i Diritti prima dei bilanci la nota con la quale avevamo informato i Lettori della Sentenza 275/16 della Corte Costituzionale, riguardante una controversia tra la Regione Abruzzo e la Provincia di Pescara sul trasporto scolastico degli alunni con disabilità, provvedimento destinato a diventare senza alcun dubbio un vero e proprio “punto fermo”. A curare un ampio approfondimento su quella Sentenza è oggi per noi Salvatore Nocera.
Il 16 dicembre scorso la Corte Costituzionale ha depositato la Sentenza 275/16, tramite la quale ha dichiarato incostituzionale una norma della Regione Abruzzo, concernente le spese per il trasporto a scuola degli alunni con disabilità.
Si tratta di un provvedimento di enorme importanza, in quanto si fonda sull’articolo 38 della Costituzione e sulle Sentenze della stessa Corte, specie la 215/87 e la 80/10; anzi, mentre quest’ultima aveva sancito sanciva l’intangibilità del diritto allo studio con riguardo al numero necessarie di ore di sostegno, questa stabilisce l’intangibilità dello stesso diritto con riguardo al trasporto a scuola.
Vediamo i fatti. In forza dell’articolo 28 della Legge 118/71, il trasporto alle scuole del primo ciclo degli alunni con disabilità (infanzia, primaria e secondaria di primo grado) è gratuito ed è posto a carico dei Comuni di residenza degli stessi. Per le scuole secondarie di secondo grado, invece, ha provveduto a garantire lo stesso diritto l’articolo 139 del Decreto Legislativo 112/98, oggi sostituito dalla Legge 56/14, la quale ha stabilito che tale spesa sia posta a carico delle Regioni che possono assegnarle ad altri Enti Subregionali.
Dal canto suo, il Consiglio di Stato aveva espressamente chiarito che anche per le scuole superiori il trasporto degli alunni con disabilità dovesse essere gratuito, con la Sentenza 2361/08. Rimaneva tuttavia il dubbio circa la compatibilità di tali orientamenti con l’articolo 81 della Costituzione, che dopo la modifica introdotta dalla Legge 1/12, prevede l’obbligo del pareggio annuale di bilancio.
Ebbene, questo dubbio è stato fugato per quanto riguarda la spesa per le ore di sostegno, con la citata Sentenza 80/10 della Corte Costituzionale, mentre per quanto concerne il trasporto, è arrivata ora questa Sentenza 275/16.
La Regione Abruzzo, infatti, aveva stabilito con propria Legge che la Regione stessa contribuisse alle spese di trasporto, poste a carico delle Province per le scuole superiori, in misura del 50% sulla base della rendicontazione fornita dalle stesse. Con successiva norma, però, la Regione aveva stabilito che tale rimborso sarebbe avvenuto «nei limiti della disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio» [articolo 6, comma 2 bis della Legge Regionale 78/78, aggiunto dall’articolo 88, comma 4 della Legge Regionale 15/04, N.d.R.]. Pertanto, quando le Province abruzzesi avevano chiesto i rimborsi delle spese sostenute dal 2006 al 2012, la Regione aveva decurtato notevolmente tali rimborsi, appellandosi proprio alle ridotte disponibilità di bilancio anche in previsione degli anni successivi. Le Province, quindi, per ottenere le somme corrispondenti alle spese anticipate, avevano portato la Regione di fronte al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR), il quale aveva ritenuto di dover sollevare il problema di legittimità costituzionale della norma regionale limitatrice del proprio obbligo di rimborso delle spese di trasporto, in quanto limitava i finanziamenti e quindi il servizio di trasporto gratuito, ovvero il diritto allo studio degli alunni con disabilità.
La Consulta, dunque, ha fatto proprie le argomentazioni del TAR abruzzese, dichiarando incostituzionale la norma limitatrice dell’obbligo della Regione di finanziare le spese di trasporto, che aveva ritenuto insostenibili secondo i vincoli dei propri bilanci annuali.
Meritano senz’altro di essere riportati di seguito molti passi della motivazione della Sentenza 275/16, perché essi sono di straordinaria importanza.
Questa, innanzitutto la “Motivazione in fatto n. 9 del TAR” fatta propria dalla Corte: «9.- Viceversa l’inciso “nei limiti della disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio”, contenuto nell’art. 6, comma 2-bis, della legge della Regione Abruzzo n. 78 del 1978, legittimerebbe una decisione arbitraria della Regione di coprire in modo discontinuo i costi del servizio, gestito in conformità del piano previsto dall’art. 6 della medesima legge».
Non è quindi legittimo lasciare alla discrezionalità politica dei bilanci l’esigibilità o meno del diritto allo studio degli alunni con disabilità. E l’argomentazione diviene ancor più penetrante così come segue: «11.- Il finanziamento del servizio potrebbe essere ridotto in modo repentino e incontrollato, di anno in anno, rendendo del tutto variabile ed inattendibile la continuità e la pianificazione dell’organizzazione dello stesso da parte delle Province, con inevitabili ripercussioni sulle famiglie e sulla possibilità di queste di poter assicurare la frequenza scolastica ai propri figli».
L’Avvocatura della Regione aveva fatto appello al principio del pareggio di bilancio, ormai costituzionalizzato, nel modo che segue: «14.- In ogni caso, la difesa regionale rappresenta che l’effettività del diritto allo studio del disabile deve essere bilanciato [sic] con altri diritti costituzionalmente rilevanti e, in particolare, con il principio di copertura finanziaria e di equilibrio della finanza pubblica, di cui all’art. 81 Costituzione; che il limite della disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio “costituirebbe una legittima scelta fra prestazioni essenziali, gratuite, e non essenziali, eseguibili dietro pagamento di un contributo, da effettuarsi in relazione alle finalità perseguite, ed alle esigenze dell’utenza di base».
La Corte Costituzionale, però, non ha condiviso tali argomentazioni, contestandole alla luce dell’articolo 24 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e dell’articolo 38 della Costituzione sul diritto intangibile all’educazione ed all’istruzione; infatti, nelle motivazioni in punto di diritto così si esprime: «5.- La natura fondamentale del diritto, che è tutelato anche a livello internazionale dall’art. 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, ratificata e resa esecutiva con legge 3 marzo 2009, n. 18, impone alla discrezionalità del legislatore un limite invalicabile nel “rispetto di un nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati” (sentenza n. 80 del 2010), tra le quali rientra il servizio di trasporto scolastico e di assistenza poiché, per lo studente disabile, esso costituisce una componente essenziale ad assicurare l’effettività del medesimo diritto».
Il ragionamento generale viene quindi rafforzato, puntualizzando nel modo che segue l’illegittima situazione determinata dalla Legge Regionale abruzzese: «6.- Nella specie il legislatore regionale si è assunto l’onere di concorrere, al fine di garantire l’attuazione del diritto, alla relativa spesa, ma una previsione che lasci incerta nell’an e nel quantum la misura della contribuzione, la rende aleatoria, traducendosi negativamente sulla possibilità di programmare il servizio e di garantirne l’effettività, in base alle esigenze presenti sul territorio. Non può neppure essere condivisa in tale contesto la difesa formulata dalla Regione secondo cui ogni diritto, anche quelli incomprimibili della fattispecie in esame, debbano essere sempre e comunque assoggettati ad un vaglio di sostenibilità nel quadro complessivo delle risorse disponibili. Innanzitutto, la sostenibilità non può essere verificata all’interno di risorse promiscuamente stanziate attraverso complessivi riferimenti numerici. Se ciò può essere consentito in relazione a spese correnti di natura facoltativa, diverso è il caso di servizi che influiscono direttamente sulla condizione giuridica del disabile aspirante alla frequenza e al sostegno nella scuola. Questa Corte ha già avuto modo di affermare che “in attuazione dell’art. 38, terzo comma, Costituzione, il diritto all’istruzione dei disabili e l’integrazione scolastica degli stessi sono previsti, in particolare, dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate)”, la quale “attribuisce al disabile il diritto soggettivo all’educazione ed all’istruzione a partire dalla scuola materna fino all’università”; e che “la partecipazione del disabile ‘al processo educativo con insegnanti e compagni normodotati costituisce […] un rilevante fattore di socializzazione e può contribuire in modo decisivo a stimolare le potenzialità dello svantaggiato (sentenza n. 215 del 1987)’” (sentenza n. 80 del 1010)».
Ma la Corte Costituzionale va ben oltre, affermando la seguente massima, pietra miliare nella storia del diritto allo studio degli alunni con disabilità: «È la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione».
Ecco per intero l’undicesima “Motivazione in diritto”: «11.- Non può nemmeno essere condiviso l’argomento secondo cui, ove la disposizione impugnata non contenesse il limite delle somme iscritte in bilancio, la norma violerebbe l’art. 81 Cost. per carenza di copertura finanziaria. A parte il fatto che, una volta normativamente identificato, il nucleo invalicabile di garanzie minime per rendere effettivo il diritto allo studio e all’educazione degli alunni disabili non può essere finanziariamente condizionato in termini assoluti e generali, è di tutta evidenza che la pretesa violazione dell’art. 81 Cost. è frutto di una visione non corretta del concetto di equilibrio del bilancio, sia con riguardo alla Regione che alla Provincia cofinanziatrice. È la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione».
Segue quindi l’approfondimento motivazionale dell’intangibilità del nucleo essenziale del diritto allo studio nell’apparente conflitto di due norme costituzionali, l’articolo 38 e l’articolo 81, con la prevalenza del primo sul secondo e con l’incontestabile potere della Corte di affermare tale priorità, così come segue: «14.- In definitiva, nella materia finanziaria non esiste “un limite assoluto alla cognizione del giudice di costituzionalità delle leggi”. Al contrario, ritenere che il sindacato sulla materia sia riconosciuto in Costituzione “non può avere altro significato che affermare che esso rientra nella tavola complessiva dei valori costituzionali”, cosicché “non si può ipotizzare che la legge di approvazione del bilancio o qualsiasi altra legge incidente sulla stessa costituiscano una zona franca sfuggente a qualsiasi sindacato del giudice di costituzionalità, dal momento che non vi può essere alcun valore costituzionale la cui attuazione possa essere ritenuta esente dalla inviolabile garanzia rappresentata dal giudizio di legittimità costituzionale” (sentenza n. 260 del 1990). Sul punto è opportuno anche ricordare “come sul tema della condizione giuridica del portatore di handicaps confluiscono un complesso di valori che attingono ai fondamentali motivi ispiratori del disegno costituzionale; e che, conseguentemente, il canone ermeneutico da impiegare in siffatta materia è essenzialmente dato dall’interrelazione e integrazione tra i precetti in cui quei valori trovano espressione e tutela” (sentenza n. 215 del 1987)».
La Consulta smonta poi un’altra eccezione dell’Avvocatura Regionale, così prospettata e rintuzzata: «15.- Altrettanto infondata è la tesi secondo cui la norma terrebbe conto della doverosa contribuzione da parte degli assistiti dotati di capacità contributiva. Di tale contribuzione non v’è traccia nell’intera legge della Regione Abruzzo n. 78 del 1978; e, soprattutto, la medesima legge, nella sua formulazione letterale, parla di garanzia della spesa necessaria e documentata senza evocare altre fonti di finanziamento».
Alla luce, quindi, di quanto detto, sembra indiscutibile il diritto alla gratuità del trasporto a scuola degli alunni con disabilità, che talora viene messo in dubbio da singoli Enti Locali, proprio appellandosi ai vincoli di bilancio.
E finalmente la Consulta supera le ultime difese della Regione circa l’insuperabilità dei propri vincoli di bilancio, nel modo che segue: «16.- Infine, non è condivisibile l’argomento secondo cui le scelte adottate in sede di bilancio non avverrebbero in modo generico, bensì con apposita istruttoria ricavata dall’acquisizione dei piani preventivi di intervento predisposti dalle Province sulla base delle necessità riscontrate nell’anno scolastico in corso e di quelle dichiarate dal genitore dello studente che si iscrive per la prima volta al grado di istruzione secondaria superiore. È proprio la disattenzione alle risultanze del piano il vizio genetico della norma contestata, che consente di prescinderne al di là di ogni ragionevole argomento: condizionare il finanziamento del 50% delle spese già quantificate dalle Province (in conformità alla pianificazione disciplinata dallo stesso legislatore regionale) a generiche ed indefinite previsioni di bilancio realizza una situazione di aleatorietà ed incertezza, dipendente da scelte finanziarie che la Regione può svolgere con semplici operazioni numeriche, senza alcun onere di motivazione in ordine alla scala di valori che con le risorse del bilancio stesso si intende sorreggere».
In conclusione, se quando nel 1987 fu pubblicata la Sentenza n. 215 della Corte Costituzionale sul diritto insopprimibile allo studio degli alunni con disabilità, ebbi a scrivere che essa doveva considerarsi «la Magna Charta dell’integrazione scolastica», a maggior ragione oggi possiamo dire che questa nuova Sentenza è il sigillo posto su tale Magna Charta.